Zona nord di Baghdad, una mattina qualsiasi. Quattro kamikaze si fanno saltare in aria in un santuario. Quando Rajiv Chandrasekaran arriva sul posto, quel che resta dei cadaveri è già ricoperto da teli bianchi. Brandelli di corpi sparpagliati arrivano fino al secondo piano dei palazzi circostanti. Meno di un quarto d'ora dopo, nella Green Zone, il giornalista ne parla con un funzionario del contingente americano, ma questo è ignaro del massacro: era "troppo preso a lavorare per la democrazia in Iraq" per seguire le notizie. E solo uno dei paradossi della guerra raccontata in questo libro: un reportage che somiglia a una spy-story per la vicenda al limite del romanzesco, per la carica di avventura e ironia, per i personaggi incredibili che lo popolano. E per la sua ambientazione, l'enclave americana a Baghdad: 10 chilometri quadrati di ex palazzi reali, piscine, cocktail, aria condizionata, corsi di salsa e yoga, due ristoranti cinesi e una mensa con personale musulmano che serve principalmente carne di maiale. Costruito in quasi due anni di interviste e ricognizioni nella capitale irachena e dintorni, "Green Zone" è la cronaca del disastro annunciato scatenato dall'America e dai suoi alleati tra cui l'Italia.
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