mercoledì 10 maggio 2017

I ribelli degli stadi. Una storia del movimento ultras italiano di Pieluigi Spagnolo con la prefazione Enrico Brizzi dal 1 giugno 2017 in libreria per Odoya



Pierluigi Spagnolo descrive quarant’anni di tifo estremo in Italia, arrivando a tracciare un ritratto a tinte fosche della situazione odierna degli stadi. Il racconto si sviluppa a partire dalla nascita dei primi gruppi ultras che si ispiravano alla tifoseria inglese, nei primi anni Settanta, per proseguire col conclamarsi del fenomeno (e la canonizzazione di alcuni “rituali” e modalità) negli anni Ottanta;  il movimento troverà il proprio apice negli anni adiacenti a Italia Novanta  per poi scemare a causa di criminalizzazione del tifo estremo dal vivo a favore di un tifo più redditizio: è l’avvento del cosiddetto calcio moderno. La cronistoria dettagliata dei fatti di sangue e le relative reazioni delle istituzioni (incremento del controllo e della repressione, anche tramite leggi ad hoc) è solo una parte del quadro, ammonisce l’autore: il popolo degli ultras in Italia è sempre stato trasversale ad ogni categoria sociale e i violenti sono solo una parte dei tifosi, anche in curva. Per questa lucida ed attuale analisi, Spagnolo si giova (e cita) i gradi nomi della letteratura di riferimento come Desmond Morris, Valerio Marchi e Roberto Stracca (ai quali è dedicato il volumetto). Nei primi anni Settanta nascono i Boys della Roma, uno dei gruppi più longevi, nati lo stesso anno degli Ultrà del Napoli (1972), nel 1973 è il momento della Fiorentina e poi “a caduta” nel 1974 gli Ultras del Bologna e dello Spezia, poi nel 1975 i Panthers della Juventus, nel 1976 le Brigate Neroazzurre dell’Atalanta, i primi Ultras del Bari e i Rangers del Pescara etc etc. Gli anni Ottanta, oltra alla nascita di altre tifoserie come i Mods, del Bologna nel 1982, vedono svilupparsi le coreografie spettacolari. La curva proprio in quegli anni è battezzata come “casa” dagli ultras.  Il primo gigantesco bandierone “copricurva” è del 1981-1982 (Sampdoria)  e le fantasie cromatiche dei primi gruppi, della Juve e della Reggina, del Torino come del Pescara, si scatenano anche utilizzando migliaia di piatti di plastica con i colori delle squadre che, come altre coreografie “creano un effetto da applauso”. Spagnolo si dilunga nella descrizione dell'aspetto performativo. Inno per inno, slogan dopo slogan: la “liturgia” del  tifo estremo. Ben presto, però, le coltellate e i roghi dei vagoni si prendono tutta l’attenzione mediatica. Il caso Luigi Spagnolo (1995) in cui il genoano morì sotto il fendente di un giovane milanista, segnò un vero e proprio punto di svolta, all’interno delle curve stesse. Il “movimento”, che comunica spesso per slogan coniò “Basta Lame, Basta infami” per fare pulizia dai professionisti della violenza. Gli anni Novanta segnarono anche il momento in cui i club videro l’affare non più nel tifo allo stadio, ma in quello alla televisione: la pay TV dà la stura a quello che poi diverrà il “calcio moderno” che da un lato lucra sul tifo (per esempio con il cosiddetto spezzatino) e dall’altro allontana le tifoserie dallo stadio con un processo che dai DASPO arrivano fino alla “tessera del tifoso”…
Gli ultimi anni hanno visto la morte del poliziotto Raciti e quella assurda di Gabriele Sandri. Ma anche il famosissimo Derby del Bambino morto, in cui i capi ultras romanisti fermarono la partita conferendo con il capitano Totti in base a voci infondate fino all'attualissimo, raccapricciante “suicidio” di un tifoso juventino che sarebbe stato la chiave per capire i rapporti tra il potentissimo club torinese e la ‘ndrangheta… Spagnolo ci lascia però con un barlume di speranza, parlando di alcuni gruppi nati dal basso come l’Atletico San Lorenzo a Roma, l’Ideale a Bari, del Quartograd a Napoli, del Brutium a Cosenza, e del Centro Storico Lebowski a Firenze. Questi gruppi potrebbero essere la chiave per un lento ritorno a un tifo più genuino, che, dopo il deserto che allarmismo e grossi club hanno creato in questi anni, potrebbe far tornare gli stadi un posto dove socializzare e cantare slogan per la propria squadra.

Pierluigi Spagnolo è nato a Bari nel 1977. Giornalista professionista, dal 2012 vive a Milano ed è un redattore della Gazzetta dello Sport, dopo aver lavorato al Corriere della Sera, a City e al Corriere del Mezzogiorno. Ha frequentato le curve degli stadi di calcio per oltre vent’anni. Ha scritto il romanzo noir L’estate più piovosa di Milano (Meridiano Zero, Bologna 2015) e il saggio Nel nome di Bobby Sands (L’Arco e la Corte, Bari 2016).


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