Per secoli, il pensiero ha
tentato di convincersi che gli Angeli fossero entità superflue, superstiziose
anticaglie. Ma la dimensione dell'Angelo continua a riaprirsi, ci accompagna,
si trasforma, ma non ci abbandona. Questo libro, pubblicato nel 1986, e che ora
riappare interamente riveduto e ampliato, è dedicato all'Angelo che finisce per
rivelarsi «necessario», come dice il titolo, riprendendo una mirabile lirica di
Wallace Stevens. Ma necessario a che cosa? L'Angelo educa, conduce a una
conoscenza diversa da quella che si sviluppa in rapporto al visibile. «L'Angelo
testimonia il mistero in quanto mistero, trasmette l'invisibile in quanto
invisibile, non lo 'tradisce' per i sensi». In questo, si oppone radicalmente
al daimon, che è al servizio di una fatalità cosmica e impone ogni volta il
vincolo della cosa e alla cosa. L'Angelo è l'ermeneuta del movimento opposto:
quello che guida fuori dalla lettera, quello che va, non già dall'idea alla
cosa, dal segno al rappresentato, ma dalla cosa all'invisibile. Cacciari
elabora questa sua lettura filosofico- teologica dell'Angelo attraversando i
testi e le immagini, a partire dall'antichità giudaico- cristiana o pagana o
iranica sino a Klee o a Rilke o alla riflessione di Henry Corbin. E appare
evidente come questa sua ricerca si connetta anche ai suoi lavori precedenti, e
in particolare a Icone della Legge. Qui, sempre con riferimento a Benjamin e a
Rosenzweig, torna a porsi il problema della rappresentazione e l'Angelo aiuta a
configurarlo come un vero dramma gnoscologico che si svolge sulla soglia di
quello che Corbin ha definito il mundus nalis. E intanto l'attenzione si fissa
sulla fisiognomica degli «ultimi, grandi incontri» con l'Angelo. Ora gli Angeli
diventano simili a «dèi dell'istante», «lampeggiano e scompaiono». Ormai
sottratti a ogni stabile gerarchia, sedotti e quasi irretiti dal l'umano,
questi ultimi Angeli serbano in sé un riso, una disperazione e una paradossale
libertà che ci sono più che mai essenziali. Grazie a loro, come scrisse Rilke,
«raccogliamo disperatamente il miele del visibile, per custodirlo nel grande
alveare d'oro dell'invisibile».
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mercoledì 31 ottobre 2012
Supersimmetry di Francesco Cuna (Kurumuny) sabato 3 novembre a Cutrofiano presso la Associazione Carpe Diem
Ci sarà la presentazione di
Supersimmetry di Francesco Cuna edito da Kurumuny sabato 3 novembre 2012 a Cutrofiano presso la
Associazione Carpe Diem via Settembrini 9 alle ore
18.30. Dialogheranno con l'artista Salvatore Matteo, Tina Ligori, Giovanni Chiriatti, Giovanni Matteo.
I personaggi di Cuna ti accolgono
in silenzio e ti chiedono di sostenere quel silenzio mentre li osservi. Un
silenzio fatto di simmetrie bizantine, prospettive inattese, canoni
proporzionali aggirati, deformità sfuggenti, volti imperscrutabili e poi ocra,
sabbia, terre, grigi, sovrapposizioni di materiale pittorico che invece di dare
un opprimente senso di stratificazione, lasciano intuire quello
dell’immaterialità. Quello che l’artista intrattiene con la Pittura è un rapporto
viscerale, che non smette di riservare sorprese, ma è fatto anche di certezze e
familiarità, dovute alla padronanza conquistata attraverso un’ininterrotta
esplorazione del mezzo. Al contrario la relazione di Cuna con la Storia dell’Arte si rivela
complessa, intricata, ricca di apparenti contraddizioni. Lo sguardo inquieto
dell’artista si rivolge in direzioni diverse, come se scorgesse ad ogni angolo
l’ombra di un grande maestro del passato e volesse afferrarla e trattenerla nel
suo presente. Non c’è un filtro tra la realtà e le opere di Cuna: non credo che
i processi che egli attua debbano essere intesi come una manipolazione di
quello che ci appare, ma come una ricerca di verità, in quello che ci appare.
Verità che l’artista riesce a cogliere proprio negli strappi, nelle maglie
della realtà, materializzati nelle incongruenze da lui messe in evidenza e
nelle deformazioni e ibridazioni da lui messe in atto. La pittura come processo
di estrazione di verità.
FRANCESCO CUNA Nasce nel 1978 a Galatina (LE), dove
si diploma all’Istituto d’Arte in grafica pubblicitaria e fotografia nel 1997.
Nel 1998 si trasferisce a Bologna per frequentare l’Accademia di Belle Arti arrivando
ad esporre alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna prima di diplomarsi in
pittura nel 2005. Successivamente (2006) è a Marseille in Francia dove entra in
contatto con l’attività artistica locale esponendo i propri lavori presso
l’Ecole des Beaux Arts. Nel 2007 è chiamato negli Stati Uniti d’America a
realizzare un affresco di grandi dimensioni all’interno del “The Prizery
Museum” Art Center of South Boston (VA) per celebrare il 400esimo anniversario
dei primi insediamenti Europei nell’ambito del progetto “Virginia 2007 Italy
rediscover America” commissionato dal Virginia Museum and Virginia Commission
by Art di Richmond. Rientra in Salento e figura tra gli organizzatori del
“Locomotive Jazz Festival” di Sogliano Cavour (LE) curandone, con Luigi Cesari,
il progetto Arti Visive, realizza i concept della comunicazione e performance
pittoriche durante i concerti nelle edizioni che vanno dal 2007 al 2010. Si è
così esibito sul palco insieme a molti musicisti tra i quali Paolo Fresu,
Antonello Salis, Furio Di Castri, Philipe Catherine, Giovanni Imparato,
Pierpaolo Bisogno, Gianluca Petrella, Raffaele Casarano, Luca Aquino, Franco
Califano, Trovesi ed altri. Nel 2011, dà vita con Alessandro Sicuro, a “B22”,
progetto grafico di natura imprecisata, e nel 2012 aderisce al gruppo “OZIO”
con una prima collettiva curata da Lorenzo Madaro.
per info
martedì 30 ottobre 2012
Oltre la coscienza ordinaria .Riti Miti Sostanze Terapie di Vincenzo Ampolo edito da Kurumuny alla Libreria Palmieri di Lecce
Sarà presentato il 4 novembre
2012 ore 18,00 presso la libreria Palmieri di Lecce in via Trinchese il nuovo lavoro di Vincenzo Ampolo edito da
Kurumuny dal titolo “Oltre la coscienza ordinaria .Riti Miti Sostanze Terapie”.
Dialogheranno con l’autore Luigi Chiriatti scrittore ed editor della casa
editrice Kurumuny e Eugenio Imbriani etnoantropologo. Introduce Anna Palmieri
titolare della Libreria Palmieri di Lecce. Una cartografia degli stati di
coscienza non ordinari, quasi un diario di viaggio, un resoconto di
esplorazioni in territori sconosciuti. Le regioni del viaggio sono quelle della
mente. L’immaginazione che si apre a spazi di realtà e a forme di coscienza che
combattono il pensiero unico, producendo numerose linee di fuga che rompono gli
stereotipi che imprigionano il pensiero. Gli stati modificati di coscienza sono
risorse per ritrovare strade, aprire varchi, allargare la coscienza che poi
diventa conoscenza.
Vincenzo Ampolo -
Psicologo-Psicoterapeuta di formazione analitica e umanistico-esistenziale,
saggista e formatore. Tra i più attivi collaboratori della rassegna
internazionale di psicologia L'Immaginale, ha diretto riviste di pedagogia,
psicologia e studi interdisciplinari, pubblicato numerosi saggi di psicoterapia
analitica e psicologia sociale, in volumi collettivi e riviste di settore. Dal
1982 coordina le attività dell'Ente Morale di Ricerca, Formazione e Terapia
"Perseo" e collabora con Istituti di formazione e con le Università
di Lecce, Bari e Genova per progetti di ricerca, attività didattiche e
divulgazione scientifica. Tra i testi curati dall’autore: La pratica del
creativo (1988); Extasy e dimmi che non vuoi morire (1997); Musica droga e
transe Materiali di ricerca (1999); Diario e Dintorni (2001); Voci dell'anima.
Scrittura narrazione e pratica analitica (2004); Dissociazione e creatività. La
transe dell’artista (2005); Martha Nieuwenhuijs tra eros e logos (2009).
Il gran libro delle Streghe Storie e segreti, incantesimi e pozioni di Raphael M. Mérida Jiménez. Traduzione di Ariase Barretta (Odoya)
Tra mito e storia, le figure di Ecate, Medea,
Cassandra, Didone, Eritto, Panfila, Melusina, Ginevra e le altre grandi streghe
maghe e fattucchiere. Ma anche la storia delle pratiche magiche e della
persecuzione che migliaia di donne sapienti hanno subito a causa
dell’Inquisizione.
La stregoneria è da sempre
associata a due questioni fondamentali: il genere e la religione. Laddove si
riscontrano pratiche magiche a custodirne i saperi sono le donne. In epoca
antica questo potere era associato alla divina Ecate, mentre dall’avvento della
dicotomia Dio/Lucifero e della Santa Inquisizione, i poteri magici che, essendo
inspiegabili, sembravano contrastare le leggi di natura, venivano fatti
risalire ai favori dello stesso demonio. Jiménez raccoglie ed elabora in un
quadro completo tutte le testimonianze su figure storiche o mitiche di streghe
e sulle loro pratiche magiche. Medea, Circe, Didone, Ginevra, Acantide, Eritto,
Panfila, Melusina e i loro affascinanti miti tra consistenza storica e la
leggenda. Ampio spazio viene dedicato alle pratiche magiche, soprattutto a
quelle proibite. Paradossalmente infatti la Santa Inquisizione
e i suoi verbali sono la prima fonte di conoscenza per quel che riguarda i
rituali praticati. Per l’Inquisizione, macroargomento della trattazione, “la
stregoneria divenne uno strumento di disciplina sociale, canalizzando alcuni
modelli di buona o cattiva condotta e delineando persino l’ortodossia
ecclesiastica.” un vero e proprio spartiacque: le donne che non sottostavano
alle regole rigidissime della vita famigliare medievale, che si preoccupavano
di capire come procurare e procurarsi aborti e unguenti per prevenire
gravidanze e curare i mali femminili erano viste come un nemico del potere
spirituale e temporale della Chiesa, quindi da annientare al grido di «Non
bisogna lasciare in vita neanche una strega». Eppure le pratiche di divinazione
e le magie si sono moltiplicate nel tempo assumendo forme e branche differenti,
basti pensare all’astrologia o alle sedute spiritiche. Per tutte coloro che si
sentono un po’ streghe e vogliono cimentarsi con pratiche antichissime magari
durante la notte di ognissanti, c’è una foltissima letteratura ragionata sulle
invocazioni a Ecate, gli strumenti e le formule magiche, i giorni propizi, le
erbe e gli animali adatti ai rituali…
Rafael M. Mérida Jiménez è
docente di Letteratura Spagnola presso l’Università di Lleida e ricercatore del
“Centre Dona i Literatura”. Ha insegnato nelle università di Barcellona,
Girona, Houston e Portorico. Oltre alle ricerche sulla letteratura spagnola,
soprattutto cortigiana e cavalleresca, si è occupato di universo femminile e Queer
Theory. È autore di Women in Medieval Iberia (2000), Damas, santas y pecadoras
(2008) e di un libro sulla vita di Santa Teresa d’Avila, Llevar la vida con
suavidad (2006). Nell’ambito dei Gender Studies ha elaborato alcune teorie
pubblicate nei saggi Sexualidades transgresoras (2002) e Diálogos gays,
lesbianos, queer (2007).
lunedì 29 ottobre 2012
Horikazu - Vita e opere del maestro tatuatore di Asakusa a cura di Martin Hladik (L’Ippocampo edizioni)
L’opera omnia di Horikazu, il più
grande maestro tatuatore giapponese, scomparso nel dicembre del 2011, è un
libro miliare per tutti gli appassionati di tatuaggi, ma anche del Giappone. Il
fotografo Martin Hladik ha seguito per anni il sensei che gli ha aperto il suo
studio. Le interviste al maestro e al suo figlio e successore Horika- zuwaka,
permettono di conoscere in profondità l’arte del tatuaggio tradizionale ad
Asakusa (il vecchio quartiere degli artigiani a Tokyo) e ritraggono da vicino i
protagonisti di una prestigiosa dinastia di artisti tatuatori. Le pratiche e le
tecni- che di questo particolare artigianato vengono mostrate in ogni minimo
dettaglio. La tecnica che utilizzava si chiama tebori, da te (“mano”) e Hori
(“incidere”): praticato in Giappone fin dall’antichità il tebori si distingue
per la particolare cromatica e la delicatezza delle gradazioni, ma soprattutto
dall’esecuzione a mano con aghi, per opposizione alla macchinetta usata oggi in
Occidente. La prima parte di questo imponente volume di 500 pagine è un
favoloso portofolio dei disegni preparatori del maestro, tutti ispirati
all’ukiyo e. Ma il fulcro del libro è la sua sezione centrale: una galleria di
trenta full body suits, ritratti in tutti i particolari, resa possibile dai
clienti di Horikazu che hanno accettato di posare per Martin Hladik.
OVERDOSE IN BLUES cover band Zucchero sabato 3 novembre 2012 al Note di Vino di Ruffano
La musica ancora una volta domina
incontrastata al Note di Vino nel cuore
del Salento, a Ruffano (LE) in via Vittorio Veneto 55. Terzo appuntamento di
note e suggestioni in collaborazione con Agave Comunicazione, il 3 novembre 2012 a partire dalle 22,00
questa volta con la mitica cover band del grande Zucchero Sugar Fornaciari,
ovvero la “OVERDOSE IN BLUES”. Si tratta di un appuntamento suggestivo che
ripercorre la storia professionale di una star della musica italiana ormai
conosciuta a livello internazionale. Una performance musicale di grande forza e
bravura quella della OVERDOSE IN BLUES band, che alterna i successi del grande
Fornaciari dall'esordio fino ad arrivare ad oggi. Punta di diamante della band
è il cantante Salvo Vergari che ormai è conosciuto e apprezzato per la sorprendente somiglianza
fisica e vocale con Zucchero,affiancato dalla singolare voce blues di Luisa
Greco, con un ensemble ritmico strutturato da musicisti immersi in un groove
che ha sempre evidenziato nlo stile musicale dell'artista. I componenti della
band sono: Chitarra (Ermanno Mangia), Tastiere (Fernando Chiriacò), batteria
(Antonio Murciano), basso (Leo Klaus Cannazza). Inoltre la band vanta una
collaborazione assieme allo storico sassofonista di Zucchero, Frank Raya.
Info
info@note-di-vino.it
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+39 340 90 98 835
Via Vittorio Veneto, 55 - 73049
Ruffano (LE) - Italia
domenica 28 ottobre 2012
Il nuovo numero della rivista multimediale di Rai Letteratura
E' uscito il nuovo numero della rivista multimediale Raileteratura.
Si scarica gratuitamente sull'Ipad o dal sito di Railetteratura. Molte le
novità dal Festival di Ferrara ad Augias sino a Massimo Cacciari e Francesca
Palumbo con il suo “Il tempo che ci vuole” edito da Besa editrice. Non mancano
i consigli di lettura di Billy Il vizio di leggere.
POETICHE DEL PENSIERO
Come ogni anno, nell’ambito delle
cerimonie conclusive del Premio Lorenzo Montano, la rivista “Anterem” promuove
– in collaborazione con la
Biblioteca Civica di Verona – un Convegno di poesia. Sono in
cartellone quattordici appuntamenti nel corso dei quali la poesia incontra la
filosofia, la musica, la psicoanalisi e l’arte. Tali eventi si svolgono da
sabato 10 novembre a domenica 18 novembre 2012 negli spazi della Biblioteca
Civica di Verona, via Cappello 43.
Il Convegno ha per titolo
“Poetiche del pensiero” ed è curato da Flavio Ermini e Ranieri Teti.
La finalità è far emergere
l’intima relazione che unisce la poesia e le complesse problematiche del nostro
tempo. Tra i relatori: Lorenzo Barani, Stefano Baratta, Alfonso Cariolato, Agostino
Contò, Paolo Donini, Stefano Guglielmin, Tiziano Salari, Carla Stroppa,
Vincenzo Vitiello.
Questa manifestazione muove da
un’identità poetica molto precisa, caratterizzata dalla posizione concettuale e
dal percorso di conoscenza della rivista “Anterem”. L’intento è di far amare a
un numero sempre più vasto di lettori la grande poesia contemporanea e della
modernità.
Con questa iniziativa “Anterem”
vuole dare una visibilità critica sempre maggiore alle opere dei poeti
vincitori, dei finalisti e dei segnalati per tutte le sezioni in cui il Premio
Lorenzo Montano si articola: “Raccolta inedita”, “Opera edita”, “Una poesia
inedita”, “Una prosa inedita”, “Poesie scelte”.
L’ingresso è libero. Il programma
è qui
sabato 27 ottobre 2012
Le straordinarie avventure di Julio Jurenito di Il’ja Erenburg (Meridiano Zero - Odoya). In libreria dal 7 novembre 2012
Pubblicato per la prima volta a
Berlino nel 1921, Le straordinarie avventure di Julio Jurenito resta con ogni
probabilità il miglior romanzo di Il’ja Erenburg, giornalista, poeta,
commediografo e romanziere russo scomparso nel 1967 dopo essere rimasto
ininterrottamente alla ribalta della vita letteraria sovietica e
dell’emigrazione con la versatilità di un ingegno inquieto, brillante,
originale e quanto mai libero da visioni precostituite. Vera e propria
enciclopedia satirica, il libro ha una sua originale fisionomia di roman
philosophique, uno stampo volterriano animato da una estrosa, ininterrotta
girandola di trovate. Parigi, 1913. In un caffè su
boulevard Montparnasse il giovane Erenburg incontra l’enigmatico Julio Jurenito
con la sua pipa olandese, e di primo acchito lo identifica nientemeno che con
il Diavolo in persona… un diavolo che beve birra, per giunta, e nella cui
comica apparizione in un contesto tanto prosaico non possiamo non riconoscere
il successivo Voland di Bulgakov. Jurenito però si schernisce: “No, scherzi a
parte, io non sono il diavolo. Lei mi lusinga”. Il ritmo del racconto è quello
svelto e concitato dell’avventura che si muove attorno al gran personaggio di
Julio Jurenito, messicano geniale e poliglotta, uomo di mille esperienze, gran
provocatore la cui saggezza cela un nucleo amaro e pungente sotto il brillio di
un disinvolto scetticismo, profeta di una non-filosofia che richiamerà al suo
seguito un’assortita setta di devoti nichilisti. Tutto il mondo sarà
rappresentato nel bizzarro seguito:
- Il’ja Erenburg: “avatar” dello
stesso autore, giovane e squattrinato scrittore russo molto critico nei
confronti del suo popolo e del suo paese, si autoelegge evangelista e biografo
di Julio Jurenito, destinato a tramandare ai posteri vita e miracoli
dell’estroso Maestro.
- Mister Cool: miliardario
americano dall’eccezionale senso manageriale, portatore del verbo del dollaro e
della bibbia.
- Aiscia: dolce e ingenuo
senegalese adorato dal Maestro proprio perché non ancora contaminato dalla
società occidentale.
- Aleksej Spiridonovič Tišin:
intellettuale russo patriottico, astratto e intimista, autoreferenziale,
depresso e perennemente assorto in trastulli esistenziali.
- Ercole Bambucci: spavaldo
libertino romano, scioperato di professione, tiratore scelto di sputi, dalla
capacità tutta italica di restare a galla in ogni situazione.
- Karl Schmidt: razionalissimo
tedesco determinato a portare ordine nel caos del mondo, avvantaggiato in ogni
situazione e sempre inquadrato nei ranghi.
- Monsieur Delhaie: edonista francese,
gran viveur, innamorato della vita nella sua semplicità (medio) borghese,
attivissimo nel business delle pompe funebri.
A interagire con i protagonisti,
sempre colti nel luogo e attimo fuggente tra gli scenari della convulsa storia
mondiale di inizio secolo, le audaci comparse di personaggi reali
dell’intellighenzia: da Diego Rivera a Pablo Picasso, da Vladimir Majakovskij a
Charlie Chaplin. Nell’Europa in tumulto di questi densi decenni i nostri
attraverseranno innanzitutto la
Prima guerra mondiale, prodigandosi a mettervi rimedio con
afflato pacifista, poi la
Rivoluzione d’Ottobre del ’17, colta dapprima con ingenuo
entusiasmo, poi con grande allarme e disillusione, nell’entropia di
sovvertimenti governativi, file per i beni razionati, appartamenti
sovraffollati, dettami sulle direttive dell’arte e della scrittura del realismo
socialista, piani di produzione stakanovisti, sabati comunisti, dibattiti e
conferenze su ogni inezia. Il Maestro, un “arrabbiato” e un “apocalittico” ante
litteram, prima di scegliere di morire a 33 anni “per un paio di stivali”,
annoiato da un mondo che non accenna a cambiare le sue regole, guiderà la sua
setta di comici discepoli attraverso le contraddizioni della storia,
identificando il giogo politico con un bastone (non importa chi sia a tenerlo
in mano), e l’intera società civile con un aeroplano che non vola, in attesa di
un armonia ancora ben lontana da venire. E proprio in questo consistono i suoi
insegnamenti: nell’imparare a escogitare originali strategie di sovversione
dirette a colpire i miti tanto della vecchia società borghese quanto del “nuovo
mondo” bolscevico: religione e papato, Internazionale Socialista e
nazionalismo, capitalismo americano e democrazia francese, arte elitaria e
consumismo di massa, in una esilarante satira eretica e libertaria il cui
sarcasmo è permeato di rara umana empatia. Ed è con straordinaria preveggenza
che Erenburg poggia la sua penna agile, colta e leggera su religione,
prostituzione, marketing, matrimonio, sterminio della razza giudaica, concorsi
a premi, comunicazione giornalistica, procreazione assistita, ordigni di
distruzione di massa, dissacrando ogni ideologia e arrivando ad anticipare
l’Olocausto e Hiroshima. Se il riso nasce dal contrasto improvviso tra l’idea e
la realtà empirica, di fronte ai quotidiani inciampi della sgangherata macchina
sociale, esso si trasforma amaramente in sarcasmo sotto l’influsso dello sdegno
appassionato di chi veda continuamente offesa la sua fede in un mondo migliore
e più saggio. Questo libro appare così come la vendetta di un idealista russo,
di un poeta al cui spirito profetico il mondo presente appare irrimediabilmente
illogico e cieco. Di qui nasce la satira di Erenburg, che non risparmia
nessuno. Per capire l’uomo dietro a un’opera così unica nel suo genere invito
alla lettura della prefazione di Gian Piero Piretto, in cui si legge, tra le
altre cose: Figura costantemente a cavallo tra adesione e rifiuto, entusiasmo e
biasimo, oscillazioni non certo dettate dall’incostanza o da una superficialità
emotiva, ma piuttosto dalla capacità e volontà di non perdere mai la
fondamentale dote della distanza dall’oggetto di indagine, dello sguardo che i
formalisti russi in quegli stessi anni avrebbero teorizzato come “straniato”,
non contaminato dalle passioni, dall’abitudine, dalla convenienza. Le
avventure, davvero straordinarie, di Julio Jurenito costituiscono pertanto un
vero classico dimenticato della letteratura di tutti i tempi, di incredibile
attualità profetica e da troppi decenni scandalosamente assente sugli scaffali
delle librerie italiane. Senza leggerne dei brani è ad ogni modo difficile
entrare nello spirito di questo volume: trova una serie di estratti in
allegato. Per l’occasione pubblichiamo una nuova traduzione completamente
rivista e aggiornata da Caterina Ciccotti. Lo Jurenito di Erenburg non si
riproponeva dal 1969 (Einaudi). Sarà in libreria il 7 Novembre a 18 €.
venerdì 26 ottobre 2012
METZ - Wet Blanket
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Gabriele Torsello con Camera Oscura al Note di Vino il 31 ottobre 2012
La rassegna “Sorsi di cultura di-libri/di-vni “organizzata
da Agave Comunicazione e Note di Vino parte il 31 ottobre con Camera Oscura di
Gabriele Torsello. Dialoga con l’autore Fulvia Liquori. Introduce l’autore
Paolo Vincenti. Il giornalista racconta, nel suo lavoro, attraverso immagini e
parole dense e forti, un volto nuovo e spesso ignorato dell’Afghanistan,
l’incontro con la vita quotidiana di un popolo così “diverso” rispetto alla
nostra cultura, per storia, tradizioni e
religione, e che la “stampa istituzionale” filtra senza mezzi termini. Com’è
vivere in Afghanistan? Ne sentiamo parlare da diversi anni, ma possiamo dire di
conoscere sul serio questo popolo? Torsello, impegnato sostenitore della
libertà di stampa, ha viaggiato in questi luoghi "VESTITO da afghano, non
travestito", come tiene a sottolineare. L’esperienza di Torsello in questi
territori, anelata fin dall'indomani degli attentati dell'11 settembre 2001, è
paradigmatica delle contraddizioni che la animano, e, concretizzatasi qualche
anno dopo, si conclude con il rapimento del giornalista, nel 2006, durato 23
giorni, esperienza umanamente ed emotivamente molto forte e nucleo del foto
libro stesso, rapimento risoltosi bene ma ancora caratterizzato da ambivalenze
e ombre.
Kash Gabriele Torsello è un fotogiornalista indipendente
nato in Italia nel 1970. Lavora ad a una serie di progetti mediatici diretti a
promuovere e sollecitare dialoghi e scambi socio-culturali attraverso l’uso
della fotografia. Dal 2007 Kash lavora a una serie di progetti mediatici
diretti a promuovere e sollecitare dialoghi e scambi socio-culturali tra Europa
e Afghanistan, attraverso l’uso del fotogiornalismo e il coinvolgimento delle
popolazioni locali e delle relative istituzioni, organizzazioni, associazioni e
aziende. (http://kashtorsello.com/)
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La Contessa di Lecce di Liliana D’Arpe oggi alla Feltrinelli Point di Lecce
Sarà presentata la Contessa di Lecce di
Liliana D’Arpe venerdì 26 ottobre 2012 ore 18,00 presso la Feltrinelli Poitn
di Lecce in via Cavallotti 7/a, il nuovo lavoro di Liliana D’Arpe dal titolo
“La contessa di Lecce” edito da Lupo editore. Presenterà l'autrice e il suo
romanzo LOREDANA DI CUONZO, Direttrice dell'Ist. Classico Palmieri di Lecce.
Ci sono storie che ci aiutano a
trascorrere un po’ di tempo della vita, spesso così complicata, ambigua, poco
chiara. Ci sono storie che ci fanno conoscere dei personaggi che ad un certo
punto vorresti fossero tuoi amici, per passare del tempo insieme a loro, al di
fuori delle pagine. È il caso della famiglia Darini, di Caterina e Dalila,
della loro bontà e pulizia nel cercare di lottare contro gli attacchi e gli
agguati di familiari privi di scrupoli e troppo infelici per lasciarle in pace.
In situazioni del genere solo l’intervento di uno spirito buono potrebbe… In
una Lecce solare, in balia di profumi e colori, del suo passato e del suo
avvenire, tra l’Università e il Centro Storico, in palazzi pieni di storia e di
fascino si dipana un’avventura in cui fantasmi, risate, innamoramenti, gioie e
dolori si intrecciano a comporre una storia leggera d’emozioni. Con, come
sfondo, l’incanto e la magia di una città calda e mediterranea. Un mondo di
buoni sentimenti e delicatezze dovrà difendersi dall’attacco di insospettabili
(e non) pronti ad approfittare di ogni minima debolezza e piccola titubanza. La
lotta tra il bene e il male si svolgerà fino alla fine, non lasciando
indifferenti in cielo ed in terra. Una lettura che ci farà dimenticare i mondi
di carta densi di buio e pesantezza e ci consolerà con la leggerezza e le dolci
linee degli attori di quest’avventura. Il fantastico, il romantico, i buoni sentimenti
ed un inarrestabile senso di giustizia ci riscalderanno come una delicata
primavera.
Liliana D’Arpe - Leccese, nasce
artisticamente all’età di dieci anni come cantante di musica leggera, si
afferma localmente come interprete femminile della canzone folk. Presidente
dell’Associazione culturale “Il Saraceno” dal 2006, scrive, dirige e porta in
scena tre commedie musicali in vernacolo. Con "La Contessa di Lecce" è
al suo primo romanzo.
giovedì 25 ottobre 2012
CAROLINA BUBBICO AL NOTE DI VINO DI RUFFANO IL 27 OTTOBRE
La musica la fa da padrona
al Note di Vino nel cuore del Salento, a
Ruffano (LE) in via Vittorio Veneto 55. Secondo appuntamento di note in
collaborazione con Agave Comunicazione, il 27 ottobre a partire dalle 22,00
questa volta con una grande artista come Carolina Bubbico. Carolina Bubbico figlia
d’arte, musicista dalla formazione versatile e dotata di grande sensibilità
artistica, proveniente da esperienze che la vedono al lavoro in veste di
autrice, arrangiatrice e vocalist in più formazioni musicali. E' laureanda per
il triennio di musica Jazz presso il Conservatorio Nino Rota di Monopoli. Dopo
il suo esordio nel gruppo corale Sudivoce vocal ensemble, la roots band Shaken,
nel quartetto vocale Vuaolè e nella rock band Lola & the lovers, Carolina
approda ad un progetto solistico nel quale manipola, trasforma e modella a suo
piacimento suoni e musica. Dal 2011 è impegnata in veste di direttrice e
cantante dell’orchestra jazz Swing Big Band del Conservatorio Tito Schipa di
Lecce. Nella veste solistica Carolina riceve in agosto 2011 il premio "Best
instrumentalist" nella sezione New Generation del Jazz Up Festival di
Viterbo per la direzione artistica di Greg Burk. e il premio della sezione
Videoclip del progetto Officine della Musica con il suo singolo “A me
piacerebbe ridere”. In gennaio 2012 Carolina registra il suo primo album
“Controvento” contenente 9 brani originali da lei composti e arrangiati. In
febbraio 2013 Carolina approderà al grande schermo con il film ”L’amore è
imperfetto” per la regia di Francesca Muci e prodotto da R&C produzioni /
R.A.I. cinema, partecipando sia al cast che alla colonna sonora. (la foto qui
riprodotta è di Gianvito Matarrese. La bio a cura di Workin produzioni
http://www.workinproduzioni.it/)
Info
info@note-di-vino.it
Su Facebook
Tel +39 340 33 86 316
+39 340 90 98 835
Via Vittorio Veneto, 55 - 73049 Ruffano
(LE) - Italia
Recensione di Alessandra Peluso su La domenica pensavo a Dio / Sonntags dachte ich an Gott di LUTZ SEILER, a cura di Paola Del Zoppo, Roma (Del Vecchio Editore).
« ... Il genio del cuore che fa ammutolire ogni voce troppo sonora e
ogni compiacimento di sé insegna a porsi in ascolto, che leviga le anime scabre
e infonde loro un nuovo desiderio da assaporare
- quello di starsene taciturni come uno specchio affinchè in esse si
rispecchi il profondo cielo. ... Il genio del cuore che sa divinare il tesoro
occulto e obliato, la goccia di bontà e di dolce spiritualità sotto un ghiaccio
torbido e spesso, ed è una bacchetta magica per ogni granello d’oro, che a
lungo sia restato sepolto nel carcere di molto fango e sabbia ... ». Nei versi di Ecce homo, opera come sappiamo di
Nietzsche, identifico Lutz Seiler e l’intera raccolta di poesie La domenica
pensavo a Dio. La genialità dell’autore trabocca come sorgente fresca e
zampillante in ogni singolo verso e trasforma con una bacchetta magica
estraendo dalla seppellitura ogni parola fuori dall’ordinario. Il suo modo di
scrivere è infatti stra-ordinario, non rientra affatto nella consuetudine dei
versi contemporanei. L’intera raccolta di poesie narra la sua vita in un modo
insolito come se scrivesse un romanzo. Il poeta tesse la tela di un racconto
che da un inizio potrebbe portare ad un improbabile fine. Utilizza una miriade
di strumenti stilistici, letterari che darebbero modo a diverse interpretazioni
ma che hanno un solo senso, quello che soltanto l’autore sa: ogni parola non è
lasciata al caso, tutto ha un significato e una storia, persino termini come
pech / blenda o & sono pregni di senso e significato. Si legge nella poesia pech & blenda:
«il soffio su di noi dai grandi alberi abitati / da sempre immerso / nel tempo
dei discorsi, lingua degli alberi / ... / che anche nostro padre lo gradiva, lo
/ chiamava un sostegno alla memoria, una cabina di / controllo dal suo cuore,
seme / di passi appena mossi, di mezzi cingolati, di oli e minerali /... /».
(pp. 37-39). Con questi versi il lettore danza ad un ritmo tarantolato, sud e
nord del mondo si identificano - forse la similitudine può apparire azzardata -
questa musica, e si fa trasportare, sconvolgere, inquietare proprio perchè
Seiler narra la triste e solitaria vita di un paesino piccolo della Turingia,
Gera. Qui si lavorava nelle miniere di uranio, l’isotopo 235, in particolare,
chiamato in lingua tedesca pech & blenda, minerale radioattivo estratto
nelle miniere di uranio della DDR della Società Wismut, su commissione
dell’Unione Sovietica e dove la gente come suo padre si riduceva ad ossa
contaminate, divorate dalle radiazioni: «l’osso biancastro sì erano ossa / con
minerali e oli russi /» (p. 39). I versi si snodano muovendo da un ritmo
tarantolato ad un dondolio leggiadro:
«dalle altalene giù / bulloni in autuno & su / in aprile. Ogni
giorno / la periferia pendola sotto / gli alberi e ogni ora / sui cortili del
cielo cadono/ rondini sbriciolate & ne risalgono ben ricucite: la gravità /
pende dai loro occhi». (p. 53) Allitterazioni, enjambement si alternano
vorticosamente in questa poesia e nell’intera raccolta. Pertanto definirei Lutz
Seiler il filosofo della poesia. Canta le sue liriche come Nietzsche e Camus i
loro pensieri, con una sublime e originale forma che fonda una possibile poesia
di vita, densa di significato e di senso, capace di comunicarla. Ecco che
questa vita narrata erompe dalla bocca del poeta come il suo desiderio di
parlare, la bramosia di farsi ascoltare perchè nessuno dimentichi la sua
storia. Seiler dà il titolo all’opera La domenica pensavo a Dio, lo stesso
titolo di una poesia che aveva scritto «la domenica / mentre / giravamo la
città in autobus. / alla pozza per gli incendi sulla strada una cabina /
elettrica & quaranta & tre / cavi correvano dall’aria in quella cabina
di compatti mattoni cotti; là / nella cabina sulla strada abitava dio [...]».
(p. 5). Il poeta narra un triste avvenimento in cui aveva assitito da giovane:
la morte di un uomo fulminato dai cavi elettrici di una cabina sul ponte
elevatore. Poi si legge: «i passi
ricordano il buio, la pausa / tra le lezioni nel bosco, il suono sulla scala,
il battito / sui nomi comuni il sale del ricordo, premuto / & assordato
dietro le orecchie / si fermava il tempo, dall’ / infanzia qualcosa era /
pronta per dopo, da sempre / valido da più tempo ... è un sale di / uccelli
spezzati dietro le orecchie, ... /». (pp. 99-111). E ancora: «si posa il breve
pelo verde / dalla terra dal / lato pallido, non / lisciato, si tende il manto
della / bocca nelle citazioni, così come /... /». (p. 127). Questo modo di narrare i versi fa pensare alle
liriche di Heinrich Heine, celebre poeta tedesco, che ha raccontato con abilità
stilistica, dando un tono ai suoi versi anche nell’esprimere sensazioni e
sentimenti personali.
Così si ascolta il ritmo leggendo: «il luogo germina sotto / la mano,
nel viso, parlando / con la bianca / cruda, faccia interiore /... /» (p. 145)
e: «delfino o farfalla - / che
concatenazioni, inventate, segni dalla / gomma dura delle cuffie: nome /
classe, lettere / grandi, già sciolta / la scritta a sfera calcata / sulla
colonna cranica ... / ... /: delfino o farfalla - / Chi sa nuotare, narra /
dell’approdo alla sua vita ossa / atrofizzate pinne a farsi / gambe di ragno la
sera, anche / al crepuscolo degli alberi: ma / ... / ». (pp. 175-177); non si
può non notare la drammaticità della realtà vissuta con uno straordinario uso
di metafore forse per rendere più degno a lui e al lettore il passato di una
vita vissuta. E tuttavia: « / ... / ti è
saltato in pieno viso & / senza fiato due secondi hai / cantato con la voce
morta / del tuo canto». (p. 183). Sono canti che accomunano l’intera sinfonia
di Lutz Seiler che si ascolta come se fosse la sinfonia di Richard Wagner,
L’anello del Nibelungo che costituisce un continuum narrativo comprendente i
quattro drammi musicali da L’oro del Reno al Crepuscolo degli dei. Proprio
nella magica ma al tempo stesso inquietante musica wagneriana si dipana la
poesia di Seiler, l’autunno: «è silenzio & uso. L’autunno / è rastrello,
legno, è lieve / frescura sugli occhi & / una pelle d’oca fortuita. /... /
stagionano i progetti. Il fogliame brucia, la sabbia / ancora calda sotto la
cenere, ora lo avverti / sulla tua mano: qualcosa vuole / andarsene &
qualcosa non partire mai ... /». (p. 227). La domenica pensavo a Dio è «una
fonte inesauribile dove non si può calare il secchio senza farlo risalire colmo
d’oro e di bontà». (Nietzsche).
mercoledì 24 ottobre 2012
Le Fiabe Ungheresi di Francesco Spilotros a Bari
Sarà presentato il 25 ottobre
2012 alle ore 16,30 il libro edito da
Besa Editrice di Francesco Spilotros dal titolo “Fiabe ungheresi” che si terrà
a Bari alla Scuola Primaria del IX Circolo Japigia 1 presso il plesso Don Orione, nell’ambito della
rassegna "Nostro mercoledì letterario".
Le fiabe ungheresi hanno l’ardire
di affrontare in campo aperto questioni pedagogiche di alto profilo. Con una
lettura trasversale che coinvolge tutte le fiabe, si può affermare che il
progetto educativo che portano avanti, unitariamente, è quello per una società
democratica che faccia del dialogo la sua dimensione fondativa. Le fiabe
ungheresi spingono verso un’educazione che sia impegno a elaborare e coltivare
una tensione infinita sia verso la realtà esterna sia verso una realtà interna,
verso se stessi alla continua ricerca di significato. E lo fanno preparando
alla vita i piccoli lettori attraverso mille temi, svariati personaggi,
infinite avventure, multiformi situazioni.
Francesco Spilotros (1968),
insegnante, sposato con tre figli, è laureato in lingue e letterature straniere
e in scienze della formazione primaria. Collabora con la cattedra di storia
della letteratura per l’infanzia dell’università di Bari. È socio fondatore
dell’associazione internazionale di lettura e letteratura per l’infanzia
L’Aquilone, nata a Bari nel 2007, e della omonima rivista specializzata di
letteratura giovanile (www.associazionelaquilone.info). Sul sito http://www.montessorimola.net/
gestisce il blog Didattica e dintorni.
Info: www.besaeditrice.it
VIVI TU PER ME di Paolo Mosca (Sperling and Kupfer). Intervento di Vittoria Coppola
La lettura di questo romanzo è
cominciata con un preciso intento:
rintracciare un senso condivisibile - nella “scelta” fatta dai
protagonisti, che si rivela colonna portante della storia narrata. La trama ci propone, a conti fatti, qualcosa di
inverosimile, irrealizzabile nella realtà comune. È vero però, che i due
aggettivi da me utilizzati, provengono da chi non ha sentito sulla sua pelle il
brivido gelido del “conto alla rovescia”.
Pertanto, freno le mani su questa tastiera e dico a voce alta: “Cosa
posso saperne, io? E se – invece – quella vissuta da Laura e Pietro fosse la
forma più alta d’amore e dedizione l’una verso l’altro?” Ed è proprio in questo
momento di dubbio che intravedo nella scrittura di Paolo Mosca qualcosa di
profondamente umano, che mi piace. E molto. Vivi tu per me, se fosse mai
possibile. Spalanca gli occhi e il cuore
alla vita. Gira il mondo. Sorridi. Amati e rispettati. Allontanati da tutto
quello che può riservarti solo amarezza e dolore. Prendi le distanze dalla
morte: tu che puoi farlo. Pietro, sceneggiatore di successo che si vede
vigliaccamente consumare da una rara malattia, pare voler dire tutto questo
alla sua amata Laura, ex modella, più giovane, ma che gli è accanto da dieci
anni. A novanta giorni dalla morte di lui, i due innamorati fanno un patto che
va al di là della ragione, un po’ come l’amore.
Questo patto delinea i contorni di ogni vicenda narrata, almeno fino a
quando il gelido conto alla rovescia non arriva a dire “meno uno”: e lo spazio
bianco è improvvisamente dipinto di colpi di scena. Vivi tu per me è un romanzo
da comprendere, una storia di unione che ti pone delle domande. Un pezzo di
vita che ti risponde con calma ingannevole:
una calma solo apparente, irreversibilmente scandita dal tempo: novanta,
ottantanove, ottantotto, ottantasette … .
martedì 23 ottobre 2012
Recensione di Alessandra Peluso su “Mi fa male una donna in tutto il corpo” di MATTEO MARIA ORLANDO (La Vita Felice)
Leggere i versi di Matteo Maria Orlando fa
riemergere dei bei ricordi che vorresti fossero sempre parte del presente e che
riguardano l’innamoramento. Innamorarsi è come per la natura a primavera,
fioriscono i sensi e rinverdisce l’animo umano. Innamorarsi è come nascere ogni
volta a nuova vita, emozioni ti sconvolgono e travolgono investendo mente
e corpo. Così è accaduto a Matteo Maria
Orlando che traduce il suo innamorarsi di una donna in versi estatici dal titolo
Mi fa male una donna in tutto il corpo. Può risultare contraddittorio questo
titolo, ma in realtà l’amore non è sempre positivo, può provocare ferite, può
far soffrire e infatti J.L. Borges scrive: «è l’amore: l’ansia e il sollievo di
sentire la tua voce / ... / Il nome di una donna mi denuncia, mi fa male una
donna in tutto il corpo». Ma nonostante questo non si può far a meno
dell’amore. L’amore in ogni epoca e da
ogni uomo, dal filosofo, poeta, intellettuale, cantastorie è decantato. Questo
sentimento che inebria come l’incenso. «Ti guardo / desto al mattino / e dal
fondo dei tuoi occhi, mi afferra / un cantico lontano. / ... / Sei l’oscuro
manoscritto / l’enigma del primigenio e vai, tra labirinti arroccatti / oltre
le porte di Medina». (p. 25) « ... Incenso il tuo profumo, investe i chiostri,
/ inonda e dirige dinamiche d’ascesi. Vibra il petto sotto i mantra che a te
innalzo». (p. 43). Si nota come l’autore percorra con straordinaria semplicità
e bellezza un viaggio che dall’Oriente ad Occidente passando per le terre
d’Otranto e Lecce barocca, abbraccia con i versi il sentimento comune,
universale che è l’amore.
“L’amore prorompe spontaneo dal cuore umano, e
attinge ogni sua bellezza e ogni forza dalla libertà infinita in cui si muove”.
(P. Mantegazza)
«Pallide / le tue carni somigliano allo
scrigno d’Otranto / forgiato nella valle cobalto». (p. 27) E si legge: «Aquila
sull’altopiano del Tibet / sorvolo le pendici dei tuoi seni / e in te mi
affaccio, mia Regina». (p. 29) Così ancora pensa alla sua donna come «Fiume
carsico dal corso occulto, / vesti la gloria / d’una Gerusalemme liberata». (p.
35) Prosegue il viaggio approdando nella
mistca India: «Stola in lino, fasci il petto del birmano / eco lontana, marcia
solenne di campana a morte / pelle tesa del tamburo, percossa dalle dita di
sciamano». (p. 43). «Somigli quando taci / ai passi pesanti del Tevere,
affondanti nella città dormiente. / Sancho barocca: Lecce ti è serva. / Abiti
corti scavate nei tufi / - dove il libeccio dà voci alle ombre - / e tiri, alle
tue reti, / le guance pesanti di Santa Croce / e il vergine tratto del duomo di
Zimbalo». (p. 45). Versi densissimi in cui si avverte l’eco dell’illustre
Neruda: «Mi piaci quando taci perché sei come assente / e mi ascolti da lungi e
la mia voce non ti tocca. / Sembra che gli occhi ti sian volati via / e che un
bacio ti abbia chiuso la bocca». L’affascinante lirica di Neruda sull’amore ha
pervaso tutte le sue poesie così come Orlando in Mi fa male una donna in tutto
il corpo. Come ogni viaggiatore dopo peregrinazioni varie raggiunge finalmente
la sua meta, si pensi ad Ulisse e la sua Itaca, così il poeta raggiunge la sua
isola: «Sei l’isola che l’esule / rimpiange nell’ultimo sospiro». Muovendo
dall’ultima poesia della raccolta di Matteo Maria Orlando, mi piace concludere
con un’acuto pensiero di Paolo Mantegazza contenuto nell’opera Fisiologia
dell’amore: «Ad ogni volta ch’io vedo un fiore che si apre e sorride sull’orlo
degli abissi, mi ricorre sempre alla mente lo stesso pensiero: ecco l’amore,
che sembra vivere sempre fra due infiniti, uno di altezza e l’altro di
profondità. Mentre lancia in alto le sue aspirazioni, mentre sembra cercare nel
cielo spazio e luce, egli approfonda le sue radici nei più sottili meandri
delle rocce e nei più oscuri misteri dell’abisso. ... Ė pensiero sulla cima del
monte, è nervo laggiù nella valle, guida il poeta quando scala il paradiso,
accompagna l’uomo quando si tuffa nell’onda calda della sensualità; vergine e
padre in cielo, amante e sposo sulla terra. Se vivere vuol dire esistere nella
forma più bella della vita, l’amore è la ricchezza, è il lusso, è lo splendore
della vita: l’amore è il divino dell’umano». Insomma innamorarsi dell’amore è quanto di più
importante possa accadere nella vita di un uomo e di una donna.
lunedì 22 ottobre 2012
Chi comanda Torino di Maurizio Pagliassotti (Castelvecchi). Intervento di Nunzio Festa
Un popolo intero attende la bara. Ma non è il feretro di
Berlinguer, come cantavano invece i Modena City Rembels. La 'gente' oggi piange
e applaude il potere. Almeno a Torino; ma non solamente a Torino. Epperò
Torino, a legger il graffiante "Chi comanda Torino" di Maurizio
Pagliassotti, oramai la città delle donne e degli uomini, nella sua stragrande
maggioranza (perché sappiamo invece del dissenso dell'Askatasuna, del resto dei
NoTav e del Gabrio che si difende oggi proprio dallo sgombero del potente -
vedremo perché - Fassino) non ha nessuna voglia di criticare il potere che l'ha
assopita, anestetizzata, sfregiata da debiti e prepotenze; innanzitutto perché
non conosce i volti dei suoi dominanti. Quindi è compito del giornalista
Pagliasotti entrare nei meandri del potere, come si dice. A far calare, come si
dice, le maschere. Dalle quali appaiono i volti d'una lunga serie d'ex
comunisti del Pci, dirigenti sindacali di decenni fa o solo di qualche anno fa,
banchieri, palazzinari, tecnichi in nome Fornero ecc., la famiglia Fiat e tutto
il suo contado. Un po' di nomi, vedi quello dell'ex sindaco Chiamparino su
tutti, che normalmente è battuto dagli asserviti e assoggettati mass media.
Insieme ad altri che raramente vengono fuori dall'ombra. Da quel grigio adesso,
ragiona il giornalista, stordito dalle luci dei negozi del centro e dalle forti
illuminazioni che le amministrazioni comunali hanno inventato: a far
dimenticare della recessione che crese. Dei problemi. Maurizio Pagliassotti,
davvero, spiega chi sono, da quanto tempo e con che forze i regnanti di Torino.
Leggendo, per dire, il già citato Chiamparino e il collega d'ideologia
riformista Piero Fassino. Andando nelle cariche della Compegna Intesa San
Paolo. Nei zone di Ghigo e di Valentino Castellani. Da canchieri e costruttori,
soprattutto. Nel bel mezzo della dismissione dell'industria. Nel cammino dello
smantellamento di capannoni e diritti garantito dalla Fiat: che ha continuato a
succhiare soldi, anche, dalla Regione Piemonte. Nonostante il sogno dei
dominanti, da oltre vent'anni, è di sostituire il lavoro con il consumo. La
produzione con il commercio. Seppur turismo e cultura non funzioni proprio. E
nonostante i tanti soldi spesi. I debiti fatti dal Comune. Tipo quelli nati
grazie alla grande idea delle Olimpiadi Invernali del 2006; dove appunto han
vinto le banche e le imprese di costruzioni, che poi spingono e giostrano i
loro referenti politici. Con la supremazia delle cooperative rosse, che però
viaggiano nella spartizione con quelle bianche. Spesso a discapito
dell'interesse generale. Manovratori con manovratori sono analizzati nel libro
di Pagliassotti. Il culto e il pragmatismo della nuova ideologia riformista che
deve puntare all'urbanistica saldata col cemento. Durante lo svuotamento delle
coscienze.
sabato 20 ottobre 2012
Supersimmetry di Francesco Cuna (Kurumuny)
I personaggi di Cuna ti accolgono in silenzio e ti chiedono
di sostenere quel silenzio mentre li osservi. Un silenzio fatto di simmetrie
bizantine, prospettive inattese, canoni proporzionali aggirati, deformità
sfuggenti, volti imperscrutabili e poi ocra, sabbia, terre, grigi,
sovrapposizioni di materiale pittorico che invece di dare un opprimente senso
di stratificazione, lasciano intuire quello dell’immaterialità. Quello che
l’artista intrattiene con la
Pittura è un rapporto viscerale, che non smette di riservare
sorprese, ma è fatto anche di certezze e familiarità, dovute alla padronanza
conquistata attraverso un’ininterrotta esplorazione del mezzo. Al contrario la
relazione di Cuna con la Storia
dell’Arte si rivela complessa, intricata, ricca di apparenti contraddizioni. Lo
sguardo inquieto dell’artista si rivolge in direzioni diverse, come se
scorgesse ad ogni angolo l’ombra di un grande maestro del passato e volesse
afferrarla e trattenerla nel suo presente. Non c’è un filtro tra la realtà e le
opere di Cuna: non credo che i processi che egli attua debbano essere intesi
come una manipolazione di quello che ci appare, ma come una ricerca di verità,
in quello che ci appare. Verità che l’artista riesce a cogliere proprio negli
strappi, nelle maglie della realtà, materializzati nelle incongruenze da lui
messe in evidenza e nelle deformazioni e ibridazioni da lui messe in atto. La
pittura come processo di estrazione di verità.
FRANCESCO CUNA Nasce nel 1978 a Galatina (LE), dove
si diploma all’Istituto d’Arte in grafica pubblicitaria e fotografia nel 1997.
Nel 1998 si trasferisce a Bologna per frequentare l’Accademia di Belle Arti
arrivando ad esporre alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna prima di
diplomarsi in pittura nel 2005. Successivamente (2006) è a Marseille in Francia
dove entra in contatto con l’attività artistica locale esponendo i propri
lavori presso l’Ecole des Beaux Arts. Nel 2007 è chiamato negli Stati Uniti d’America
a realizzare un affresco di grandi dimensioni all’interno del “The Prizery
Museum” Art Center of South Boston (VA) per celebrare il 400esimo anniversario
dei primi insediamenti Europei nell’ambito del progetto “Virginia 2007 Italy
rediscover America” commissionato dal Virginia Museum and Virginia Commission
by Art di Richmond. Rientra in Salento e figura tra gli organizzatori del
“Locomotive Jazz Festival” di Sogliano Cavour (LE) curandone, con Luigi Cesari,
il progetto Arti Visive, realizza i concept della comunicazione e performance
pittoriche durante i concerti nelle edizioni che vanno dal 2007 al 2010. Si è
così esibito sul palco insieme a molti musicisti tra i quali Paolo Fresu,
Antonello Salis, Furio Di Castri, Philipe Catherine, Giovanni Imparato,
Pierpaolo Bisogno, Gianluca Petrella, Raffaele Casarano, Luca Aquino, Franco
Califano, Trovesi ed altri. Nel 2011, dà vita con Alessandro Sicuro, a “B22”,
progetto grafico di natura imprecisata, e nel 2012 aderisce al gruppo “OZIO”
con una prima collettiva curata da Lorenzo Madaro.
venerdì 19 ottobre 2012
Il signore della vendetta di Lara Adrian (Leggereditore)
Gunnar Rutledge ha trascorso gli ultimi tredici anni della
sua vita a escogitare il modo di vendicare l’assassinio di sua madre. Quando
finalmente l’occasione tanto attesa si presenta, Gunnar rapisce Raina, la
figlia del barone D’Bussy, per costringerlo alla resa dei conti. L’incontro con
la figlia del suo acerrimo nemico, una ragazza ribelle e dallo spirito libero,
cambierà per sempre la vita di entrambi. Tra colpi di scena e battaglie, Gunnar
capirà che la vendetta può non essere l’unico scopo nella vita di un uomo. Lara Adrian è una delle regine del paranormal
romance. La serie con cui si è fatta conoscere dal pubblico italiano, La Stirpe di Mezzanotte, è
diventata un successo mondiale; pubblicata in oltre 14 Paesi, è giunta negli
USA al nono titolo. Per Leggereditore sono già usciti: Il bacio di mezzanotte,
Il bacio cremisi, Il bacio perduto, Il bacio del risveglio, Il bacio svelato,
Il bacio eterno, Il bacio oscuro, Il bacio di fuoco e Il bacio immortale.
giovedì 18 ottobre 2012
UNDUETRE STELLA! CORSO DI SCRITTURA E ILLUSTRAZIONE PER L’INFANZIA E I RAGAZZI
UnDueTre Stella! Scrivere e
illustrare per l’infanzia e per i ragazzi è sicuramente una delle declinazioni
del mondo editoriale più interessanti e creativo, fosse altro perché bisogna
non solo immaginare le storie ma vederle lì, sotto gli occhi, di mille colori. Per
questo, dall’esperienza della rivista UnDueTreStella, la Lupo Editore (in
collaborazione con l’ass. DamageGood) organizza un corso rivolto a chi ama il
mondo della scrittura e dell’illustrazione per l’infanzia e per i ragazzi. Lo
scopo è quello di capire e cimentarsi nella realizzazione di un albo
illustrato, sia dal punto di vista della scrittura che dell’illustrazione. A condurci
nel mondo della scrittura sarà il prof. Livio Sossi, Docente di Storia e
Letteratura per l'infanzia all'Università degli Studi di Udine e di
Capodistria, esperto di illustrazione, letteratura ed editoria per l'infanzia,
è direttore editoriale, artistico e consulente per diverse case editrici
(Falzea, Campanotto, Edicolors, Edizioni Euno, SECOP, Arianna, Lupo). Il prof.
Livio Sossi terrà le sue lezioni il 10-11 novembre presso il Conservatorio S.
Anna a Lecce, in un’originale formula full immersion (dalle 09:30 alle 13:30 e
dalle 15:30 alle 18:00). Il modulo proporrà ai partecipanti, in forma di
laboratorio operativo con esercitazioni pratiche, la scrittura delle più
importanti tipologie testuali presenti nella letteratura per ragazzi
contemporanea. Per ciascuna tipologia si forniranno esempi tratti dalla
migliore produzione editoriale contemporanea. Verrà quindi individuata la
struttura narrativa dei testi che fungeranno da modello su cui operare per la
creazione di nuove storie e di nuovi racconti. Si lavorerà inoltre sul
linguaggio (incipit, flashback, testo ed extratesto), sulle richieste, sulle
attese e sui condizionamenti del mercato editoriale e sul fenomeno delle mode. Per
chi è interessato all’aspetto dell’illustrazione e della grafica, potrà seguire
nei due week end successivi (17-18 e 24-25 novembre) le lezioni teoriche e
pratiche del bravo Massimiliano Di Lauro. Originario di Trani, per il suo
talento pubblica “Mi primer viaje” con la galliega OQO Editora, fiore
all’occhiello dell’editoria per l’infanzia europea. Il modulo di Massimiliano
Di Lauro si propone di far luce sugli aspetti che stanno dietro alla
rappresentazione iconica, facendo chiarezza su cosa è lo stile e come trovare
“la propria voce”. Anche in questo modulo, oltre ad una serie di nozioni
teoriche, saranno proposte delle esercitazioni pratiche, allo scopo di chiarire
questi aspetti per comporre insieme un albo illustrato. Sarà possibile l’intero
corso o i singoli moduli. Il corso è a numero chiuso e sarà possibile
iscriversi entro il 5 novembre 2012.
Sono previsti sconti per gli
studenti universitari. Per informazioni e costi chiamare il 3294178895 /
3384598211 o scrivere a redazione@lupoeditore.it.
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