La poesia della Liviello ti rimane impressa e non puoi
dimenticarla, non ne puoi fare a meno, se sai di cosa stai parlando, se conosci tutto quel retroterra
simbolico, poetico, di cui si è nutrita e che fa parte di una memoria
collettiva lirica che appartiene non a un sud del sud del mondo generico, no…
tutt’altro! Esso è l’esplodere ritmico del veleno della ragna tarantolante e
del mare di Idrusa, è l’avvelenata di Antonio Verri che s’aggrappa tenace al sogno del “fate fogli di poesia
poeti…”, della rabbia demonicamente barocca di una Claudia Ruggeri, di un odio benevolo di un immenso Salvatore Toma
verso la creaturalità bestiale e blasfema che si annida nelle notti di luna piena sulle scogliere di Badisco,
sulle menzogne dei vicoli e delle chiese di Lecce. (dalla prefazione da me curata)
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