«L'ideale perpetuo è lo
stupore» . "Egrette bianche", la quattordicesima raccolta di poesie
di Derek Walcott, fonde elegia e rapsodia, sul ritmo di temi ricorrenti come
l'eredità coloniale e lo spettro dell'impero, l'approssimarsi della morte e la
scomparsa degli affetti, l'insofferenza per il turismo ("una schiavitù
senza catene, senza sangue sparso") e un amore per il viaggio vissuto nella
consapevolezza - per citare Orazio - che "chi va per mare cambia cielo,
non animo". Iosif Brodskij ha paragonato la poesia di Walcott alle onde di
marea, a frangenti che montano, si ritirano e tornano a lambire la costa,
mentre la magnificenza del suo linguaggio e la profusione di immagini evocano
la lussureggiante natura delle Indie Occidentali. E il lettore non potrà che
restare abbacinato a osservare "queste egrette / che incedono sul prato in
truppe scomposte, bianche insegne / che arrancano derelitte; sono i rimpianti /
scoloriti delle memorie di un vecchio, le loro strofe mai scritte. / Pagine che
svolazzano come ali sul prato, segreti svelati".
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