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sabato 1 maggio 2010

Le perfezioni provvisorie di Gianrico Carofiglio (Sellerio). Intervento di Elisabetta Liguori

















E’ tornato in libreria: GiGi. È così che la monella di turno dell’ultimo romanzo di Gianrico Carofiglio appella confidenzialmente il protagonista della vicenda, evocandone le sole iniziali: Guido Guerrieri,
avvocato un po’ eroe, un po’ genio, un po’ cialtrone, al quale lo scrittore sta progressivamente abituandoci.

L’abitudine non è un dettaglio in questo romanzo.

Per quanto la Bari che Carofiglio racconta sia una città nuova, post moderna, persa tra storiche desolazioni e risorse rinnovate, è l’abitudine agrodolce a certi antichi vizi a farla da padrone. L’avidità, l’indolenza, la debolezza, l’insuccesso, la crudeltà. Siamo di fronte ad una vicenda fatta essenzialmente dai personaggi e dalle loro abitudini. Una passerella di prototipi antropologici, sintetizzati abilmente, con rapidi quanto efficaci tocchi, da una penna oramai consapevole. Il plot è semplice. Una ragazza sparisce nel nulla dopo un fine settimana trascorso con gli amici. Il caso tristemente irrisolto - inutile anche il passaggio a Chi l'ha visto? - sta per essere archiviato, ragion per cui i genitori della ragazza si recano da Guerrieri e lo pregano di tentare di individuare nuovi filoni d’indagine. Con qualche tentennamento Guerrieri accetta e comincia la caccia, mentre lungo il suo cammino investigativo si dipana un piccolo mondo. Il fallito, il truffatore, il poliziotto nobile, il padre distrutto, il collega invidioso, la perversa, il cinico, la bestia fedele. Ma il vertice della galleria è rappresentato senza dubbio da Nadia, bellezza provvisoria e vera.

Una escort d’invenzione letteraria che ha riscattato la propria libertà col mercimonio.

Animata rappresentazione del desiderio e specchio sociale di scottante attualità: è in questo profilo che l’ultimo Carofiglio dà il meglio di sé. Nell’economia di una trama che non brilla per originalità, Nadia rappresenta un guizzo dotato di autentica forza narrativa. È proprio lei ad offrire l’occasione giusta per l’intuizione che porterà alla soluzione del caso. L’intuizione dell’assenza, l’improvviso avvertimento del contrario e della mancanza, con i quali molti di noi fanno i conti di continuo, in un dichiarato richiamo a Conan Doyle. Nadia e il suo omopub, il Chelsea Hotel n.2, circoscrivono la No man’s land in cui Guerrieri si muove, meglio delle altre citazioni musicali e letterarie, delle quali il romanzo gronda. S’accendono e si spengono nella notte della narrazione come insegne a neon, facendo da contrappunto ai ricordi del passato e ai tic nei quali l’avvocato si smarrisce. Ma lo scrittore seriale è spesso animale abitudinario, rischia col tempo di finire ad imitare solo se stesso. Come un serial killer si piace a volte più del necessario. Per quanto la maestria narrativa di Gianrico Carofiglio sia oggi indiscutibile (il ritmo della storia sempre e comunque riesce ad avvincere il lettore in una sorta di estatica allegria) è proprio il titolo di questo romanzo a doverci mettere in allarme. La perfezione non dura. La perfezione come la bellezza sorprende. È il frammento rubato di una mutazione costante, ragion per cui alla perfezione non ci si può abituare. L’avvocato Guerrieri ritrova di rado quella perfezione, poiché, forse troppo preso dalla piacioneria, dalla vanità, dalle abitudini, sembra aver smesso di cercarla veramente.

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