Purezza e semplicità ne hanno fatto un capolavoro della
letteratura per l’infanzia. Profondità, vita di giovanissime donne raccontata a
piccoli passi, maternità e riflessione sono – al contempo – peculiarità che
incontrano anche un pubblico adulto. Il linguaggio fruibile, l’amore, il sogno di diventare una scrittrice che
pervade una delle protagoniste, consacrano il romanzo della Alcott ad opera
senza tempo (nonostante sia uscito per la prima volta, in America, tra il 1868
ed il 1869).
Piccole donne che prima di tutto sono sorelle e amiche.
Figlie di genitori legati tra di loro nel profondo, a discapito di qualunque
distanza (e malattia). La scrittrice è abile a delineare i caratteri delle
protagoniste offrendoci la loro quotidianità.
Benché possa apparire molto distante dall’oggi, il romanzo è quanto mai
necessario proprio alle nuove generazioni, poiché propone “l’alternativa” più
autentica all’esasperata virtualità dei rapporti moderni. Sperando vivamente
che, mai e poi mai, l’impercettibile virtuale diventi davvero un’alternativa
alla concretezza dei sentimenti! In questo spaccato di vita di piccole donne è
forte la figura materna: sempre presente, mai invadente.
Persino la più ribelle tra le figlie, quella che non accetta
di avere un ruolo marginale rispetto all’uomo, quella che scrive (e per questo
appare strana e complicata), non riesce -
né vuole – fare a meno di parlare con sua madre, che è comunque donna
amorevole e carica di esperienza. È donna che può insegnare senza giudicare.
Piccole donne è un romanzo necessario. Perché la normalità è necessaria.
L’autenticità. La complicità. Il sogno di “essere” prima ancora di “diventare”.
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