Passiamo un po’ in rassegna i ritratti che ci appaiono negli otto racconti brevi popolati da tanta irrequietezza e nostalgia: abbiamo Heinz, console in un piccolo paese della Liguria a strapiombo sul mare che continuamente “smarrisce la strada” in preda ad un eccesso di vitalismo tra litri di gin “anti-depressivi” e il sogno di trasferirsi sull’isola di Tonga; oppure un critico d’arte che torna a Venezia dopo molti anni inseguendo un suo capriccio tra le stelle. A mio avviso però la più bella creatura partorita dall’autore, è Paula, figura sensuale e sfrontata, un tempo iperbolica copertina del patinatissimo Vogue, poi insuperabile giocatrice d’azzardo e femmina fatale che fa perdere la testa a tutti. Una storia dove “l’al di là” perseguita “l’al di quà” senza posa e tregua, quasi a voler dimostrare come in fondo il gesto del dilatare il tempo della morte sia una modalità alternativa e diversa di scrittura della vita stessa. In fondo Roland Barthes diceva che una fotografia rappresenta l’impotenza di dire ciò che è evidente, e la letteratura nasce proprio intorno a un’immagine mancante, a un ricordo ancora vivo. Come non dargli ragione, anzi una sacrosanta ragione!
Cees Nooteboom è nato all’Aja nel 1933. Autore di romanzi, poesie, saggi, opere teatrali e resoconti di viaggi, è anche traduttore di poesia spagnola, catalana, francese, tedesca e di teatro americano. Dopo il brillante esordio a soli 22 anni con Philip e gli altri, ha raggiunto il successo internazionale con Rituali e Il canto dell’essere e dell’apparire. Iperborea ha pubblicato altri sei romanzi, tra cui La storia seguente (che gli è valso il Premio Aristeion della Comunità Europa e il Premio Grinzane Cavour 1994), Il Giorno dei Morti, Perduto il Paradiso. Nooteboom è inoltre vincitore del Premio Europeo di Poesia 2004.
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