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sabato 27 marzo 2010

Hanno tutti ragione di Paolo Sorrentino (Feltrinelli)

Paolo Sorrentino, classe 1970. Napoletano. Il suo primo lavoro come lungometraggio dal titolo “L’uomo in più” con Toni Servillo e Andrea Renzi viene presentato alla mostra internazionale del cinema di Venezia. A Cannes ci va due volte, nel 2004 con “Le conseguenze dell’amore”, e nel 2006 con “L’amico di famiglia”. Il fatto che oggi come oggi molti artisti scelgano di proiettare i propri percorsi estetico-crativi anche in ambiti che non sono proprio di loro competenza, non è cosa rara, anzi. Non per ultimo a percorrere questa strada è stato proprio Paolo Sorrentino, che adesso veste gli abiti dello scrittore e si prepara ad affrontare il pubblico. Ed ecco che esce per i tipi di Feltrinelli, il suo primo romanzo dal titolo “Hanno tutti ragione”. Sorrentino, che è veramente il migliore dei giovani registi della nostra Italia, come con la macchina da presa è in grado i far sognare, così a mio avviso lo è stato, anzi lo è, con la penna. La storia è quella di Tony Pagoda, cantante melodico nel pieno di una carriera scoppiettante fatta di successo, bravura, belle fanciulle e soprattutto incontri con grandi, piccoli, buoni e cattivi maestri, in un’Italia ancora florida e picarescamente felice. Tony Pagoda ha letteralmente assorbito da qualsiasi avvenimento che gli è capitato nella vita, solo il succo, tanto che come in una sorta di illuminazione psico-cosmica, decide (dopo una breve tournèè in Brasile) di sparire, di essere solo lontananza e silenzio. Sceglie di stabilirsi nel sud america , vivendo prima a Rio, e poi a Manaus. In una parola sceglie l’auto/esilio, e lo fa per un ventennio. Ma qualcuno è disposto a pagare una bella somma per riaverlo in Italia, dandogli ancora lo spiraglio di nuovi orizzonti e di un nuovo futuro. Quel qualcuno è Fabietto, uno dei tanti attori “non protagonisti” nel nostro paese vacuo, falso, ipocrita, e corrotto. Una figura più che trasversale, a metà tra l’imprenditore e il politico, non essendo in realtà né l’uno né l’altra, che offre a Pagoda l’opportunità di ritornare a cantare, nella sua casa, in madrepatria, per il capodanno del 2000. Una situazione che entra a gamba tesa nella vita del protagonista, riportandolo ad un grado zero di malessere e insensatezza. Il campionario linguistico messo in campo da Sorrentino, è sudicio, spavaldo sino al grottesco, caustico, ma soprattutto urlato, quasi in simbiotica mimesi con le grammatiche della camorra napoletana. Sono circa 320 pagine di un libro che raccontano con la voce di Sorrentino, quanto il nostro paese faccia schifo, dove la gente vuole solo fregarti, dove non ci può essere pietà né speranza, né qualcuno che alla fine raddrizzi la spina dorsale e dica finalmente No, a tutto quello che non va. In fondo non si va al di là della descrizione di un eroe che alla fine partecipa con il suo “vissuto” a stereotipati clichè narratologici come la partecipazione alla colpa, il successivo pentimento, e il ritorno nel ventre della colpa stessa. Ancora tutto molto novecentesco … non ci meritiamo forse di andare avanti ed aprire nuovi camminamenti? Perlomeno “Tutti hanno ragione” è un romanzo fuori dal comune, anche se il termine “comune” andrebbe rivisto forse un pochino!

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