giovedì 31 marzo 2011

Il libro del giorno: I fuorilega del Nordest di Francesco Gesualdi (Dissensi edizioni)






















Ecco il nuovo romanzo di Francesco Gesualdi
I fuorilega del Nordest, che Don Luigi Ciotti ha definito “Una narrazione avvincente che persegue con nuovi linguaggi le battaglie di sempre“. Il romanzo affronta i temi della xenofobia, della perdita del posto di lavoro nell’epoca della globalizzazione, delle iniziative che possiamo assumere dal basso a difesa dei diritti di tutti. La sfida è farlo arrivare a chi solitamente non si occupa di questi temi e non informandosi finisce nelle braccia della destra populista. Per questo motivo ti invitiamo a leggerlo e se lo trovi convincente a proporlo alla cerchia dei tuoi conoscenti, alle biblioteche comunali, a chi ricopre posti di responsabilità pubblica. La posta elettronica, internet e facebook possono dare una mano per attivare il tam tam: se puoi replica questo messaggio e chiedi ai siti che frequenti di segnalare il romanzo. Il momento è grave: dobbiamo usare ogni mezzo per fermare l’arretramento culturale e l’imbarbarimento sociale.

Alessandro Salvi con Eserciziario di Metafisica per principianti in Creare mondi a cura di Alessandro Ramberti (Fara editore)












La raccolta fa parte di un lavoro più ampio, tuttora in fieri, dal titolo complessivo Vietato fotografare il crepuscolo. È una sezione del presente lavoro in corso, come pure lo è I fori nel mare. L'Eserciziario parla ed affronta temi che già ho trattato sinora continuando vieppù il corpo a corpo con le forme metriche ereditate dal passato rivalutate però impiegando un ampio ventaglio di soluzioni. Della forma del sonetto ho frequentato il sonetto elisabettiano, quello caudato, ed altri, ma riproposti con numerevoli varianti, con o senza rima, con o senza spaziature strofiche, con endecasillabi canonici o altre volte di quinta... Ci sono inoltre alcuni stornelli e una ballata Duecentesca (Non mi va di annullarmi nella pagina). Il linguaggio spazia dall'aulico, al letterario fino a quello più comune, colloquiale, permettendo di inglobare in numerosi giochi intertestuali (es. in Ragazze, voi che ascoltate il delirio, chiamo in causa direttamente il Petrarca, ma in chiave ironica: di un io non più mio e queste rime sparse), citando o nominando appena autori dalla più disparata provenienza (poeti come Dylan Thomas, filosofi ed intellettuali come Wittgenstein e Adorno, anche viventi come Mauro Sambi e Nelida Milani). Nota di A. Salvi


Alice affoga nella meraviglia

Alice, cerchi la felicità?

Getto un sasso nell'acqua e gli arabeschi

che si compongono da sé, fiabeschi

...guardali! uguali uguali

ai crittogrammi insiti nei gesti

che per sedurmi abile facesti.

Gli orrendi arredi - come vedi, splendidi -

di questa pagina mia disadorna

che torna a frastagliarsi di altri versi

- esili come ombra sulla sabbia -

prima o poi son destinati a disperdersi...

Ogni ricordo porta ad un addio,

ad un insolito gioco di equivoci,

un inusuale e perverso giochetto

di specchi rotti. Falsari d'immagini

siamo, nevvero?

Adesso come adesso

mi domando stupito:

"Gli angeli c'hanno un sesso?".

Ecco cosa mi è rimasto di te:

questa rivolta rivolta a sé stessa

ossia

un citofono muto contro l'in-

finito.

Alessandro Salvi è nato nel 1976 e risiede a Rovigno. Ha pubblicato la raccolta Piovono formiche carnivore e altre inezie (Aletti, Villalba di Guidonia, 2008) e la plaquette I fori nel mare (En Avant! Produzioni, Pistoia 2011). Vincitore, con le sillogi Ladro di tamerici (2008) e Santuario del transitorio (2010), di due primi premi, al concorso Istria Nobilissima. Con la silloge Eserciziario di metafisica per principianti, vince il IV premio ex-aequo al concorso Pubblica con noi 2011, indetto da Fara Editore di Rimini. Sue poesie sono incluse in opere collettive e in numerose riviste: Le parole rimaste (Edit, Fiume 2010), Il segreto delle fragole (LietoColle, Faloppio 2009), Creare mondi (Fara, Rimini 2011), La Battana, Sovremenost, Nova Istra (in attesa di stampa) e altrove. Diversi poeti e critici letterari si sono occupati della sua poesia: Alessandro Ramberti, Maurizio Cucchi, Elis Deghenghi Olujić, Nelida Milani Kruljac, Roberto Dobran, Sandro Cergna, Giacomo Cerrai, Stefano Donno, Vanesa Begić... Ha scritto la prefazione di Scrigno di naufragio di Gaetano Benčić (un libretto contenente 11 poesie di Gaetano Benčić e 11 disegni in bianco e nero di Ugo Maffi). Ha tradotto i versi de La tigre di Tomislav Marijan Bilosnić, per un'edizione di lusso illustrata dal pittore lodigiano Ugo Maffi, la quale è uscita dalle stampe per conto della Fondazione Zlatko e Vesna Prica (Torre) in concomitanza con la casa editrice zaratina 3000 godina na dar. Ha curato la prefazione del catalogo della mostra personale dello scultore Andrija Milovan, avvenuta nel 2006-2007 a Rovigno.

mercoledì 30 marzo 2011

Il libro del giorno: "La Giustizia incompiuta" di Nancy Fraser (Pensa MultiMedia)













La casa editrice salentina Pensa MultiMedia pubblica per la prima volta"La giustizia incompiuta" della statunitense Nancy Fraser di sicuro una tra le più grandi menti americano della nostra contemporaneità. La traduzione è stata affidata a Irene Strazzzeri. Nancy Fraser è professoressa di Scienza Politica presso la New School for Social Research di New York. E’ autrice di Unruly Practices: Power, Discorse and Gender in Contemporary Social Theory (1989) e ed è co-autrice di Feminist Contentions: A Philosophical Exchange (Routledge, 1994) e Revaluing French Feminism: Critical Essay on Difference, Agency, and Culture (1992). In italiano ha pubblicato con Axel Honneth, Redistribuzione o riconoscimento? Una controversia politico-filosofica (Meltemi, 2007). L'autrice ha speso il suo impegno intellettuale e la sua meticolosità di ricercatrice nell' affrontare tematiche concernenti il pensiero politico e sociale contemporaneo, e soprattutto sull'interpretazione dei nostri bisogni e desideri, e sulle nostre concezioni normative.

Le meduse di Travemünde di Mirko Lamonaca (Voras edizioni)








"Matteo - Eccomi qui, in piedi come un soldatino di ferro. Una valigia nera che mi arriva alla vita, la borsa verde di stoffa consumata a tracolla, sotto l’insegna di Sweets & Goods, uno di quei negozi che vendono qualsiasi cosa e che si dimenticano non appena si volta l’angolo. Sigarette, dolci di gomma, souvenir, carte geografiche, guide turistiche, dischi a basso costo con le cover di grandi cantanti eseguite da gruppi specializzati in cover di grandi cantanti. Come un soldatino resto ad attendere che tu venga a prendermi. Vedrò la tua faccia, quella vera, non più solo una fotografia o il video sgranato di una webcam. Sei biondo, ti radi i capelli con la macchinetta, hai orecchie sottili e labbra fini. Le foto che mi hai mandato parlano bene di te. Non è solo bellezza: il tuo sguardo è buono.”

Le meduse di Travemünde, ambientato nella Lubecca contemporanea, testimonia dodici giorni di vita della famiglia Pfaler in occasione dell’arrivo di Matteo, un ragazzo italo-tedesco ospitato per una vacanza estiva. Un rapporto non svelato, irrequieto e tacito, nascerà tra Matteo e Peter, secondogenito degli Pfaler, a sua volta esasperato dalla presenza di Thomas, il suo compagno seducente quanto enigmatico. Ma l’apparente quiete della famiglia verrà sconvolta da una telefonata che rischia di far riemergere un segreto custodito per quasi vent’anni…

Titolo: Le meduse di Travemünde

Autore: Mirko Lamonaca

Editore: Voras edizioni

martedì 29 marzo 2011

Il libro del giorno: Bolle, balle & sfere di cristallo. L'economia dell'inganno di Stefano Cingolani (Bompiani)



















Come è successo che il capitalismo si è ingolfato di debiti? Perché i governi hanno salvato i capitalisti mentre risparmiatori, contribuenti e lavoratori hanno pagato un conto salato? L'impressione per la gente comune è che gli interventi delle istituzioni abbiano aiutato i più forti e messo con le spalle al muro i più deboli. È davvero così? Chi si è davvero arricchito in tempo di crisi? A queste e altre domande di stretta attualità risponde Stefano Cingolani, con un'analisi documentata e brillante che racconta di come le bolle speculative siano diventate "balle" facilmente confutabili, mentre i grandi gruppi di interesse aumentavano i propri introiti. Il libro se la prende con i profeti, di ventura e di sventura, quelli che credevano di sapere e quelli che facevano finta di non sapere. Ma alla fine, non può sfuggire alla domanda che tutti si fanno: ci sarà una nuova crisi? Come, dove e quando?

La fata fatua e lo psichiatra, di Claudio Roncarati, a cura di Lucietta Frisa (Cfr Editore / Alpes). Intervento di Nunzio Festa




















Non farà senza dubbio male all'autore di “La fata fatua e lo psichiatra” , premio Fortini 2010, riconoscere che i versi della sua raccolta s'incontrano con l'umore poetico d'un maestro d'oggi della poesia giocosa, il nostro Giancarlo Tramutoli; che Roncarati conosca o meno, giustamente, e non c'interessa proprio in assoluto, la poesia del potentino Tramutoli, in pratica e per inciso. La differenza sostanziale fra i due autori, però, risiede, si dice di solito, in alcune specificità che troviamo in più di certi versi del primo e in meno, dunque, in quelli del secondo. E viceversa. Insomma Claudio Roncarati è uno psicologo e psicoterapeuta, quindi è pronto a 'servirsi' affettivamente delle proprietà non sempre compromettenti del suo lavoro. Allora, diremo, aspirando gli sguardi e gli ascolti, per impersonare una voce che di volta in volta, la maggior parte persino delle volte, (si) ricongiunge ai problemi e alle vite di persone realmente - ci pare facilmente di comprendere - analizzate. O almeno incontrate. Questa raccolta prosegue, veramente, un discorso poetico, e lo si scopre da tanti passaggi di versificazione che si dimette dalla banalità, inventando cinque sezioni “speciali”: Psichiatria poetica, Poesia applicata, Rimando in Romagna, Citazioni, Carpe diem, Marcondirodirondello. In queste aree, dopo aver riconsiderato il passato, Claudio Roncarati riesce meravigliosamente a cogliere in accento di leggerezza e in forza di musicalità sempre composta dal ludismo di fondo, questioni che, provando in genere a divenire altro da sé, vanno dalla difficoltà delle relazioni e dei posizionamenti che si devono riuscire a raggiungere e/o a mantenere nella società odierna alle malattie di questo stesso impressionante contenitore. Vedi, insomma, depressione e schizofrenia, per fare un piccolo esempio ma concreto. E grazie al settore di riferimento, diremmo se fossimo nel campo della logica pura, il poeta tocca un primo vertice. Per dare un segnale di flessione, va detto, in mezzo al passaggio sentimentale del volume, dove si deve attendere alcuni minuti e qualche imperfezione comunque in un certo senso accattivante, prima di tornare a un nuovo vertice. Tipo (“Porto Garibaldi”): “Nuotarono per miglia / da Porto Garibaldi / per rifar l'Italia, / mille pesci rossi / diretti in Sicilia. / Baldi ma non scaltri / pesci d'acque dolci / perirono. Commossi / Li piangiam noialtri / che per la battaglia / non ci siam mai mossi”.

lunedì 28 marzo 2011

Il libro del giorno: Steve Jobs. L'uomo che ha inventato il futuro a cura di Jay Elliot e William Simon L. (Hoepli)





















Dalle riunioni con gli sviluppatori ai laboratori di design, dalle prove di forza con il consiglio di amministrazione al mondo fuori dalla Silicon Valley, la storia autentica di un "ragazzo prodigio" che ha trasformato la tecnologia e il mondo in cui viviamo, il nostro modo di lavorare, divertirci e comunicare. Scritto da persona che lo conosce da oltre trent'anni e con interviste esclusive a molti protagonisti della storia della Apple, non è solo un ritratto di Jobs ma anche un'analisi approfondita del suo approccio al business e alla conduzione aziendale. Dall'Apple II al MacIntosh, la drammatica caduta in disgrazia di Jobs e il suo ritorno al timone della Apple, fino alla Pixar, all'iPod, all'iPhone e all'iPad e molto altro: questo libro ripercorre con esempi concreti i trionfi e le battute d'arresto di Jobs, mostrando al lettore come applicare gli stessi principi alla propria vita e carriera. Una biografia che si concentra sull'analisi dello stile di management del capo della Apple, che ha generato ondate di innovazione capaci di rivoluzionare interi settori economici. È difficile immaginare di compiere azioni ormai quotidiane come ascoltare la musica mentre camminiamo per strada, telefonare, goderci un film animato che affascina gli adulti quanto i bambini, o usare un personal computer, senza il coefficiente di genialità che Steve Jobs ha introdotto in questi ambiti. Una biografia per capire il fenomeno Apple e "diventare come Steve".

Capitan Salgari - in viaggio con l'immaginazione (Minimum Fax)





















IL MAHARADJAH DI LAHORE - "Col diretto di mezzogiorno proveniente da Venezia è passato per la stazione di porta Vescovo il Maharadjah di Lahore nel Pendgiab, città di 130.000 abitanti già capitale del regno dei Sikki e da tempo annessa ai possedimenti inglesi. Lo abbiamo visto allo sportello del breack nel quale viaggia, che è delle strade ferrate Romane. Il Maharadjah è un bell’uomo di carnagione alquanto olivastra, con due grandi baffi bigi. Dimostra di più di cinquant’anni. Vestiva il costume europeo di color bigio. Nel braccio destro portava un grande braccialetto d’oro con una iscrizione in sanscrito. Lo accompagnavano suo fratello, il principe Klolid il quale è più grande e più grosso di lui. E senza un pelo di barba, l’aiutante di campo Abdulheh e il suo segretario che fa da interprete e che porta il simpatico nome di Abdul Rahman."

Dvd Capitan Salgari (Regia di Marco Serrecchia • 55 minuti)

Capitano per ispirazione, sognatore per vocazione, a cento anni dalla sua morte Emilio Salgari continua a far volare la fantasia di intere generazioni di lettori. Un film documentario - arricchito dalla partecipazione straordinaria di Gino Paoli - ripercorre la vita tormentata del padre di Sandokan e del Corsaro Nero.

Libro Emilio Salgari Una tigre in redazione. Le pagine sconosciute di un giornalista d’eccezione (A cura di Silvino Gonzato)

Curata dal maggiore biografo salgariano, questa preziosa raccolta di articoli di Salgari svela un aspetto sconosciuto dell’autore, che per un decennio alternò l’attività di romanziere a quella di giornalista. Un’occasione unica per ritrovare, dietro curiose e brillanti cronache di vita cittadina, la penna inconfondibile del re dell’avventura.

domenica 27 marzo 2011

Il libro del giorno: Polentoni. Come e perché il Nord è stato tradito di Lorenzo Del Boca (Piemme)















Perché una sacca di sangue costa 3 euro al Sant'Andrea di Vercelli e 12 al Gallicano di Cosenza? E perché la Regione Piemonte dispone di 700 dipendenti e la Sicilia di 6000? Ci sono tante cose che ci fanno arrabbiare: gli sprechi, le inefficienze e ognuna delle mille male-qualcosa che popolano le cronache quotidiane. Una volta si tratta di truffe. Un'altra volta è una partoriente che ci lascia la pelle a causa di un errore o di un disguido. Un'altra ancora sono i treni fermi in mezzo alla campagna per il sistema andato in tilt. Perché tutto questo? La risposta non viene da differenze culturali o caratteriali che, con facile qualunquismo, si potrebbero individuare. La ragione affonda le radici nella storia: proprio quella di 150 anni fa. Se oggi i cittadini si lamentano per l'eccessivo carico fiscale e per le troppe tasse che gravano sul singolo contribuente, diventa inevitabile rammentare che l'andazzo prese il via giusto un secolo e mezzo fa, quando ci si cominciò a inventare imposte con tanta fantasia e nessuna logica. Se adesso tutti parlano di federalismo (e pochi immaginano come farlo) è perché si riconosce implicitamente che sono stati commessi errori imperdonabili che adesso diventa urgente rettificare. Non un'Italia unita e nuova ma un regno sabaudo allargato, che annette, che conquista e che impone le sue regole e le sue misure. Un travisamento degli accordi e del progetto originario, che ha tradito il Nord danneggiando anche il Sud.

Quello che non vedo di Nunzio Festa (Altrimedia edizioni)

















"Ci sono, soprattutto a meridione, delle esperienze tali per cui non sai se sei davanti a un'alba o a un tramonto. E non ci sono strumenti oggettivi che ti rivelino l'arcano. L'attesa è necessaria per capire se sarà buio o luce. Quello che non si vede mai si vedrà, lo sapevamo, ma bisogna toccare con mano un paesaggio per sapere se ne usciremo ancora vivi". (dalla nota critica di Francesco Forlani). Un poema che scrive un pezzo di Sud ammazzato, e si scrive oltre il Sud della felicità, e con esso. Per perdersi, senza descrizioni. Vicino alle possibilità di riscatto. Preazione di Ivan Fedeli e Plinio Perilli.Con una lettera di Massimo Consoli e una di Franco Arminio.

Quello che non vedo

più che delle suole// non mi posso spaventare// più di sventrare// il pensiero serioso di belle figliole//non posso permettermi//come di fare conoscere//alle streghe chiedetemi//ma mai potrete avere//il fiele a ridosso della//mano morbida appoggiato//ai vetri bui che sono bella// visione d’occhio rigato/ attorno a un bicchiere//che fa cammino lunghissimo//il piede destro tristissimo//e un mignolo a tacere (..)

sabato 26 marzo 2011

Il libro del giorno: Qui ho conosciuto purgatorio, inferno e paradiso di Goffredo Fofi e Giacomo Panizza (Feltrinelli)















Prima di andare a "Vieni via con me" ospite di Roberto Saviano, pochi conoscevano il coraggio e l'impegno di questo prete anti-'ndrangheta. Si chiama don Giacomo Panizza e la sua storia è stata raccontata davanti a milioni di italiani. Bresciano di origine, don Giacomo Panizza si trova assegnato nel quartiere più estremo di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro. Qui inizia a lavorare a contatto con persone disabili. Accetta di utilizzare a scopi sociali un palazzo requisito ai Torcasio, la famiglia malavitosa più temuta della zona. Non solo lo stabile assegnatogli dista pochi metri dalle abitazioni dei mafiosi a cui è stato sequestrato, ma ogni volta che deve accedere alla struttura deve bussare proprio a loro. Don Giacomo Panizza ha ricevuto molte minacce, la sede è stata più volte danneggiata, qualcuno addirittura è arrivato a sabotare i freni dell'auto di un disabile. Ma don Giacomo non ha mai smesso di metterci coraggio e lottare. In questo dialogo serrato con Goffredo Fofi, non solo emergono la fibra morale di un uomo che si è dedicato ai più deboli della società, ma anche soluzioni concrete per battere la cultura della mafia: "Bisogna che tanti facciano poco, più che pochi facciano molto. Contro le mafie non serve Rambo. Serve che tutti ci impegniamo per la libertà di tutti, e la legalità è cosa nostra, un tassello di questo impegno". Solo così il Sud potrà sprigionare pienamente la propria bellezza. (Contributi di Roberto Saviano)

La Puglia del romanzo concorre a Torino (2) di Luciano Pagano












“Il segreto del gelso bianco” (Besa Editrice) fa parte della terna finale del “Premio Letterario VIA PO”, la cui cerimonia di premiazione si terrà presso il Centro Congressi Unione Industriale di Torino, Lunedì 4 aprile prossimo alle ore 15. “Il segreto del gelso bianco” di Antonella e Franco Caprio, edito da Besa Editrice, dopo il successo di pubblico riscosso grazie all’unione di diversi elementi tutti importanti, quali soprattutto la storia scelta per la narrazione, la qualità letteraria e al tempo stesso contemporanea della lingua utilizzata, e un ottimo riscontro da parte del pubblico, si avvia verso la cerimonia di premiazione dell’ambito “Premio Letterario VIA PO”, dopo aver passato le fasi intermedie che dalla ’sestina’ iniziale hanno portato la giuria a decretare i tre romanzi più meritevoli. Le vicende familiari che attraversano un secolo dall’inizio del Novecento fino ai giorni nostri, accompagnandoci nella scoperta della storia di una famiglia pugliese tra l’America, le Puglie e Torino, fanno da sfondo a questo romanzo dal respiro internazionale. Questa premiazione giunge al termine di una stagione felice per quanto riguarda la ricezione da parte del pubblico e della critica letteraria degli ultimi titoli di narrativa appartenenti al catalogo di Besa Editrice, un ulteriore segno del tangibile impegno di questa realtà editoriale nel campo della ricerca e della diffusione della cultura su tutto il territorio nazionale e internazionale.

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venerdì 25 marzo 2011

Il libro del giorno: Umbrella Girls 2011 ... il calendario!




È stato pubblicato (lo segnalo con ritardo e me ne scuso visto l'alta densità di Pop contenuta in questa pubblicazione) il calendario delle Umbrella Girls 2011: luce e ironia per le creature con l'ombrello che accompagnano i motociclisti del Moto Gp e della Superbike nelle competizioni internazionali. Create da Alessio Sundas, promettono dodici mesi colmi di colore. Un calendario che solo con uno sguardo fa evadere dalla quotidianita'! Da imprenditore illuminato, Sundas è riuscito ad veicolare le immagini delle Umbrella Girls nelle più importanti competizioni di MotoGp, SuperBike a Formula 1, da Valencia a Motegi, dal Mugello ad Imola. Fino alle competizioni internazionali di Laguna Seca in California. Le Umbrella Girls sono quindi divenute internazionali, presenti nelle maggiori dirette televisive.

I dodici scatti d’autore sono firmati dal bolognese Piergiorgio Raffaelli, il cui compito è stato quello creare la scenografia adatta per la vitalità entusiasta delle dodici statuarie bellezze, provenienti da altrettanti Paese, tra cui il Giappone, la Russia, gli Stati Uniti, il Canada, l'Australia, la Cina e, naturalmente, l'Italia. Si va da una ragazza di profilo con body e short che stringe un ombrello nero bordato di rosso, a una girl che sorride come le pinup; da una allegria curiosa alla Betty Poop alla grinta di una amazzone con stivali rossi. Fino alla mondo rosa di una ragazza bionda.

Le Girls sono vestite con abiti raffinati e short, e la maliziosita' emerge solo dalla loro ironia...

Lo Stampatore del Calendario è Art Design - Pierluigi Crivelli. La Tipografia sono le Edizioni Europee Guttemberg. La tiratura prevista è di 20000 copie, acquistabili sul sito (www.umbrellagirls.it) e disponibili presso tutti gli edicolanti..

Milano criminale. Il Romanzo, di Paolo Roversi (Rizzoli). Intervento di Nunzio Festa












Questa storia di guardie e ladri, queste vicende che da “Milano criminale” fanno passare un periodo italiano di quelli vergati dai Montanelli vari, sono testimonianze in forma di romanzo dell’anima d’almeno un pezzo dell’Italia unita e disomogenea. Un romanzo che, se già non conoscessimo l’autore Paolo Roversi già garanzia, scrittore che ama le trame fitte di pistole e duelli moderni quanto antichi, potremmo definire della maturità; a costo, persino, di portare uno sgarro alla stessa scelta del Roversi - che non scrive per produrre o fortificare miti: eppure noi, come gli italiani che dal ’58 a qualche decennio in poi seguono i fatti narrati, non possiamo che sentirci al fianco di rapinatori che prima d’iniziare a sparare hanno tentato l’uscita della miseria attraverso un passaggio a ostacoli che porta alla loro stessa fine. Tutto ha inizio in via Osoppo (tutto se si pensa alla ‘storia’ di fondo dell’incalzante romanzo – dove ci tornano le immagini dei diversi Vallanzasca - ), il 27 febbraio 1958. Ovvero la data che il poliziotto Antonio Santi e il bandito Roberto Vandelli, sempre in lotta fra loro e oltre loro stessi, come è naturale che sia, hanno impresso nelle vene scolpite dai loro differenti lavori. A ogni punto di barricata dietro la quale, effettivamente, stanno. Non solo una vocazione, ma la classica scelta di vita. Perché Vandelli dopo la rapina che vede in diretta decide di diventare bandito, mentre Santi decide che deve entrare in polizia. Corpo, d’altronde, che lo porterà a fare a botte con l’idea di necessità dell’intervento repressivo quando arriveranno le occupazioni e le manifestazioni, bardate persino da atti violenti, del ’67-’68-’69. Per non parlare di quando Roversi, insomma, farà ricominciare il racconto d’una criminalità milanese che è da analizzare e certi versi per incorniciare in un clima complessivo del Paese. In pratica dove ci sarà spazio, sostanzialmente, per il futuro Millenovecentosettantasette. Nel frattempo, però, Roversi riesce a far rivivere, appunto come se fossimo nel film più riuscito, parole e volti della “malavita” ‘lombarda’. Certo aiutato da “storie private”, fitte d’amori domestici ed extrafamigliari, Roversi permette di sentire di nuovo una Milano, e dintorni, che sono intanto l’humus che fa spuntare i fiori del male. Che Vandelli e tanti altri, per dire, escono dalle vite di periferia. Molte volte portatori, addirittura, d’una certa e colorata a tratti, idea di riscatto inseguita con foga. A dispetto, naturalmente, delle pause da galera. Di gabbie nelle quali si diventa banditi più esperti o si muore/soccombe. L’opera di Roversi, la migliore che fino a questo momento abbiamo letto, descrive con la mano dell’osservatore perfetto quanto non invasivo che s’annusa, consegna a lettrici e lettori materiale di svago. Ma d’uno svago che consente a noi di guardare nelle nostre idee sulla vita. Perché? Provate, rispondiamo, a sentire le fotografie di pezzi di giovani coi soldi a fare barricate a mano armata in certe occasioni. Ad ascoltare gli scatti di momenti di commistione ideale fra il poliziotto che conosce il ‘delinquente’ che ha di fronte oppure deve controllare il riso davanti agli studenti che contestano i borghesi impellicciati alla Scala. Perché questo romando di Paolo Roversi fa camminare tante singolarità, di circostante e di Storia italiana (e non solo italica), in mezzo al procedere di moti collettivi che sono il fenomeno complessivo come parziale. Dalle mosse dei banditi. Alle occupazioni di studentesse e studenti. Passando per gli scioperi operai. Con lenti che tolgono il tipico tabù che in tante situazioni non ci fa leggere le osservazioni della Polizia, in quanto questa è serva pronta a mettersi contro le nostre obiezioni al potere. Una Milano tutta rossa di bollori, e nostra.

giovedì 24 marzo 2011

Il libro del giorno: La scatola di Houdini di Adam Phillips (Ponte alle Grazie)






















E' un saggio che ha per filo conduttore il tema della fuga e dell'evasione indagato da un punto di vista psicologico e psicoanalitico con riferimento all'intera condotta umana, alla sfera sessuale, interpersonale e sociale. I capitoli sulla fuga del famoso mago Houdini, campione insuperato nell'arte dell'evasione da ogni sorta di costrizione e impaccio, si alternano a descrizioni vivaci e colloquiali di casi clinici riguardanti pazienti trattati dall'autore nella sua veste di psicanalista, i cui disturbi psicologici e comportamentali si riconducono in vario modo al tema della fuga.

Nessuno si salva da solo di Margaret Mazzantini (Mondadori). Intervento di Elisabetta Liguori











E se la colpa fosse di romanzi come questi? Non si fa che discutere di famiglia. Poiché riconosciuta come l’origine di tutto, primo responsabile e utilizzatore finale, falò di vacui adolescenti e nostalgia di emigranti pentiti, poiché è lì che si forma la prima morula identitaria, per tutte queste ragioni e molte altre la famiglia vive anni emergenziali. Ci appare come una realtà ormai implosa, schiacciata da enormi pressioni emotive, psichiche ed economiche, e non ne restano che ceneri da analizzare al microscopio. E se la colpa fosse di romanzi come l’ultimo di Margareth Mazzantini “Nessuno si salva da solo” appena pubblicato da Mondadori? Del resto non sarebbe neppure l’unico. Si pensi a Jonathan Franzen, tornato in libreria con il suo americanissimo Freedom, tradotto da Einaudi. Il tema è sempre quello: la coppia e la famiglia, intesa l’una come la naturale evoluzione dell’altra. La coppia dell’ultima Mazzantini, in particolare, è stanca, dura, crudele. Intrappolata in se stessa e poi incenerita, tanto che la sua narrazione sembra un’orazione funebre. La Mazzantini questa volta, infatti, ci svela il lato oscuro e funereo della vita coniugale, quello che ci riguarda più da vicino, ma lo fa con una rabbia davvero imprevista. La storia scelta è quella di una coppia sui 40 anni, Delia e Gaetano che, dopo la prevedibile separazione, si ritrova una sera a cena a discutere di soldi e a recriminare. Come tanti, come tutti. Tra una portata e l’altra s’accendono tra i due frammenti di vita vissuta, brillano cocci di passione e delusione. È il vaso di pandora di una decina d’anni di convivenza che s’apre e ne viene fuori l’ira di Dio. Le fila di questa tragedia narrate in scaglie sono tirate da due direttori d’orchestra d’eccezione: i due figli di pochi anni. Sono loro gli unici osservatori: esterni e muti. Sono loro che, per il semplice fatto di esistere, consentono ai coniugi di prendere coscienza dello sfibrarsi reciproco delle proprie identità. Ricordando i loro figli, vedendoli, annusandoli, i due coniugi comprendono di essere rimasti disperatamente soli e che essere soli non basta. “Nessuno si salva da solo” infatti, ed è verissimo. Il ritmo di questa dolorosa scoperta è incalzante, dettato anche dal costante confrontarsi della coppia protagonista con quella di anziani coniugi che le cenano accanto. La Mazzantini sa raccontare magistralmente il desiderio. è rapida, efficace, cinematografica. Ma dove c’è un desiderio tanto tagliente e irrealizzato, non può non esserci la rabbia. Su questo l’autrice però forse eccede questa volta: cerca l’effetto a tutti i costi, schiaffeggia il lettore con un lessico furente e scabroso, mette in scena con artificio e violenza, finendo per perdere di credibilità. I denti corrosi di Delia, ad esempio, ruvidi, aguzzi, privi di smalto, sono metafora perfetta di un desiderio puro, corrotto dalla vita. La donna passa a ripassa con la lingua su questi denti per accettare il suo destino, ma il gesto a volte si fa verboso, claustrofobico, lasciando il lettore sdentato, incapace di riconoscere in ciò che legge qualcosa della sua fatica quotidiana, ma voglioso (non è detto che sia un male) di dichiararsi sopravvissuto, illeso, scampato, come se, leggendo, si fosse trovato davanti ad uno degli ultimi e più foschi casi di cronaca nera.

mercoledì 23 marzo 2011

Il libro del giorno: Come si esce dalla società dei consumi di Serge Latouche (Bollati Boringhieri)





















Latouche riprende qui tutti i principali temi e le argomentazioni della sua riflessione sulla necessità di abbandonare la via della crescita illimitata in un pianeta dalle risorse limitate. Non si tratta, a suo giudizio, di contrapporre uno sviluppo buono a uno cattivo, ma di uscire dallo sviluppo stesso, dalla sua logica e dalla sua ideologia. Per questo è anzitutto necessario "decolonizzare l'immaginario", un compito di portata storica in cui si rivela essenziale il dialogo con i maestri della tradizione "libertaria", da Ivan lllich ad André Gorz e Cornelius Castoriadis. La stessa crisi attuale può essere vista, secondo Latouche, come una "buona notizia", se servirà ad aprire gli occhi sulla insostenibilità del "progresso" che l'Occidente ha realizzato fin qui. Per Latouche, infatti, la via della decrescita serena passa in primo luogo per una presa di coscienza del fatto che lo sviluppo è un'invenzione dell'uomo, e che il rapporto tra uomo e natura può essere rimodellato in una dimensione "conviviale", nel rispetto della legge dell'entropia e all'insegna di quella che egli chiama "opulenza frugale": meno consumi materiali e più ricchezza interiore, meno "ben essere" e più "ben vivere".

La meravigliosa utilità del filo a piombo di Paolo Nori edito da Marcos y Marcos (Anteprima di Nunzio Festa)










“LA MERAVIGLIOSA utilità del filo a piombo”, è questo il meraviglioso titolo del nuovo libro di Paolo Nori. Libro che Marcos y Marcos manda in libreria il prossimo 24 marzo. Ma grazie all’editore e all’autore abbiamo avuto la possibilità di leggere in anticipo le pagine del testo. Al fine di presentarle alle nostre lettrici e ai nostri lettori. Soprattutto agli appassionati della penna dello scrittore e traduttore emiliano, a far loro venire l’acquolina in bocca passando qualche pezzettino di contenuto. “Buonasera. Stasera faccio un discorso che si chiama Noi e i governi ed è un piccolo discorso sul governo del sé, sulla dittatura, sulla democrazia e sulla libertà, cioè, forse, sull’anarchia, si intitola Noi e i governi e comincia dall’anarchia, ma prima ancora c’è una specie di epigrafe, che è una poesia, di un poeta che si chiama Velimir Chlebnikov e la poesia non ha titolo (…)”. Perché questo libro raccoglie, essenzialmente, ‘discorsi’ che Nori, autore per esempio dell’indimenticabile “Basso tuba non c’è” e di “Gli scarti” oppure “Pancetta” e altri libri di successo sia per pubblico che per critica, negli ultimi anni ha letto in alcuni luoghi soprattutto esemplari. Vedi il Museo d’arte moderna di Bologna. Come, ancora, a Praticello di Gattaccio, nella casa dei sette fratelli partigiani Cervi (le parole citate prima, per dire). Ma dovremmo e potremmo aggiungere il cinema Kijov di Cracovia. E non andiamo troppo dentro. Perché ci sarebbe la possibilità di recensire sia il testo che le sue ambientazioni pratiche e ideali. Però è giusto aspettare, certamente. Senza dimenticare che questa nuova opera di Nori si nutre, per di più, e cita personalità come Baldini, Cavazzoni, Celati, Fruttero & Lucentini, Tolstoj, Viktor Šklovskij, Kulekov, Dovlatov, Chlebnikov, Charms, Brodskij… Insomma dai russi che ama e bene conosce agli italiani che apprezza. Insomma grazie alla Meravigliosa utilità del filo a piombo sapremo che per scrivere, innanzitutto, occorre trovare la condizione intima e fisica che garantisca concentrazione. E non era scontato. Per scrivere, tra le altre cose: “dei bicchieri infrangibili, che avevano quel nome presuntuoso e così bello, e cosa avrà fatto il primo che ha visto un bicchiere infrangibile andare in mille pezzi, avrà telefonato a qualcuno?”. La Marcos y Marcos, a trent’anni di storia, si regala, dopo aver avuto grazie alla traduzione dello stesso Nori il “Disastri” proprio di Charms, si concede il dono di portare sugli scaffali quella che un altro scrittore e poeta dei nostri giorni, Tiziano Scarpa, ha recentemente definito come quei libri che non riesci a inquadrare per genere. Ma dei quali non puoi fare a meno. Che possono addirittura formarti. Magari il nonno di Paolo Nori non se lo sarebbe aspettato. Persino lo stesso scrittore forse non vorrebbe fosse così. Però con questo libro usciamo dall’infausta vita dell’ordinario meccanismo mediatico. Per arrivare nel ventre delle ‘belle’ lettere. 200 pagine inarrestabili.


martedì 22 marzo 2011

Il libro del giorno: Signorina Julie di Johann August Strindberg (Besa editrice)














Signorina Julie è una tragedia avvincente come un giallo, dove dietro le azioni dei protagonisti si nascondono verità sconcertanti. Dopo un inizio apparentemente brioso, in cui si delinea la tresca fra il domestico Jean e la cuoca Kristin in una tenuta scandinava di fine Ottocento, fa la sua spettrale apparizione la figlia del padrone di casa. Julie è una venticinquenne già avvizzita dentro per colpa di un intrigo familiare di cui sconta le conseguenze. Nemmeno la possibilità di un amore con il suo domestico può salvarla dal destino che porta con sé. Ma intanto, si scopre la natura dell’arrivista e perfido Jean, nonché i misfatti di Kristin, che sembrava un’innocente. In un crescendo incalzante fatto di splendido teatro, Signorina Julie si impone così come un classico scandinavo che resiste all’impatto contemporaneo; la forza irripetibile della vicenda viene tutta dalla mano personalissima di August Strindberg, maestro del teatro nordico, che non attenua i toni più scabrosi e denuda di continuo gli aspetti più intimi e riposti del rapporto tra i protagonisti.

Johann August Strindberg (1849-1912), drammaturgo e romanziere (La stanza rossa, 1879), è considerato l’inventore del teatro contemporaneo. I suoi drammi sono uno spaccato della società, con i conflitti più insanabili, da quelli familiari a quelli di classe, e in essi non c’è più spazio per la retorica e le esibizioni di alta acrobazia verbale.
La sua prima opera teatrale è Mastro Olaf (1872), riscritto per ben cinque volte fino alla definitiva messa in scena, accolta peraltro senza successo. Ma il genio di Strindberg nello scandagliare l’umanità emerge nel cosiddetto “teatro naturalistico”, al quale appartiene Signorina Julie.

© foto di copertina di Alessandro Valli

Infinity di Sherrilyn Kenyon (Fanucci)












A 14 anni Nick Gautier, un ragazzo come tanti, vive nel quartiere francese di New Orleans: ama frequentare le cattive compagnie, è attratto dall’illegalità e quello che ha imparato nella vita è frutto degli insegnamenti della strada. Una notte decide di comportarsi onestamente e si rifiuta di rapinare un turista innocente: una scelta che avrà un prezzo molto alto. Nick pensa di essere ormai spacciato e che la sua vecchia squadra non ci metterà molto a mettersi sulle sue tracce... e invece, inspiegabilmente, quella che sembra la fine di tutto si rivela l’inizio di una nuova vita. Kyrian di Tracia non è solo un comandante macedone a caccia di spietati demoni, è un Dark Hunter, e grazie a lui Nick si mette in salvo e conosce un mondo di cui non ha mai immaginato l’esistenza. I nuovi nemici fanno sembrare quelli vecchi dei veri incapaci: si tratta di uccidere o essere uccisi, e Nick, nato dalla parte sbagliata, trova dentro di sé una forza inaspettata e inizia a lavorare per i non-morti che popolano il suo quartiere. Il tempo stringe, e a lui non resta che trovare qualcuno disposto ad aiutarlo nella difficile battaglia contro i demoni che non risiedono dentro di lui.
Sherrilyn Kenyon, nata nel 1965, ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Darrel Award e il Pearl Award per i romanzi firmati a suo nome o sotto lo pseudonimo di Kinley MacGregor. Le sue opere hanno venduto più di dieci milioni di copie e sono state stampate in ventisei Paesi. Stabilmente presente ai vertici delle classifiche di New York Times e USA Today, è un’autrice ormai di culto in Germania, Inghilterra e Australia. Il suo sito internet registra 120.000 contatti la settimana. Della serie Dark Hunters Fanucci Editore ha pubblicato Anche i diavoli piangono (2008), Fantasy Lover (2009) e Notte di piaceri (2010).
Un estratto - «Sono un meganerd socialmente imbarazzante.» «Nicholas Ambrosius Gautier! Bada a come ti esprimi!». Nick sospirò per il brusco rimprovero di sua madre mentre se ne stava nel minuscolo cucinino di casa a guardarsi la camicia hawaiana di un arancione acceso. Già il colore e lo stile facevano veramente pena. Il fatto che fosse decorata con enormi trote (o erano salmoni?) rosa, grigie e bianche non faceva che peggiorare il tutto. «Mamma, non posso mettermela per scuola. È veramente...» Si interruppe per pensare con impegno a una parola che non gli costasse di esser messo in punizione a vita. «Orrenda. Se qualcuno mi vede con questa addosso, diventerò uno di quegli emarginati relegati nell’angolo degli sfigati in sala mensa.» Come al solito lei se ne infischiò delle sue proteste. «Oh, sta’zitto. Non c’è niente che non va in quella camicia. Al negozio di beneficenza, Wanda mi ha detto che veniva da una di quelle grandi ville giù nel Garden District.
Quella camicia apparteneva al figlio di un uomo onesto e rispettabile ed è quello che sto cercando di farti diventare...». Nick digrignò i denti. «Preferirei essere un delinquente piuttosto che uno con cui gli altri se la prendono sempre.». Lei trasse un profondo sospiro di esasperazione e smise di rigirare il bacon. «Nessuno se la prenderà con te, Nicky. La scuola ha un severo regolamento contro il bullismo. Sì, come no. E valeva quanto la carta su cui era scritto. Soprattutto perché i bulli erano degli idioti analfabeti in grado a malapena di leggere. Gesù! Perché lei non lo ascoltava nemmeno? Era come se non fosse lui quello che tutti i santi giorni doveva andare nella tana del lupo e affrontare la brutalità di quel territorio minato che era la scuola superiore. In tutta franchezza, era davvero stufo di tutta quella situazione e non c’era nulla che potesse farci. Era un perdente sfigato di proporzioni epiche e a scuola tutti non facevano che ricordarglielo. Gli insegnanti, il preside, e soprattutto gli altri ragazzi. Perché non posso semplicemente accelerare il tempo e superare di botto tutto questo incubo delle superiori? Perché sua madre non glielo avrebbe mai permesso. Solo i teppisti abbandonavano la scuola, e lei non lavorava così duramente per crescere un altro inutile pezzo di feccia buono a nulla; era una continua, incessante litania saldamente scolpita nel suo cervello. La sua tiritera cominciava con: Sii un bravo ragazzo, Nicky. Diplomati. Vai al college. Trovati un buon lavoro. Sposati una brava ragazza. Fammi un mucchio di nipotini e vai sempre in chiesa nei giorni delle feste comandate. Sua madre aveva già pianificato tutto il suo futuro e il suo programma non prevedeva deviazioni o pause per i rifornimenti. In fin dei conti però le voleva bene e apprezzava tutto quello che lei faceva per lui. Aeccezione di quei continui: Fa’ quello che ti dico, Nicky. Se ti sembra che non ti ascolti è perché queste cose io le so già meglio di te, che sua madre ripeteva tutto il tempo. Non era uno stupido e non era neppure un attaccabrighe. Lei non aveva idea di quello che subiva a scuola, e ogni volta che cercava di spiegarglielo, si rifiutava di ascoltarlo. Era così frustrante."

lunedì 21 marzo 2011

Onnipotente di Michele Vaccari (Laurana editore)












“I cristiani io li conosco bene. Loro sì, che sono i peggiori. Voi rubate, uccidete, spacciate, violentate. Ma lo fate alla luce del sole. Loro sono uguali a voi, ma nascondono tutto. Proteggono la loro vera natura mandando avanti a rappresentarli il loro sosia: la morale. Fare la morale, ecco la loro maschera.”.
Santo Bustarelli è figlio di un politico italiano, di quelli che stanno sempre nell’ombra a tramare e di fatto detengono il governo del paese. Fin dai primi anni il padre progetta per Santo un grandioso futuro di potere., ma siccome, si sa, le cose di questo mondo passano, è meglio dedicarsi a quelle dell’altro: così il giovane Bustarelli entra in seminario e ne esce avido del potere dei poteri. Vale a dire il possesso dei beni della Chiesa e delle anime dei fedeli. Per raggiungere il papato - a questo infatti mira - tenta di scardinare dall’interno la Chiesa con una propaganda spregiudicata e la connivenza dei media. Conquista i giovani e le loro famiglie fondando le prime discoteche cristiane al mondo, le Disco Cristo, e fa prediche in diretta televisiva. Apparentemente è un moralizzatore dei costumi, un nuovo salvatore per l’umanità, ma una volta spente le telecamere e i riflettori Santo è pronto a raggiungere il potere a costo della vita degli altri. Si circonda di organizzazioni malavitose, sicari, produttori di armi e depravati pronti a qualsiasi cosa pur di compiacerlo. Incita la propria comunità all’odio verso le altre religioni, coalizza i cristiani d’Oriente e quelli d’Occidente contro il nemico comune, l’Islam, e procede nella scalata dalla diocesi di Chiavari fino al Vaticano, pronto a destituire il vecchio papa. Perché vale la pena di leggere L’onnipotente? Perché è un romanzo che fa riflettere sul tema del potere fine a se stesso, un potere che si autoalimenta grazie a un cursus honorum fatto di meschinità, segno distintivo dei nostri tempi. In secondo luogo perché, tutto sommato, ci mostra che anche in un sistema in decadenza è sempre possibile veder germogliare isole di opposizione, consegnandoci così una speranza. Infine perché è scritto senza mezze misure, con una franchezza e una libertà che spalanca le pagine. Michele Vaccai non vuole compiacere il suo lettore, ma turbarlo, parlando di un mondo allucinante che però esiste davvero. È quello dei nostri Anni Zero.
Michele Vaccari (Genova, 1980) ha pubblicato due saggi “Aleister Crowley. L’artigiano del male (Bevivino, 2004), Tutti gli occhi su di lui (Chinaski, 2006) e tre romanzi: Italian fiction (Isbn, 2007), Giovani, nazisti e disoccupati (Castelvecchi, 2010) e Delia Murena (Ad est Dell’equatore, 2010). Tra 2007 e 2009 ha diretto la collana VerdeNero di Edizioni Ambiente, attualmente si occupa della collana Inaudita Big di Transeuropa. Scrive e dirige per il collettivo Enter_tain. Collabora con il regista Marco Bechis.

domenica 20 marzo 2011

Il libro del giorno: La moneta di Akragas di Andrea Camilleri (Skira)
















406 a.C. Dopo un lungo assedio Akragas si arrende ai Cartaginesi. La città viene distrutta. 1909. La scoperta in un campo di una piccola moneta d'oro, unica al mondo, preziosissima. Per l'emozione il dottor Stefano Gibilaro, medico condotto di Vigata, cade da cavallo. Comincia così una storia che si dipana con risvolti inaspettati, tragici ed esilaranti, tra le campagne di Vigata e la Messina distrutta dal terremoto, fino all'imprevedibile conclusione.

Jabbawockeez Robot Tribute

sabato 19 marzo 2011

Il libro del giorno: Salviamo l'Italia di Paul Ginsborg (Einaudi)






















Il 150° anniversario della nazione non dovrebbe essere solo l'occasione per sventolare bandiere tricolori o indulgere nella retorica: richiede invece un ripensamento profondo sulla storia d'Italia e sul contributo del Paese al futuro del mondo moderno. A tal fine si rivisitano le grandi figure del Risorgimento (da Cattaneo a Cavour, da Manin a Pisacane, da Mazzini a Garibaldi) così che le loro riflessioni si mescolano in presa diretta alle nostre. Per "salvare" l'Italia, Paul Ginsborg fa affidamento su alcuni elementi fragili ma costanti presenti nel nostro passato: l'esperienza dell'autogoverno urbano, l'europeismo, le aspirazioni egualitarie e l'ideale della mitezza. Fondamenti dotati della carica utopica necessaria per creare una patria diversa.

Caso Scazzi: "Incomprensibile la minaccia dell'avvocato De Jaco"













"Non comprendiamo la motivazione dell'avvocato De Jaco a querelare la nostra casa editrice e la scrittrice Mariella Boerci". Così il direttore editoriale Ed. Anordest Mario Tricarico risponde alla notizia di una querela da parte dell'avvocato di Cosima Serrano Misseri, Franco De Jaco. "Quello che maggiormente ci stupisce è che De Jaco doveva essere nostro ospite - continua Tricarico - per presentare il libro "La bambina di Avetrana", in cui la giornalista Mariella Boerci racconta le vicende del caso Scazzi, proprio questa sera all'interno del programma del Festival della cultura di Galatina, contesto nel quale anche promuoveremo la borsa di studio che abbiamo istituito in collaborazione con il Telefono Rosa in memoria di Sarah Scazzi contro la violenza sulle donne". Sabato 19 marzo alle 19,30, infatti, presso la sala Caffè 1861 all’interno del Festival della cultura di Galatina l’ex avvocato di Michele Misseri, Daniele Galoppa, e l’avvocato di Cosima Serrano Misseri, Franco De Jaco avrebbero dovuto trattareil caso di Sarah Scazzi assieme alla giornalista Mariella Boerci, autrice di “La bambina di Avetrana” (Ed. Anordest), libro da cui è per l'appunto nata la borsa di studio patrocinata dal Telefono Rosa “In memoria di Sarah Scazzi - Contro la violenza sulle donne”. L'evento ci sarà ugualmente, ma l'avvocaro De Jaco non interverrà, nonostante avesse inizialmente dato la sua disponibilità. "Il nostro libro è uscito a dicembre dell'anno scorso, ci stupisce che proprio ora - conclude il direttore Anordest Tricarico - nasca questa inutile polemica, dopo che la borsa di studio legata alla pubblicazione sta vedendo un successo nella sensibilizzaizone alla tematica e un numero di scuole intenzionate a partecipare sempre crescente. Infatti dalla pubblicazione “La bambina di Avetrana” (Ed. Anordest), cronaca della tragedia di Sarah Scazzi, firmato dalla giornalista Mariella Boerci, è legata alla borsa di studio istituita da Edizioni Anordest affinché tragedie simili a quelle di Sarah non abbiano più a ripetersi. Un concorso aperto a tutti gli studenti dai 13 ai 19 anni, cui sarà chiesta la redazione di un racconto breve sul tema della violenza, in particolare sulla violenza sulle donne. Proprio per questo la borsa di studio sarà assegnata il 7 ottobre. Edizioni Anordest pubblicherà annualmente i componimenti selezionati e devolverà i diritti al Telefono Rosa. In giuria ci saranno Irene Pivetti, Maria Gabriella Carnieri Moscatelli (presidente del Telefono Rosa), Cipriana Dall’Orto (codirettore di Donna Moderna), l’avvocato Mario de Marco (sindaco di Avetrana), Mariella Boerci (autrice di “La bambina di Avetrana), Anna Di Ianni (ideatrice della borsa di studio) e Oriana Boldrin (segretaria). La borsa di studio verrà consegnata ad Avetrana il 6 ottobre.

Mariella Boerci, giornalista milanese, firma di punta per lungo tempo della stampa femminile (Annabella, Marie Claire), è stata per quindici anni un inviato speciale del newsmagazine Panorama, con cui tuttora collabora nel settore Attualità e Costume- Società. Collabora inoltre con Class, Donna Moderna e Vanity Fair. Ha pubblicato, per le edizioni Donna Moderna/Mondadori Printing “Vissi d’arte, Vissi d’amore. Rivalità, passioni e gelosie delle signore Pavarotti, donne di cuori e di denari” (2007)

Info: 349.3438269

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venerdì 18 marzo 2011

Il libro del giorno: Dall'improbabile all'infinito (Dedalo) a cura di Edward B. Burger e Michael Starbird




















La matematica non è la disciplina arida e slegata dalla realtà che molti immaginano, anche sulla base di non felici esperienze scolastiche. È un mondo ricco di sorprese, di risultati inaspettati, di paradossi, dove l'intuito è importante ma deve essere confermato (o smentito) dal ragionamento, dove bisogna essere pronti a rivedere le proprie idee preconcette, anche per comprendere meglio gli eventi di tutti i giorni. Coincidenze apparentemente sbalorditive - lo sapevate che Lincoln aveva un segretario che si chiamava Kennedy e Kennedy aveva un segretario che si chiamava Lincoln? - diventano perfettamente spiegabili. Imparerete che per ottenere il massimo della segretezza nella trasmissione di messaggi cifrati, il modo più efficace consiste nel far conoscere a tutti il metodo di cifratura. Scoprirete, inoltre, che talvolta migliorare le misure di sicurezza, per esempio nei viaggi aerei, rischia di peggiorare di molto la situazione. Se si è accesa la vostra curiosità, sappiate che in questo libro incontrerete paradossi e sorprese nascosti fra le pieghe del calcolo delle probabilità, della statistica, della geometria, della teoria dei numeri.

Tutto il Nulla di Giuseppe Mossa (ISBN 9788862815222)










[…] Paola era nata in un quartiere periferico, in una calda notte di luglio da una donna che avrebbe potuto ambire a tanto nell’esistenza, ma che a tutto aveva rinunciato in nome della sua particolarissima visione del mondo. Sua madre, che l’età sembrava aver risparmiato dal decadimento fisico, mostrava ancora l’aspetto fresco di una giovane donna, nonostante lo sguardo appassito da una vita di amarezze. Solo un altro particolare ombrava il suo splendore: da tempo aveva rinunciato a dedicarsi alla cura della sua persona, a truccarsi ed a compiacersi di tutte quelle dispendiose attenzioni che riescono a far apparire una sirena anche la più befana tra le donne. A pochi esami dalla laurea sposò un uomo mediocre che aveva fatto di tutto per conquistarla, senza esito. Tanta insistenza fece però sì che alla fine lei cedesse, concedendogli un appuntamento. Poco a poco lui riuscì ad insinuarsi nel suo cuore fino a diventare l’unica relazione che lei, fino ad allora dedita solo agli studi, avrebbe avuto in tutta la sua vita. Non passò molto, prima che convolassero a nozze ed avessero quell’unica figlia, risultato di un amore ormai già unilaterale: il pusillanime, dopo tanta spossante corte, era già pago dei frutti prima ancora di beneficiarne. Crebbe la figlia praticamente da sola, alla quale mai riservò, nemmeno in parte, quel sentimento perduto che invece continuò a serbare sopito per il marito, dedicando i suoi restanti giorni solo a crescere la bambina e a svolgere le faccende domestiche, vedendo il sole quasi esclusivamente dalla finestra. Le vicissitudini del padre non meritano nemmeno una descrizione; dettaglio rafforzato dal particolare che, con buona pace di tutti coloro che ebbero la poca sorte di conoscerlo, da molto i suoi stivali non calpestano questa terra. Non era arrivata a compiere nemmeno la maggiore età, Paola, quando aveva abbandonato la casa che l’aveva vista crescere. Così giovane, contrariamente a quanto aveva fatto e suggerito sua madre, già aveva vissuto una lunga serie di tormentate relazioni sentimentali, ma era sola quando trovò il tugurio che ospitò la sua prima indipendenza. Non tardò molto prima di convincersi che l’unica professione che poteva soddisfare le sue aspirazioni ed i suoi vizi fosse quella più antica, senza comprendere in realtà a quante ambizioni avrebbe poi rinunciato. Passò gli anni che di solito si dedicano all’università esaminando la cassetta delle lettere, che in genere non porta che bollette e pubblicità, nell’attesa di qualche improbabile, insperata novità. Il giorno che il caso ci incrociò sullo stesso viale lei già aveva visto tanto mondo, c’era stato un periodo in cui aveva preso aerei con la frequenza con cui si prendono gli autobus, e viveva in una casa più che dignitosa. Finalmente si avvicinò chiedendo: «Quanti anni hai?» […]

su concessione dell'autore

giovedì 17 marzo 2011

Il libro del giorno: Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo di Alberto M. Banti (Laterza)





















La nazione non è un dato di natura. Non emerge dalle più lontane profondità dei secoli. Né accompagna da sempre la storia d'Italia, dal Medioevo a oggi. L'idea che una comunità di uomini e donne, uniti da una serie di elementi condivisi, possieda la sovranità politica che fonda le istituzioni di uno Stato, è molto recente e basa la sua capacità di attrazione sul lessico usato, sulle parole per nominare questa nazione. Quando sulla scena politica compare il discorso nazionale, le forme comunicative scelte sono estremamente seducenti. Le narrative nazionali sanno emozionare. Sanno comunicare. Sanno toccare il cuore di un numero crescente di persone. Banti in questo volume indaga qual è stato l'eccezionale potere comunicativo della retorica nazionale nell'Italia risorgimentale e indica in alcune "figure" del discorso usato le immagini, i sistemi allegorici e le narrative che hanno avuto un maggiore impatto sulle donne e gli uomini che fecero l'Italia. Rileva in particolare tre figure profonde che hanno accompagnato il discorso nazionale dal Risorgimento al fascismo: la nazione come parentela/famiglia; la nazione come comunità sacrificale; la nazione come comunità sessuata, funzionalmente distinta, cioè in due generi diversi per ruoli, profili e rapporto gerarchico. Cambieranno i contesti e le forme di governo, ma la struttura del discorso nazionale resterà identica, nonostante diversi siano gli obiettivi politici che su di essa si fondano.

La rivoluzione delle api, di Serge Quadruppani, traduzione di Maruzza Loria (Edizioni Ambiente). Intervento di Nunzio Festa














Nella Val Pellice come se si fosse in ogni parte del mondo infestata dagli interessi privati che lavorano contro l'etica. Da questo spunto, evidentemente, prende le mosse il brioso e coinvolgente romanzo dello scrittore francese, di stanza tanto in Francia quanto in Italia, Serge Quadruppani. Autore che, però in veste di curatore per l'editore Metailié, ha portato a Parigi una lista di penne italiane di qualità e 'attuali'. L'ultima volta che l'abbiamo sentito esprimersi, tra l'altro fu proprio a fianco di De Cataldo in una delle edizioni della Fiera di Torino; la cornice era proprio un Lingotto zeppo di sporcizia qualunque ma capace persino di presentare momenti di grande interesse, tipo appunto la riflessione Quadruppani – De Cataldo. Ma torniamo al moderno, come capiremo dall'ipotesi spesso viste e riviste per dire in alcuni saggi di Antonio Pascale, per sentire meglio questo “La rivoluzione delle api”. Già valorizzato da un titolo, per giunta, perfetto. Dove per esempio potremmo rintracciare, per dire, la preziosa consulenza dell'attenta Maddalena Cazzaniga, molto probabilmente (visto il bell'aiuto su Nina dei lupi, insomma). Insomma nelle valli del Piemonte, dove per caso passa una coppia di commissari, uno dei due già pensionato – il marito, ecco una delle tante multinazionali, come si diceva, del Pianeta. Una di quelle entità, insomma, che ben non si riesce a comprendere se nascono e vivono per il bene della collettività, oltre dunque l'interesse stesso indubbiamente e giustamente particolare, oppure contro ogni proprietà di valore e di bene comune delle stesse comunità della Terra. E poi se ci piazzi servizi segreti deviati, che più che deviare anzi indirizzano, con la scusa solita e ritrita del terrorismo condito da “eco-terrorismo”, la trama diventa di forte impatto cronachistico, potremmo dire, quanto soprattutto legata a una lista di peccati del genere umano e che lo stesso genere non riesce a staccarsi di dentro. Vedi insomma il 'vendersi'. Come la superbia. Epperò in questo piccolo ambiente che pensa alle montagne circostanti, sono addirittura scomparse le belle apine. Quelle figlie del mondo che permettono al mondo di sopravvivere. Ma perché? In questo perché, è da spiegare, entra in scena l'attività del commissario antimafia Simona Tavaniello. Casualmente di passaggio nelle vallate. E che casualmente si farà fregare per il tempo necessario la pistola d'ordinanza dalla quale nascerà il primo omicidio della storia. Che le vicende, poi, da qui partono e ripartono. Mentre gli ingredienti sono tutti italiani, e si deve riguardare ai “servizi”, il tema di fondo è universale. Sollevato e, a tratti risollevato, da una scrittura che Quadruppani fa assecondare dalla voglia di non produrre un romanzo di genere o solo a pezzettini politico. Quanto più un romanzo pieno d'energia e di lingua che raccontano di novità dell'era giovane e dell'inattualità delle sue proposte di morte dell'ecosistema. Come tante volte accade, quindi, il carattere in un certo senso poliziesco dell'opera maschera senza mascherare l'impegno sul campo. Oppure sul terreno, che forse è più appropriato. Serge Quadruppani, scrittore apprezzato da tempo nell'ex Bel Paese, ha scritto insomma un libro per oggi e il domani.

mercoledì 16 marzo 2011

Il libro del giorno: Storia dell'Italia unita (Garzanti) a cura di Alberto De Bernardi e Luigi Ganapini















Esattamente un secolo e mezzo fa l'Italia è diventata una nazione. Dopo il rinascimento, il nostro paese era stato relegato in un ruolo marginale: dopo l'unità, ha iniziato un percorso che l'ha portato tra le maggiori potenze economiche del pianeta. Sul fronte della modernizzazione e della ricchezza, i successi dell'Italia unita sono dunque numerosi e innegabili. Tuttavia la storia recente del nostro paese resta segnata da due grandi tragedie come il fascismo e la distanza tra Nord e Sud. "La storia dell'Italia unita" racconta così una vicenda problematica, ricca di luci ma anche di ombre. Il volume è articolato lungo cinque narrazioni parallele, che approfondiscono altrettanti aspetti fondamentali: la politica internazionale; l'evoluzione del sistema politico e gli eventi che l'hanno segnato, a cominciare dalle due guerre mondiali; il modello di sviluppo, con i due miracoli economici; l'evoluzione della società; l'identità del paese attraverso la cultura. Tenendo presente le diverse prospettive adottate via via dagli storici per leggere il "caso italiano", De Bernardi e Ganapini offrono così una ricostruzione della vicenda italiana che tiene conto della lezione del passato, ma si apre anche alle sfide del presente: un saggio che vuole intervenire nel discorso civile del paese con gli strumenti propri del "mestiere dello storico", evitando tanto la museificazione della memoria quanto le trappole del sensazionalismo.

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