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domenica 11 marzo 2007

Ri-proporre il pop non è reato!

Nino G. D’Attis , Montezuma Airbag your Pardon, Marsilio X, pp.160
(da www.musicaos.it)

Un libro davvero interessante e singolare quello di Nino G. D’Attis, classe 1966, salentino di nascita e romano d’adozione, in questa sua opera d’esordio per Marsilio X. Una storia che di certo nulla ha a che vedere con i precedenti retaggi della letteratura italiana come l’esperimento di Brolli nel ’96 per i tipi di Einaudi Stile Libero (Gioventù Cannibale), o con le più vicine dimensioni del narrare panico e schizofrenia da precariato come alcuni hanno avuto modo di leggere nelle opere di Mario Desiati, Marco Mancassola, Michela Murgia, Angelo Ferracuti e Andrea Bajani. E D’Attis non cede alle lusinghe di questa moda letteraria, e di moda si tratta che l’impegno per un narrare e poetare di lotta e resistenza civile è ben altra cosa, non vuole fare parte di questo movimento, e guai a chiamarlo così che a qualcuno gli girano le palle, dei lavoratori interinali o semplici disoccupati che guardano alla loro vita con un riso amaro, di quelli insomma che a furia di stringere la cinghia, si consumano e muoiono avendo vissuto una vita grama, fatta di qualche successo letterario (esistono gli scrittori precari?) perché il tempo di scrivere un romanzo si trova, spezzettata in week end scroccati a casa di amici, devastata da forti patologie digestive, a botta di pranzi last-minute (panino, snack, bottiglietta da mezzo litro d’acqua presa al distributore automatico). La storia narrata riguarda un uomo del sud trapiantato a Bologna, nel 1999, prima del nuovo millennio con D’Alema al Governo e la lira ancora in circolo, dichiaratamente fascista (semi-radical-chic, ndc), addetto alla sicurezza in un centro commerciale, alle prese quotidianamente con zingare e taccheggiatori. La sua esistenza, quella di un erotomane, sbruffone, manesco e chi più ne ha più ne metta, è scissa in due, tra il desiderio di una vita fatta da macchine di lusso, soubrettes alla GQ da scoparsi, e tanti soldi da spendere in locali, crociere e altri ninnoli da vorrei ma non posso, e l’altra faccia dell’esserci in questo mondo, dove trovano spazio incontri con mature ninfomani, mignotte e trans (come succede nelle migliori famiglie dove l’onesto padre di famiglia va a puttane e poi tra le sue quattro pareti domestiche cerca perbenisticamente di salvare le apparenze spruzzandosi un pò di deo Borotalco sulla sua anima pregna di un olezzo nauseabondo), amicizie esasperate ed esasperanti, ed un matrimonio alla deriva, con una donna sciatta, complice in toto di una cronaca di una morte coniugale annunciata, dove il dialogo si riduce a insulto e umiliazione, le pubbliche relazioni riconfermano clichè del buon vicinato, delle cene con amici a parlare del valore nutrizionale delle pappette per bambini, dell’ultimo modello di passeggino, e di interminabili conversazioni telefoniche con mammina, dove scatta la fatidica frase ma non era così all’inizio .... Poi il colpo di scena, il fantasma di una donna proveniente dalle brume oscure del passato, determinata a tormentarlo, soffocarlo nei sensi di colpa, fino a farlo sbiellare. Un libro che si lascia leggere con particolare facilità, anche perché Nino D’Attis ama costruire questo romanzo giocando le sue carte migliori: la prima risulta essere una spiccata forza nello slancio poetico, di un tipo acido, metallico quasi da scrittura automatica che torreggia imponente, de-strutturato dal contesto formale dell’intreccio (…andare a fondo sempre più a fondo di quello che avresti voluto essere è stato come scivolare sotto uno spesso strato di ghiaccio neo con la mia carne piagata quando il sangue ha smesso di pompare … pag. 42) ; la seconda una capacità impressionante di mantenere il ritmo della narrazione, in maniera incalzante, con frequenti fratture periodali che tengono desta l’attenzione del lettore. Ci fa piacere poi notare, un’ulteriore abilità scritturale di D’Attis, oltre all’aver citato posti della sua madre patria come Lecce, Santa Cesarea Terme, San Cataldo… a differenza di Livio Romano in Mistandivò, che tenta di sublimare maldestramente il dialetto salentino con la speranza di rendere le sue peculiarità sintagmatiche icone pop degli standard linguistici del nostro Bel Paese, ipodermaticamente inserisce nel tessuto connettivo del raccontare le vicende, parole e slang del Salento, che non infastidiscono, anzi, apprezzabili perché prive di quel sapore di plastica delle operazioni commerciali, preparate a tavolino. Ora Montezuma Air Bag Your Pardon (un titolo che non se ve lo segnate su carta correte il rischio di fare una brutta figura andandolo ad acquistare in libreria) ha degli effetti collaterali, devastanti, ma che comunque non vi impediranno di amarlo, nonostante questo nostro breve prospetto critico metta in chiaro come stanno le cose. Innanzitutto verrete respinti da tutto ciò che il protagonista del libro verrà a toccare nella sua dimensione pagina dopo pagina, da quello che dirà, da come agirà, perché sentirete che non si può condividere quell’orizzonte sub-umano che D’Attis propone in maniera nuda e cruda. Perché forse avete la coscienza sporca? No…non è questo, a farvi venire tanto ribrezzo, quanto il fatto che anche voi siete a rischio, anche voi non avete fatto i conti con la vostra metà oscura. Nino D’Attis ci fa capire che continuando a tenere Hyde in catene e sotto sedativi, non potremmo mai essere liberi dal controllare la nostra vita, in fondo dimostrazione rigorosa di come Dio giochi a dadi con l’universo. Finite queste 166 pagine sarete in preda ad una rabbia cieca, verso tutto e verso tutti, odierete i vostri giorni, i vostri cari, parenti ed amici, un odio smisurato come il vostro ego, gonfiato da attese disilluse, di rospi duri da ingoiare, di fantasmi ciechi e idioti tanto provenienti dal passato quanto ricercati nel futuro.

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