martedì 5 ottobre 2010

Alessandro Schwed Mio figlio mi ha aggiunto su Facebook (edizioni l’ancora del mediterraneo)













Due anni fa è accaduto qualcosa al bambino che tredici anni prima, uscito di sala parto, aveva immediatamente preso in consegna il mio pollice, stringendolo come fatale proprietà nel palmo della sua mano minima e grinzosa. Due anni fa ci è entrato in casa un ragazzo lungo e magro, un allampanato bucaniere con la chitarra elettrica, di piedi il quarantacinque, e ha sostituito nostro figlio. Il nuovo ragazzo prende i pasti separatamente e ha la voce come il sax di Coltrane. Come tutti, sapevo che questa trasformazione, a un tratto, sarebbe avvenuta, ma anche se mi imbarazza dirlo, credevo fosse come mettersi una camicia nuova. Non capivo perché un bambino buono e gentile improvvisamente divenisse un orso bruno. Ricordo bene, Tutto è cominciato così. Sono le otto di domenica sera. È inverno. Guardiamo un confortante telefilm del tenente Colombo. La casa è placida. Nel buio, nostro figlio scende dal soppalco e la sua voce cala su di noi. “Babbo?”. “Sì”. “Mamma?”. “Dimmi…”. “Vi odio”.

Un autore, che ha fatto della lingua la palestra della derisione e della presa in giro, ha deciso di guardarsi allo specchio per vedervi proiettato in esso un numero infinito di altri genitori e di scrivere tanto un romanzo quanto una verità su un tema condiviso da migliaia di famiglie: lo tsunami dell’adolescenza che arriva inaspettato.

Alessandro Schwed, fiorentino d’adozione, ebreo, genovese da parte di madre, ungherese di padre, è il vero nome di una delle firme “storiche” della satira: come Jiga Melik, negli anni Settanta ha partecipato all’esperienza della celebre rivista satirica «il Male», tenendo poi numerose rubriche di televisione per i quotidiani del gruppo Repubblica-l’Espresso. Ha curato per Feltrinelli l’antologia Can express. Rotocalco delle bestialità del nostro tempo (1993) e scritto i romanzi Non mi parte il romanzo, saranno le candele (1999) e Lo zio Coso (2005), entrambi editi da Ponte alle Grazie. Nel 2008 ha pubblicato con Mondadori il romanzo La scomparsa di Israele. Attualmente collabora con «il Foglio» e scrive per il gruppo Repubblica-l’Espresso.

1 commento:

  1. sono stato completamente risucchiato
    da questo libro.Prima dall'humor con il quale il "babbo" racconta il suo sentirsi inadeguato all'arrivo dirompente dell'adolescenza del figlio, dell'invasione nella casa degli"ultracorpi"(gli amici),il continuo cercare di adegursi alla multimedialità con il suo linguaggio spesso alieno per un ultra cinquantenne.Poi via via, a essere sincero mi sono anche commosso.Tra padri e figli adolescenti un rapporto difficile ed entusiasmante,soprattutto un rapporto d'amore. Mi è piaciuto molto perchè ho trovato tre ingredienti rari:una bella scrittura,umorismo raffinato e tanta verità

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