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venerdì 16 luglio 2010

Un mattino da cani di Christopher Brookmyre (Meridiano Zero). Intervento di Nunzio Festa

















Parlabene è uno di quegli uomini, anzi uno di quei giornalisti che volta per volta sono buoni a spedirsi nelle pratiche del rapporto diretto e storto con la pericolosa avventura. Questa volta, il pazzo s’intrufola, anzi s’insacca, s’immette in una storia appena appena dopo essersene uscito da un’altra anche più avvincente. Persino fatta di fuga dalla morte quasi certa. Jack Parlabene, nel sempre brillante “Un mattino da cani” dell’altrettanto brillante e ‘pronto’ scrittore di Glasgow Christopher Brookmyre, al risveglio d’una speditissima ubriacata, s’inceppa fuori dal chiavistello del nuovissimo e fresco appartamento poggiato a quello dove arriverà un po’ di polizia; quindi, giustamente, si mette nella capoccia d’usare la casa d’un altro, appena assassinato – ma ovviamente (all’inizio) il giornalista è inconsapevole della morte tutt’altro che accidentale – per tornare nelle sue spoglie stanze. Ponsonby, il fresco cadavere, guarda caso, era uno stimato medico d’Edimburgo, e Parlabene, inizialmente trasferito in mutande in commissariato, decide, giustamente e chiaramente, d’investigare senza remissione da principi. Fare il suo mestiere. Insomma, d’immettersi nella vicenda. A prova di giornalista d’assalto. Appunto. Piano, di scena in scena, il romanzo ci traghetta nelle sensazioni d’una nazione, proprio la Scozia, che come altre deve fare conti e sottoconti, nella travagliata questione delle Asl e della sanità, pubblica e privata, con gli interessi, tanti, personali, e soprattutto con la storia politica di chi si trova, in quel momento la Tachter, a sbrigare le amicizie varie e, in contemporanea, la decisione di privatizzare tutto il privatizzabile che esisteva. Se in certi passaggi pare leggere la sceneggiatura d’una pellicola del divo Quentin, dai dialoghi, azzeccati proprio sempre, sembra di comprendere come Brookmyre invece superi decisamente alcune invenzioni di certo genere. Ogni personaggio, decisamente, è di quelli da ricordare – come si dice; e, ovvio, non solamente il giornalista protagonista della mai doma trama. Si pensi alla divisa lesbica, all’ex moglie medico ecc. L’ironia, e il sarcasmo, le pressioni dello scrittore danno fermenti ai quali il romanzo non può di certo rinunciare. La scrittura di C. Brookmyre, attaccata alla trama allucinata e più impressionate della cronaca dalla quale sicuramente prende piccole e significative mosse, è il fattore cristallizzato nelle vene dei personaggi, per esempio i poliziotti, si potrebbe ripetere, oltre che il sangue acerbo d’una letteratura impregnata della miracolosa, laica, pulsione vitale. In tutto ciò, la traduzione di Curtoni consente di tenere il meglio. La lettura infine spiega un dato: esistono autori viventi da cercare e ricercare.

Un mattino da cani, di Christopher Brookmyre, traduzione di Vittorio Curtoni, Meridiano Zero (Padova, 2010), pag. 318, euro 10.00.

giovedì 15 luglio 2010

Il libro del giorno: Destini incrociati di Diana Gabaldon (Corbaccio)



















1777: la ribellione dei coloni americani sta raggiungendo l'apice e Jamie e Claire sanno che il loro destino è apparentemente segnato. Stare dalla parte dei rivoltosi vincitori non garantisce la salvezza ai Fraser, e Jamie è terrorizzato all'idea di uno scontro a fuoco con il giovane William, suo figlio illegittimo e ufficiale dell'esercito di Sua Maestà. Forse l'unica speranza è tornare a Lallybroch dove, a due secoli di distanza, vivono Roger e Brianna. Nel caos della guerra, però, non è per nulla facile trovare una via sicura e nemmeno Claire, viaggiatrice nel tempo, è in grado di prevedere la tragedia che potrebbe separarla per sempre da Jamie. Nel frattempo nell'apparente tranquillità del ventesimo secolo, Brianna trova in casa una cassetta con le lettere dei suoi genitori e, insieme, a Roger, legge angosciata le peripezie in cui "stanno incorrendo" Jamie e Claire e che, paradossalmente, potrebbero rovesciarsi sul presente e costituire una minaccia per la loro famiglia....

mercoledì 14 luglio 2010

Lotus Production di Marco Belardi acquista i diritti de La Libraia di Orvieto di Valentina Pattavina edito da Fanucci



















La casa editrice Fanucci è lieta di annunciare che la Lotus Production di Marco Belardi, già produttrice di film di successo come Amore 14 di Federico Moccia, Prima dammi un bacio di Ambrogio Lo Giudice, e di trasmissioni televisive come Indovina chi viene a cena (RaiDue) e Cenerentola (RaiTre) ha acquistato i diritti cinematografici del fortunato romanzo di Valentina Pattavina "La libraia di Orvieto" già giunto alla sua seconda edizione dopo un solo mese dall'uscita in libreria.

“Benvenuti nella meravigliosa provincia italiana. Un luogo così dolce, così calmo, così misterioso. Quasi criminale.” Giancarlo De Cataldo

“Valentina Pattavina è una scrittrice irresistibile. Dove era stata nascosta finora?” Vincenzo Mollica

“Il romanzo della Pattavina è come una bella libreria in cui si entra e si resta affascinati.” Rocco Pinto, TTL

“Pattavina, la cui scrittura fresca è un piacere, esordisce in narrativa con una storia di ricerca interiore, di catarsi attraverso il viaggio e di amore per i libri.” Carlotta Vissani, D

“Il romanzo d'esordio di Valentina Pattavina mette assieme dramma, giallo e comicità in uno scenario suggestivo e insolito.” Silvana Mazzocchi, Rep.it

Matilde, una quarantenne romana solitaria e dall’animo ferito, si reca a Orvieto, città antica e bellissima, abbarbicata su una rocca giallastra di tufo, per cercare rifugio. Viene accolta da una comunità semplice e compatta, da un gruppo variegato ed eterogeneo di persone le cui esistenze si intrecciano a formare una catena indissolubile. Al centro della vita di Matilde ci sono da sempre i libri, e adesso anche la libreria in cui le offrono lavoro, per metà antiquaria e per metà moderna. Le sue giornate si dipanano secondo ritmi lenti, a piedi o in sella all’inseparabile bicicletta, alla continua scoperta di scorci della città e dell’animo umano. Gli eventi e i passaggi di tempo sono scanditi dalle sue letture, come se tra le righe di un racconto o i versi di una poesia si nascondesse il mistero del suo dolore, i suoi bubboni mai risolti. Ma anche Orvieto ha i suoi segreti, celati nelle case, nelle viscere dei pozzi, nei boschi di castagni che la circondano. Sarà un castagno millenario e maestoso ad aprire e chiudere la storia, a mostrarci il corpo di un impiccato appeso a uno dei suoi rami, in una cornice oscura e dai contorni imperscrutabili; un fatto accaduto dieci anni prima e ormai dimenticato, che torna alla ribalta per un caso fortuito e condizionerà pesantemente le sorti dell’intera comunità.

Valentina Pattavina (Catania, 1968) ha studiato Archeologia. Dopo un’intensa e più che decennale attività nel mondo dello spettacolo, nel 1996 si è affacciata nell’editoria. Insieme a Vincenzo Mollica, dal 1999 cura la serie Parole e canzoni pubblicata da Einaudi Stile libero e dedicata ai cantautori. Per la stessa collana, tra il 2008 e il 2009 ha scritto tre monografie dedicate a Totò, Alberto Sordi e Paolo Villaggio. La libraia di Orvieto segna il suo esordio nella narrativa.

Il libro del giorno: I colori del nostro tempo di Michel Pastoureau (Ponte alle Grazie)



















Quali sono oggi i nostri colori preferiti? E quelli che odiamo? Quelli che ci ranno star male? Quelli che ci calmano? Come può un colore essere terapeutico? O volgare? Una giacca gialla è veramente gialla? E le caramelle alla menta verdi sono più dolci di quelle bianche? E perché il codice della strada abusa tanto del rosso? Da quando il blu è il colore più indossato? Cercando di rispondere a queste e a molte altre domande, Michel Pastoureau ha messo insieme un'ampia e coltissima raccolta di colori del nostro tempo. Organizzato per voci, come un agile dizionario, questo libro ricostruisce la storia c le alterne fortune dei colori nei vari ambiti di impiego, con somma soddisfazione del lettore più curioso. Soprattutto, però, mette in risalto come il colore sia a tutti gli effetti un fenomeno culturale, strettamente connesso alla società e al suo tempo, e proprio in virtù di ciò un utile strumento per 1 umanità per cogliere alcuni aspetti della propria storia.

martedì 13 luglio 2010

Cubana di Lele Vianello e Guido Fuga (Edizioni Voilier)

















«… ma soprattutto non dovete fare domande di nessuna specie e non vedere nulla di ciò che non vi riguarda. Un idiota di ficcanaso lo troviamo dappertutto!“». Si legge in “Cubana” (Edizioni Voilier, 2010) di Lele Vianello e Guido Fuga. Prima di poter spendere qualsiasi considerazione in merito a questo volume edito da una casa editrice leccese, mi preme specificare alcune cose.

La prima è che la casa editrice dei salentini Marco Laggetta e Salvatore Primiceri è l’unica casa editrice pugliese ad avere scelto non solo come contenuti, ma come filosofia di vita, la via del fumetto, e per la precisione del fumetto di qualità. La seconda che è mi sento di parlare di questo prodotto editoriale, perché sinceramente non solo è splendido e curato nella veste grafica , e in tutti i suoi particolari, ma raffinato, colto, e dai profumi che sanno di località caraibiche. Nel 1993 Hugo Pratt e Lele Vianello sono a Losanna. Prendono la decisione di scrivere la seconda parte de “L’uomo dei Caraibi”.

Svend, è l’attore principale, un marinaio danese corpulento e scorbutico addetto ai trasporti, intriso di lentezza, meno celebre del suo collega Corto, ma senza dubbio ugualmente affascinante. Decidono un’altra cosa insieme: il sequel deve ambientarsi nella Cuba annichilita dalla dittatura di Batista e sull’orlo della rivoluzione. Quella che si vede è una Cuba della deriva, dove anche la cosa che nessuno potrebbe aspettarsi di vedere, accade e senza troppi “peli sulla lingua”. Una Cuba che lascia a cielo aperto e sotto gli occhi di tutti figure psico/cosmiche come un gigantesco dottor Guevara appellato “il Che” dai suoi amici e compagni rivoluzionari, o uno stratosferico Hemingway o un “Tigre” il sanguinario boss della malavita cubana, agitatore delle folle e infiltrato dell’intelligence americana. Ahimè però accade che Pratt accantona questo progetto, lo lascia incompiuto, per seguire altre strade, altri percorsi, forse altre latitudini, altre vette. Siamo nel 1995 e il maestro di Malamocco è in viaggio … il suo ultimo viaggio.

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Il libro del giorno: Il romanzo e la realtà di Angelo Guglielmi (Bompiani)



















Guglielmi traccia un originale bilancio della letteratura italiana contemporanea, dal 1950 a oggi, attraverso il rapporto tra realtà e rappresentazione artistica, ovvero come i fatti si trasformano in racconto letterario. Un rapporto che chiama in causa categorie sfuggenti come quella di realismo o di imitazione: la fiducia nella capacità del linguaggio di rappresentare la realtà è entrata definitivamente in crisi alla metà dell'Ottocento, con Baudelaire, Flaubert, Manet - e lì bisogna cercare le radici delle avanguardie novecentesche, che usano la lingua per andare oltre le apparenze, per rivelare una verità nascosta. Un percorso cronologico scandisce l'analisi pungente degli autori e delle correnti, individuando tre vie seguite in Italia dai narratori per "provocare" la realtà e renderla ancora rivelatrice: la linea del fantastico-fiabesco di Calvino, la linea del barocco linguistico di Gadda e la linea del lirismo vittoriniano. A queste scelte "progressive" si sono invece contrapposti i "conservatori" che continuavano a guardare all'Ottocento, Moravia e Pratolini su tutti. Oggi si parla infine di un "ritorno alla realtà", di storie che nascono dalla cronaca e dall'attualità: per Guglielmi, tuttavia, il romanzo storico è l'unico genere che produce il distacco necessario affinchè i fatti acquistino il valore metafisico che li rende narrabili romanzescamente.

Cento volte buonanotte di Paola Borracino (Wip edizioni)











Interessante esordio il romanzo (a mio avviso sarebbe meglio definirlo un racconto lungo) di Paola Borraccino dal titolo “Cento volte buonanotte” pubblicato dalla brava casa editrice WIP Edizioni. L’autrice, originaria del capoluogo pugliese, dove stanzialmente vive, ha – ma guarda un po’ – una formazione classica, ha studiato Diritto (dev’essere così pesante studiare codici civili, penali, di procedura civile e penale, che tutti poi si buttano a pesce sulla letteratura) e scrive sui suoi blog www.sullamiascrivania.blogspot.com e www.centovoltebuonanotte.blogspot.com. La vicenda non posso definirla una fiaba metropolitana, perché per proporzioni e densità antropometrica, Bari non può esserlo. Semmai Bari può essere una splendida idea. E di fiaba secondo me c’è poco. Ma procediamo con ordine. La storia parla di due giovani Giulia e Alessandro che si prendono e poi si lasciano, e poi si prendono e poi si rilasciano e poi (… paranoie d’amore!) come nella migliore tradizione di una commedia brillante contemporanea. Ma c’è della morbosità, non patologica ovviamente, negli animi dei due protagonisti, quasi autolesionistica nel non voler tagliare reciprocamente un cordone ombelicale che li ha tenuti vicini forse per troppo tempo. Fondamentalmente le pagine di quest’opera sono dense di romanticisimo, ma anche capaci di far prendere la parola ad una latente melanconia (tutta al femminile!), che assale la protagonista nei momenti di contemplazione della sua altra “metà del cielo”.

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lunedì 12 luglio 2010

Il libro del giorno: La pecora nera di Celestino Ascanio (Einaudi)




















Il DVD integrale dello spettacolo "La pecora nera", nel montaggio d'autore dello stesso Celestini. Uno spettacolo che è senz'altro uno dei più grandi successi teatrali di questi anni, e che continua a registrare il "tutto esaurito". Il teatro civile di Ascanio Celestini si confronta da sempre con la memoria dei manicomi. E La pecora nera è una drammaturgia costruita su un insieme di storie, pazientemente raccolte da Celestini, che escono dalla dimensione privata o meramente scientifica, e diventano immaginario collettivo: qualcosa che ci appartiene interamente. Il libro che accompagna il Dvd non è il testo autonomo già pubblicato da Einaudi, ma un taccuino in cui Celestini ha raccolto frammenti di diario, racconti inediti e una lunga testimonianza di Alessandro Pallotta, che è stato infermiere al manicomio Santa Maria della Pietà di Roma, uno tra i0più grandi manicomi d'Europa.

All'ombra delle pupazze in fiore. Antropologia di un rito nella Calabria grecanica, di Alfonsina Bellio (Kurumuny)




















La Calabria ha nel sangue forte misture di Grecia e Albania. Condensati di storia greca e mitologia albanese, tradizioni che fanno della Calabria d'oggi il pargolo che vive per merito d'una vasta famiglia dietro le sue spalle. Un nucleo composto da usi e costumi, da culture altre. Negli ultimi anni, finalmente, spiega Alfonsina Bellio con il suo scorrevole saggio, che più che un saggio è esattamente una piccola inchiesta, un viaggio d'osservazione, alcune istituzione calabre, insieme ovviamente, anzi partendo dal supporto di diverse associazioni e singoli, provano, e ci stanno già in parte riuscendo, a ripartire dalle origini dell'area grecanica di Calabria. Il rito della 'sfilata' delle pupazze, del mostrare le varie Persefone, adesso nel giorno delle festività pasquali, a Bova su tutti i comuni dentro la cattolica domenica delle Palme – e si sorvoli sul fatto, evidente, che come per il maggio di Accettura della Basilicata e altri riti arborei il cristianesimo con la tunica pregiata si sia impossessato d'una tradizione non sua (nei boschi lucani tutta pagana, o quasi, in Calabria in principio addirittura trasportata dalla mano degli dei) – ridiventa luogo di ricerca dell'identità delle comunità. Che, ovviamente, non possono dimenticare, quanto devo fare i conti con qualche resto di presente, del greco parlato dagli anziani o della storia dell'abitudine tramandata, appunto, di fare più grande la tipica palma che dalle nostre parti è una piccolezza benedetta dal prete di turno. Le pupazze, in sostanza, spiega la Bellio col suo studio antropologico, sono rito che incrocia valori religiosi, sociali, estetici e artistici. In che senso?

Nunzio Festa qui su Kultunderground

domenica 11 luglio 2010

Il libro del giorno: Di testa nostra di Andrea Camilleri e Saverio Lodato (Chiarelettere)




















"Il problema nasce quando i nani si rappresentano il loro dio... E il problema è ancora più grave quando un nano si crede addirittura dio. Lei pensa che io stia alludendo? Non si sbaglia." Eravamo partiti dall'ars amatoria di Berlusconi e siamo arrivati ai condomini "facilitati" dei politici e alla crisi economica. In mezzo, tra commedia e tragedia, con accenti talvolta comici, il divorzio di B., il nuovo giornalismo alla Minzolini, le amazzoni di Gheddafi, il G8 all'Aquila e gli scandali che hanno investito la Protezione civile, l'attacco a Gomorra, Garibaldi, la crisi del Pd, il ddl sulle intercettazioni... Commenta Camilleri: "Pirandello ai suoi tempi sembrò cervellotico, oggi sarebbe cronista di scarsa fantasia". E conclude, riferendosi alla classe politica:"Per confrontarsi sulle idee, bisogna innanzitutto averle". Il viaggio nel "paese senza verità" (Sciascia) non smette di stupire.

Sogno Amaranto di Cinzia Luigia Cavallaro (Joker edizioni)



















Devo ammetterlo! Cinzia Luigia Cavallaro (traduttrice, interprete, studiosa di lingua inglese, poetessa) è una scrittrice che alla letteratura può dare veramente tanto, soprattutto perché è in grado di trasformare ogni singola parola, ogni singolo periodo in piccoli gioielli di eleganza, raffinatezza, e incredibile fascino. Lei è lombarda, ma questo elemento appartiene solo ad una connotazione “topografica”, forse esistenziale, ma nulla a che fare con scuole o tradizioni, dal momento che pare d’indole artistica indomita e non circoscrivibile in rigidi schemi ermeneutici . Ho avuto modo di poter apprezzare un suo lavoro dal titolo “Sogno amaranto” edito da Joker edizioni. Si sa che quando si parla di sentimento sotto qualsivoglia punto di vista, il rischio di banalizzare, di ripetere quanto migliaia e migliaia di pagine scritte da altre centinaia di migliaia di scrittori e poeti hanno detto, è proprio dietro l’angolo. E ancora più rischiosa risulta essere una forte tendenza di una certa porzione di scrittori o sedicenti tali (ormai presente in molta produzione editoriale nel nostro paese), di inserire, quando i romanzi parlano d’amore, scene, testi e contesti conturbanti, shokkanti o ad alto potenziale erotico, che fanno un po’ “la respirazione bocca a bocca” ad una vicenda che narratologicamente stenta a decollare. In “Sogno amaranto” la storia d’amore c’è, ma ha qualcosa di singolare, strano, morboso. Morboso come può essere l’inquietudine di due anime amanti che si cercano in perenne tensione in una dimensione ideale, ma che nella realtà sono vicendevolmente assenti, lontani, quasi entità fantasmatiche, irriconoscibili l’uno all’altra. In “Sogno amaranto” la storia d’amore Cinzia Luigia Cavallaro la racconta ai lettori, e lo fa nel migliore dei modi, spingendo la forza lirica sino alle estreme conseguenze semantiche, divenendo quasi prosa poetica, e poi presentando come nella migliore tradizione dell’iper/realismo oggettivo (che in arte ad esempio va da Pintaldi a De Grandi per passare poi a Luigi Presicce e in letteratura comprende a mio avviso William Gibson e Don De Lillo) ogni porzione di colori, sensazioni, emozioni, azioni così come si presentano, senza falsi pudori, censure, limitazioni, e con tanto di slanci, entusiasmi, tristezze, complicità, silenzi. In questo romanzo breve, l’autrice fa parlare d’amore la protagonista che confeziona un dialogo monologante con il suo amato in un intersecarsi di storie e vicende rese magistralmente da una scrittura efficace ed espressiva che ha come tematica unica l’illusione dell’esistenza, anche quando questa sembra regalarci autentici paradisi.

sabato 10 luglio 2010

Il libro del giorno: Colazione da Socrate di Robert Smith Rowland (Ponte alle grazie)



















La filosofia è una materia astratta, ostica, in una parola noiosa? Assolutamente no: anzi, proprio da ogni nostra azione quotidiana possono nascere profonde (e divertenti) riflessioni filosofiche. In queste pagine, diversi geni del pensiero vi accompagneranno passo per passo nelle vostre faccende, in una giornata vissuta filosoficamente. Cominciamo proprio dall'inizio, il risveglio. Cosa significa essere svegli? Come facciamo a essere sicuri che non stiamo ancora sognando? Cartesio sostiene che se siamo in grado di dubitare di essere svegli è perché stiamo pensando, e quindi probabilmente esistiamo... Niente male, come risultato di prima mattina! Thomas Hobbes ha qualcosa da dire sul pendolarismo mattutino che scatena il selvaggio che c'è in ognuno di noi, e in palestra Michel Foucault vi correrà accanto sul tapis roulant per spiegarvi che quegli esercizi ginnici costituiscono in realtà una forma di controllo statale. In ufficio Karl Marx vi sussurrerà all'orecchio come liberarvi dalla schiavitù del salario, nel tempo libero Niccolò Machiavelli vi darà consigli sull'organizzazione di una festa ben riuscita e Carl Schmitt vi spiegherà perché litigare con il partner ha i suoi vantaggi. Allargando il discorso anche all'arte, alla letteratura, alla psicoanalisi, all'antropologia, Rowland Smith illumina di luce straordinaria il nostro ordinario, dando vivacità al monotono e valore alla routine.

Zio Vampiro di Cynthia Grant (Salani)




















Una voce spiazzante traduce in un racconto di fantasia l’orrore di un’esperienza vissuta e fa davvero desiderare che sia tutto il frutto dell’immaginazione troppo vivida. E’ “Zio Vampiro” (Salani, 2010) di Cynthia Grant.

«I miei genitori l’hanno sempre preferita a me. D’altra parte, non posso dal loro torto. È un tesoro, lei. La chiamano Gioia. Me, invece, mi chiamano sempre per nome. Siamo molto vicine, noi due. Gemelle: immagini speculari. Quasi riusciamo a leggerci nel pensiero.» (”Zio Vampiro” di Cynthia D. Grant, Salani editore).

Stagione fertile e redditizia sul piano del marketing per le creature del buio per eccellenza, i vampiri, che dal Dracula di Francis Ford Coppola alla celebre serie a fumetti manga Blood Hound di Kaori Yuki, pubblicata dall’italiana Planet Manga, si divertono a popolare ancora le nostre fantasie più oscure e gotiche. Per non parlare di realtà editoriali italiane di alta qualità e dall’impeccabile veste editoriale, come Gargoyles Books di Roma, che dedicano ai vampiri una grandissima parte del loro catalogo ho avuto il piacere di dedicarmi alla lettura, e l’ho fatto con estrema cura e attenzione, per questo bellissimo ed agile volume della Grant. Per chi non lo sapesse, l’autrice, che può essere una degna concorrente della Rowling (ve lo posso garantire!!!), ha scritto meravigliosi ed avvincenti romanzi per ragazzi e giovani adulti, vive tra le montagne a sud di Cloverdale, in California, con marito e figli al seguito, e a conferma del fatto che sia una tra le migliori scrittrici U.S.A, ha vinto il prestigioso premio PEN/Norma Klein Award.

Al di là di queste note di “costume e società” letterari, mi preme evidenziare un aspetto di questo lavoro, giusto per non lasciare nulla al caso. Chiunque immagini di trovare l’anti Twilight in quest’opera si sbaglia, e alla grande. Per prima cosa si tratta di un prodotto non partorito per lo star/system editoriale come i libri della Meyer; poi bisogna aggiungere che le opere della Grant sono ben costruite, sotto qualsivoglia punto di vista, vuoi per quello prettamente scritturale, vuoi per la densità culturale che sono in grado di comunicare le sue parole, i suoi periodi, i suoi contenuti, vuoi per un linguaggio colto ma mai pesante, che anzi non fa che attrarre e coinvolgere. La storia parla di due gemelle Carolyn e Gioia, di 16 anni, che sono “portatrici sane” di un segreto oscuro: sospettano che loro zio Toddy sia un vampiro.

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venerdì 9 luglio 2010

Il libro del giorno: Strage di Loriano Macchiavelli (Einaudi)





















Appena uscito, nel 1990, questo romanzo fu subito ritirato dal suo editore, dopo la denuncia di uno degli imputati della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Nel trentennale di quel lutto immenso, "Strage" torna in libreria, praticamente inedito. Con intatto il suo potenziale narrativo: personaggi avvincenti, intreccio serrato, ipotesi stupefacenti al confine della fantascienza, dolorosa e inconciliabile verità umana. "Il 15 ottobre 1991 il tribunale civile e penale di Milano mi assolse. Le motivazioni contenute nella sentenza erano varie; la più importante è quella che affermava che l'autore (il sottoscritto) non era punibile in quanto aveva semplicemente esercitato il diritto di cronaca e di critica, emanazioni dell'articolo 21 della Costituzione che sancisce il diritto di libertà di stampa e informazione. Un diritto-dovere che continua a essere messo in discussione da chi ha altri interessi che la libertà di stampa e l'informazione. Due righe sulla storia: fantasia, niente altro che ipotesi di un romanziere, basate su alcuni dati emersi nel corso delle tante indagini eseguite dai magistrati e che io ho utilizzato per aumentare l'interesse dell'intrigo e rendere più credibile la vicenda. Anche il finale è pura invenzione. Chi ritenesse di riconoscersi in uno dei tanti personaggi, si tolga subito l'illusione di essere diventato un eroe da romanzo. I personaggi sono di fantasia esattamente com'è di fantasia Jules Quicher".

Acqua in bocca di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli (Minimum Fax)





















Un gioco, un esperimento, una collaborazione letteraria senza precedenti. Stiamo parlando di “Acqua in bocca” (Minimum fax, 2010) di Carlo Lucarelli e Andrea Camilleri, in cui un insolito omicidio mette vicino i due grandi giallisti.

«Cara Grazia Negro, ho ricevuto la tua lettera e gli allegati. Sono molto indeciso se darti una mano o no perché tu mi sembri una che le rogne va a cercarsele. E la rogna è contagiosa. Non mi riferisco al fatto che tu voglia portare avanti un’indagine che ti è stata espressamente vietata dai tuoi superiori, questo semmai ti renderebbe simpatica ai miei occhi, no, mi riferisco al fatto che tu intendi coinvolgermi in una specie d’indagine privata e non autorizzata facendomene richiesta su carta intestata della Questura di Bologna e oltretutto indirizzando la lettera al Commissariato di Vigata!»

Il “Crossover”, secondo la definizione classica che si attribuisce a tale termine nell’ambito della televisione, del cinema o dei videogiochi (questo vale anche per i fumetti), lo si ha quando un episodio di una serie televisiva, di un film o di un videogioco facenti parte di una fiction specifica, si intreccia con la trama di uno o più episodi di un’altra serie. Per rendere l’idea: immaginate la serie televisiva Star Trek, all’interno della quale anziché trovare i klingoniani, troviamo i Gremlins come nemici del Capitano Kirk e dell’equipaggio dell’Enterprise. O magari mentre leggiamo un fumetto degli X-Men (Marvel), Ciclope anziché combattere con Magneto combatte con un Predator. Chiara l’idea?

Un gioco narrativo di multiversi che si intrecciano. Ora l’immensa Minimum Fax, prova a farlo lei il “crossover” e lo fa con due maestri della letteratura contemporanea italiana, maestri nella vita per garbo e raffinatezza del porsi, maestri nella scrittura per quel loro modo di solleticare, ammiccare, stupire in un genere che fondamentalmente hanno creato loro, a metà strada tra il giallo, il thriller, il noir in un mix riuscitissimo dove l’ironia, il pensare sottile, non mancano mai. E dunque la casa editrice romana fa salire il cattedra Mr. Andrea Camilleri e Mr. Carlo Lucarelli che insieme hanno venduto più di Dan Brown.

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giovedì 8 luglio 2010

Il libro del giorno: Requiem per una pornostar di Jeffery Deaver (Rizzoli)





















Un'esplosione improvvisa e fortissima sventra un palazzo nel cuore di Manhattan: al posto del Velvet Venus, vecchio cinema a luci rosse, ora ci sono solo pezzi di sedili e vetri infranti. Qui, il detective Sam Healy della Squadra Artificieri s'imbatte in Rune, aspirante regista appassionata di crimini: l'esplosione sembra un segno del destino per lei, che decide di raccontare nel suo primo documentario proprio il mondo luccicante e crudele dei blue movie, scegliendo per protagonista l'attrice in cartellone al Velvet quel giorno, Shelly Lowe. Ma Rune non sa che la splendida e sfortunata Shelly sta per essere messa a tacere per sempre da una seconda esplosione, e che il suo stesso debutto nella regia è a rischio: qualcuno vuole impedire a Rune di girare il suo film, per tenere lontano da sguardi troppo scomodi l'universo segreto della pornografia, e insabbiare la verità sugli attentati. Verità su cui Rune comincia coraggiosamente a indagare, addentrandosi nei luoghi più sordidi e impenetrabili di New York, tra le luci e le ombre di un mondo, quello del porno, fatto di loschi produttori, attori con troppi segreti e compromessi inconfessabili.

E’ nata una star? di Nick Hornby (Guanda)





















Imbarazzante. Una sola parola per descrivere tutto un universo di sensazioni, di emozioni che esplodono quando una madre come tante, scopre di avere come figlio un adolescente non proprio come tanti. Per mano di una vicina assai pettegola, questa povera madre nella buca delle lettere scopre con imbarazzo (parola oggi più che mai priva di qualsivoglia significato e lontana soprattutto dal suscitare accesi rossori) una cosa che mai si sarebbe aspettata di scoprire del suo “bambino”. Nick Hornby con “E’ nata una star” (Guanda).

«Mi sono sentita tremare le ginocchia. Non mi reggevo in piedi. Respiravo a fatica. In quel momento, non avendo visto il video, potevo ancora credere che mio figlio non ci facesse granché, in quel film. Potevo pensare che se ne stava dietro donne in topless a coprirgli le tette con le mani e basta».

Nulla di che per uno spinello in compagnia dei compagni di scuola, nulla di che magari nell’aver preso di nascosto dei soldi dal portafoglio o aver camminato con la macchina di famiglia “presa in prestito” per una notte brava … No! Nulla di tutto questo. Nella buca delle lettere un video, non propriamente da educande, con Mark (il figlio) in copertina. Molto, molto imbarazzante, non c’è che dire, e ancora più terribile il fatto di essere venuta a conoscenza del “vizietto” del figliolo da un estraneo. Ora il video in questione ben confezionato e superbamente patinato ha un titolo non proprio edificante da un punto di vista pedagogico e soprattutto è vietato ai minori. Diciamolo, sì … insomma… certamente … potrebbe … Sì, Mark ha un talento nascosto, e non è quello della scrittura, della recitazione, della pittura. Mark la sua “dotazione artistica” come direbbero Elio e le storie tese parlando di John Holmes (pseudonimo di John Curtis Estes, Ashville, 8 agosto 1944 - Los Angeles, 13 marzo 1988) , l’ha messa a frutto nel mondo del porno: già Mark è una giovanissima porno star. Cosa dovrebbe fare in questi casi una madre? Come ci si comporta davanti ad una novità del genere … certo nulla di grave, non si buca, non si fa di coca, non spaccia, non ruba … il suo talento in poche parole si esprime in centimetri. Una cosa è certa nulla sarà come prima! Ma … c’è il fatidico Ma, o meglio un Se … ovvero Se ci fosse un lato positivo nella faccenda?

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mercoledì 7 luglio 2010

Il libro del giorno: Ladri di stato di Mario Guarino (Dedalo)




















Il nostro Paese è preda sempre più di cricche affaristiche, manager statali disonesti, nonché politici filmati nell'atto di prendere bustarelle: tutti avidi di denaro pubblico. Gente che se la ride, la notte del terremoto in Abruzzo, al pensiero dei futuri affari sulla ricostruzione. Dall'ennesimo scandalo della Protezione civile emerge una squallida fotografia dell'Italia della vergogna. Il tutto mentre le fabbriche chiudono, la disoccupazione sale e il disagio sociale aumenta. Di scandalo in scandalo, dunque, la stagione di Tangentopoli non finisce mai; esiste una parte d'Italia che se la spassa alla grande sulla pelle dei contribuenti. Il libro si occupa di quattro personaggi emblematici delle Istituzioni: Bettino Craxi, Cesare Previti, Vittorio Sgarbi e Marcello Dell'Utri. Tutti condannati per reati finanziari (tangenti, truffe, evasione fiscale) fino in Cassazione: sentenze quindi definitive. Tra gli aspetti inediti di questo volume di grande attualità - che si basa su atti giudiziari, testimonianze, retroscena e intercettazioni telefoniche - anche un documento importante: visure catastali che attestano numerosissime operazioni immobiliari per milioni di euro. Prova provata dell'affarismo spregiudicato dei "ladri di Stato".

Sul tradurre: esperienze e divagazioni militanti di Susanna Basso (Bruno Mondadori editore)

















Prima di parlare del libro di oggi, devo assolutamente riferire di due preziose pubblicazioni passate quasi sotto silenzio in Italia, che parlano dell’arte di tradurre: il primo è di Barbara Lanati che con il suo “Pareti di Cristallo” edito da Besa raccoglie quattro saggi dedicati a Gertrude Stein, Henry James, Angela Carter e Emily Dickinson, scrittori presi sotto l’amorevole cura traspositiva dell’autrice, e resi poi in italiano nel corso degli anni. Splendida la nota introduttiva di Gianni Vattimo. Il secondo sempre per i tipi di Besa è “Gli autori invisibili” di Ilide Carmignani con prefazione di Ernesto Ferrero: libro in cui viene evidenziato il ruolo dei traduttori che hanno il compito fondamentale di permettere ai lettori di conoscere la fenomenologia culturale di realtà etno/linguistiche anche molto lontane dalle nostre. La Carmignani è una delle più importanti traduttrici italiane, e tra gli scrittori che molto le devono ricordiamo Luis Sepúlveda, Almudena Grandes, Arturo Pérez-Reverte. Ha tradotto inoltre uno dei più importanti scrittori del secolo scorso, Jorge L. Borges, un vero punto fermo della cultura planetaria. Esce ora per i tipi di Bruno Mondadori un libro di Susanna Basso, intrigante e raffinato, e sempre sulla traduzione dal titolo “Sul tradurre. Esperienze e divagazioni militanti”. Sono 166 pagine che si leggono tutte d’un fiato, vuoi perché l’argomento risulta sempre essere attuale, vuoi perché la Basso (autrice che tra gli altri ha tradotto romanzi di Alice Munro, Ian McEwan e Martin Amis) è veramente magistrale nel narrare come la traduzione sia un’operazione molto diversa dalla lettura, soprattutto per come si sceglie di approcciarsi ad un testo, percorrerlo, esplorarlo, riga dopo riga. Questo libro non è uno dei tanti manuali sul tradurre, è molto di più. E’ una vera e propria battaglia a mani nude tra due corpi, quello di chi opera la traduzione, e il corpo da tradurre (il testo, l’opera, il libro) in una simbiontica metafora di vite che si raccontano attraverso le parole. Susanna Basso così consegna ai suoi lettori uno splendido racconto, una specie di favola, dove gli scrittori non sono i protagonisti principali … tutt’altro! A dire la loro sono le scritture e le micro storie di incontri oscillanti tra silenzi e folgoranti disvelamenti. Un’opera assolutamente da leggere soprattutto perché ci aiuta a capire che quando si traduce un libro da una lingua ad un’altra, tutto - dalla virgola, al punto e virgola, al punto esclamativo, ad una parola anziché un’altra – e ribadisco “tutto” rappresenta una scelta. In fondo come lo è tutta una vita!

martedì 6 luglio 2010

Il libro del giorno: Supersenso. Perché crediamo nell'incredibile di Bruce M. Hood (Il Saggiatore)


















Incrociare le dita, toccare ferro, evitare i gatti neri, sottostare a pregiudizi scaramantici, seguire rituali propiziatori continuano a essere pratiche molto diffuse. Viviamo in un'era tecnologica avanzatissima, eppure l'antica fiducia nelle credenze soprannaturali resiste, anche in persone che si ritengono scettiche e razionali. Lo psicologo cognitivista Bruce M. Hood ha formulato un'ipotesi rivoluzionaria per spiegare perché, nonostante ogni prova contraria (e malgrado la ricchissima letteratura scientifica, da Dawkins a Dennett, che pretende di smantellare razionalmente ogni tipo di credenza), gli esseri umani si affidino a forze soprannaturali. In "Supersenso", Hood dimostra come la nostra mente sia naturalmente incline a decifrare il mondo secondo schemi regolari, strutture e meccanismi ricorrenti, quando però è impossibile far coincidere le nostre intuizioni alla realtà del mondo, entra in gioco il supersenso. Il pensiero soprannaturale, che si concretizza in forme culturali e religiose, si genera dalla nostra propensione a presumere l'esistenza di dimensioni nascoste della realtà. Un processo che dall'individuo si estende alla società, dando vita a una rete di credenze condivise, indispensabile per la convivenza. "Supersenso" è una conversazione piacevole e brillante che, con l'autorevolezza del saggio scientifico, abbraccia discipline religiose, psicologiche e biologiche.

La battuta perfetta di Carlo D'Amicis (Minimum Fax). Intervento di Elisabetta Liguori

















Si sente sempre più di frequente discutere di padri. Biologici, violenti, mancati o mammoni. Padri della patria o della letteratura. Forse per il franare di ogni certezza, l’oscurità del futuro, l’incredulità di certi storici contemporanei? Anche Carlo D’Amicis, illuminato scrittore pugliese, nel suo ultimo romanzo “La battuta perfetta” edito dalla Minimum Fax, scrive di padri e lo fa in modo assolutamente nuovo e coraggioso. Nuovo per stile, lingua a e struttura narrativa; coraggioso per temi e contesti politico sociali rigorosissimi.

Poiché non è solo di padri che si ha bisogno, ma anche di un’adeguata comprensione del cammino che ha condotto la giovane Italia fino alle logore attualità, D’Amicis decide di raccontare di padri, ma anche di televisione. Dagli albori ai giorni nostri: il progetto iniziale, lo stupore successivo, l’imbarbarimento. Una parabola che coincide con quella oggettivamente decadente della nostra nazione, fondata su un unico imperativo: piacere e piacersi. A tutti i costi.

Quando si parla di piacere si parla inevitabilmente di desiderio. E poiché s’impara ad amare e desiderare per imitazione o per contrasto, è naturale che i padri abbiano un ruolo non da poco in questo cammino. Padri e amore, quindi. Amore e televisione. Amore inteso come risata perfetta e spettacolarizzazione del sé. Televisione intesa come fonte d’apprendimento di modi d’essere e sentire.

Protagonista della vicenda è Canio Spinato, comico da strapazzo asservito all’impero televisivo del Cavaliere, figlio di un inflessibile dirigente rai ( Filo Spinato) e padre di un cupo adolescente, militante di estrema destra (Silvio II). Questi tre uomini non si somigliano e vorrebbero amarsi con la stessa forza con la quale si odiano. La denuncia sociale di D’Amicis è dunque spettacolare. Trasforma la marmellata politico sociale degli anni novanta in uno splendido personaggio letterario: il giovane Berlusconi, amico di Spinato e suo datore di lavoro, nutrito a barzellette e macismo.

Il paradigma televisivo più becero, utilitaristico, seduttivo prende le mosse dalla tivù pedagogica ed autorevole degli anni cinquanta, passando per il Drive degli anni 80, per poi spingersi fino alle schermaglie tra troni e gallinacei di Uomini e donne, in una narrazione dotata di grande lucidità letteraria. A quello si aggiunge la profonda analisi degli affetti umani più intimi, trafitti da un irrisolto conflitto generazionale, rendendo il tutto ancor più violento. Canio è certo: solo chi ride sa amare. Che: o si ride o si muore, lo ha scoperto guardando suo padre ammalarsi di serietà, uccidere la madre per intransigenza, farsi terra bruciata intorno per coerenza. Ne ha trovato conferma nell’aggressività del figlio con il quale non riesce a comunicare se non a suon di anfibi e bastone.

Il suo umorismo idiota nasce dunque per disperazione. Per sopravvivere, il pagliaccio sdogana l’idiozia in alternativa alla solitudine e la povertà, ma la sua deriva non è solo umana, ma culturale e, per questo, ancora più tragica e orrendamente collettiva.

lunedì 5 luglio 2010

Il libro del giorno: Accanto alla tigre di Lorenzo Pavolini (Fandango)



















Lorenzo è uno scrittore alle prese con teatro, riviste, radio e crede di possedere una visione politica consolidata. Vive a Roma nel quartiere Esquilino. Lì si mescolano due idee molto diverse dell'Italia contemporanea: quella multietnica, del mercato di piazza Vittorio e dei negozi cinesi e quella nazionalista rappresentata da un centro sociale di estrema destra. In quel pezzo di Italia c'è un altro dissidio, quello che Lorenzo coltiva sin dall'adolescenza dentro di sé, un dissidio che affonda le radici nel suo cognome. Lo stesso del nonno Alessandro, raffinato intellettuale ma soprattutto fascista implacabile, fondatore delle Brigate nere e anima della Repubblica di Salò. Lorenzo scopre chi era suo nonno a scuola, quando vede su una pagina del libro di storia una foto, quella immagine di piazzale Loreto, in cui Benito Mussolini, Claretta Petacci e gli altri gerarchi sono appesi a testa in giù. Tra loro un uomo a torso nudo pende sotto una pensilina su cui è scritto in stampatello: Pavolini. Tanti anni dopo l'autore prova a capire chi sia stato veramente suo nonno, cosa lo abbia spinto a cavalcare con tanta ostinazione la sua tigre. Ricostruisce così una storia fatta di reticenze, conflitti e timori riguardo il rapporto tra lui, la sua famiglia e l'eredità di quel cognome. Un romanzo di memorie e passione che attraversa l'Italia di questi anni dove ancora la notte giovani mani scrivono sui muri la scritta "Pavolini eroe" e le sue frasi celebri sono slogan di nuovi estremismi.

E' tutto normale di Luciano Pagano (Lupo editore). Un estratto














Ludovico ha perso il conto, i bicchieri sono lì sul tavolo, tutti vuoti. Non importa. La sua mente è sfasciata, da un’altra parte. Il suo corpo reale oscilla da fermo, sotto la superficie del corpo immobile. È seduto a contemplare il Mediterraneo, un sorso dopo l’altro assiste al tramonto del sole che sta per lambire l’acqua. Si è addormentato sulla sedia. Si risveglia dopo un’ora circa. Lo stereo del pub manda uno dei suoi pezzi preferiti, Marejadilla di Astor Piazzolla. È mezzanotte, Ludovico è fradicio, la sua bocca puzza d’alcool. Nella scala che va dalla sobrietà al coma occupa un posto simile alla sonda che viene immersa nel mosto per controllarne la gradazione. L’ultima cosa che ha ingerito è stato un sandwich preparato nel pomeriggio da Carlo. «Ho una fame cane». Si è appisolato senza cadere a terra, un miracolo di equilibrio etilico. È riuscito nel tentativo di sistemare la sedia con le spalle al tavolino, in una manovra che ha attirato l’attenzione di un gruppetto di ragazzine che dall’interno del baretto osservano questo scimmione ubriaco incapace di spostare gli oggetti senza rovesciarli per terra. Al suo risveglio ha sbattuto i piedi sul tavolo, appena in tempo per non cadere con il muso a terra. Rumore di bicchieri. È vicino al muretto che delimita il piccolo terrazzo del bar, se vuole può stendere le gambe e osservare il mare con i piedi all’aria. Stato d’ebbrezza. Ha fumato, come sempre quando è in vacanza, il fumo se lo procura all’arrivo subito dopo gli abbronzanti. La testa gli ruota senza sosta. È ora di smetterla con i cocktail e restare lì dove nessuno può importunarlo, per smaltire la sbornia prima di ritornare al campeggio. L’alternativa, ad attenderlo, è una predica di Carlo. Conosce quell’attimo. È arrivato il momento di immobilizzare ogni arto, ogni moto peristaltico, ogni clausola dei polmoni che chiede un respiro. Soltanto a quel modo Ludovico potrà risparmiarsi la scena del quarantenne che vomita sui propri piedi per aver ecceduto nella misura. Se qualcuno, sì, se solo qualche cameriere si avvicinasse allora approfitterebbe per ordinare qualcosa da mangiare. D’un tratto distingue le voci di due ragazzi che discutono animatamente, le voci vengono dalla spiaggia di fronte. Uno dei due è Marco. L’ho sentito con le mie orecchie, aveva detto a Carlo che stasera sarebbe rimasto anche lui nel bungalow, forse ha cambiato idea? Un pensiero intrigante e allo stesso tempo troppo complicato, meglio non pensare, meglio resistere per non soccombere al collasso. I due ragazzi sulla spiaggia stanno litigando per qualcosa. Il ragazzo che parla con Marco sembra avere l’intenzione di scusarsi per qualcosa che ha fatto. Si trattava di Salvatore, l’amico di Sabrina e Monica, le due ragazze che hanno conosciuto al campeggio. Ludovico nel pomeriggio è rimasto a osservarli tutti e quattro, stesi sui loro asciugamani, con un po’ di invidia. C’era stato un momento in cui una delle due ragazze, Sabrina, aveva preso la mano di Monica. Erano stese, in topless, a pancia in sotto, pensando che nessuno le stesse osservando. Ludovico capì che le due non erano semplici amiche. E se Salvatore fosse gay? Il ragazzo era in acqua assieme a Marco. L’ubriachezza molesta ha dato al cervello di Ludo quella spinta logica che nemmeno la lucidità riesce a donargli. Il suo pensiero si organizza, arrestandosi ancora una volta sulla soglia di un presentimento, appena in tempo per non sboccare di vomito a terra. Reclina il capo. Ha visto abbastanza. Chiude gli occhi. Al massimo può proseguire in quella scena da semplice ascoltatore. Marco urla, non vuole saperne, non permette al ragazzo di spiegarsi, lo manda a quel paese. Ludovico prima di abbioccare si è alzato per guardare meglio. Senza occhiali capisce molto poco, se avesse bevuto meno. Dopo dieci secondi di tira e molla i due ragazzi si allontanano l’uno dall’altro, Salvatore cammina sulla spiaggia, Marco si dirige verso il parcheggio del ristorante, senza accorgersi che Ludovico è lì seduto, con le gambe sul muretto. Soltanto quando gli passa davanti il patrigno ha la certezza che si tratti di Marco.

Collana InBox (LUPO EDITORE) a cura di Miccoli Antonio
antonio.miccoli@lupoeditore.com
www.lupoeditore.com

L’immagine di copertina di “È tutto normale” è
“Evidently Goldfish” acrilico su carta realizzato da
Nicoletta Ceccoli
http://www.nicolettaceccoli.com/

domenica 4 luglio 2010

Il libro del giorno: Vita dura per le canaglie di André Héléna (Aisara editrice)




















Maurice se la ricordava ancora, quella notte d'ottobre in cui aveva conosciuto Hermine: l'aria era fresca, profumata di foglie secche e di pioggia. E si ricordava anche di un'altra notte, nient'affatto dolce, quando l'aveva vista passeggiare con un uomo, un tedesco, che le aveva scoccato sulla bocca uno di quei baci che non si dimenticano, nella vita di un cornuto. Un incidente che l'ha costretto a fuggire, trascinandolo in una sorta di tragicomico tour de France tra crucchi, treni e scontri armati, tra città e delitti. Sempre con un'arma in pugno e il nemico alle calcagna, Maurice si ritrova a combattere dalla parte della Resistenza e si scontra inevitabilmente con la storia. Diventa un bandito, un sicario, un fuorilegge, uno che ha alle costole tutti, francesi e tedeschi. Una canaglia non peggiore, però, di quei fanfaroni in tricolore e dei militari in grigioverde che incontra nella sua fuga costante e disperata.

Schegge di luce di Dvora Baron (Sipintegrazioni editrice)





















La SIPI (Società Italiana di Psicoterapia Integrata) e’ una associazione scientifico-culturale che non ha fini di lucro. Fondata nel 1984 ha come scopo quello di dotare l’individuo di una serie di strutture e servizi in grado di promuovere il suo sviluppo psicosociale, attraverso una integrazione multidisciplinare di tecniche e metodologie. «Era lei, la sera di sabato, a rendere candide le case povere del quartiere, dove spesso il soggiorno serviva come spaccio. Sulle finestre, dopo la lavatura, si rifletteva dopo, lo splendore del mondo e i familiari non osavano calpestare il pavimento se non a piedi scalzi». Oltre a le ricerche nel campo della psicologia applicata alla scuola, alla salute e alla famiglia, la Sipi si è dotata di una vera e propria casa editrice che oltre alle pubblicazioni scientifiche, realizza singolari pubblicazioni come “I racconti di Minima” ovvero la collana diretta da Adelia Battista. Ora la collana ha una mission generica (sensibilizzare ed informare su tematiche, nel campo della salute mentale e del benessere psicosociale), dove si sostiene che si tratta di volumetti di 30/50 pagine, alla portata di “tutti” in ogni senso, dalla praticità della confezione editoriale al costo che varia da uno a tre euro e cinquanta centesimi. In realtà vi sono pregevoli pubblicazioni di narrativa come “Schegge di Luce” di Dvora Baron (1887-1959) a cura di Sarah Kaminski e con la traduzione di M. Teresa Milano.

continua su Il Recensore

sabato 3 luglio 2010

Il libro del giorno: I terribili segreti di Maxwell Sim di Jonathan Coe (Feltrinelli)




















9 marzo 2009, Maxwell Sim, neo-agente di commercio, viene trovato nudo e in coma etilico nella sua auto in Scozia, durante una bufera di neve. Nel bagagliaio un cartone pieno di spazzolini ecologici. Cos'è accaduto? Com'è arrivato fin lì? Torniamo indietro di qualche mese: Maxwell ha quarantotto anni e sta attraversando un periodo difficile, sembra aver toccato il fondo. Appena divorziato, in cattivi rapporti con il padre, incapace di comunicare con la sua unica figlia, capisce che nonostante i suoi settantaquattro amici su Facebook non ha nessuno al mondo con cui condividere i suoi problemi. Non avendo più niente da perdere, decide di accettare una curiosa opportunità di lavoro: un viaggio da Londra alle isole Shetland per pubblicizzare un'innovativa marca di spazzolini ecocompatibili. Si mette in macchina con mente aperta, le migliori intenzioni e la voce amica del navigatore come compagnia. Ben presto si accorge che il viaggio prende una direzione più seria, che lo porta nei luoghi più remoti delle isole britanniche, ma soprattutto nei più profondi e bui recessi del suo passato. Jonathan Coe reinventa il romanzo picaresco per i nostri tempi.

La mamma del sole, di Andrea Vitali (Garzanti). Intervento di Nunzio Festa





















Sarà che da diversi anni quasi certi scrittori, soprattutto italiani, sono diventati un culto, dunque una questione imperdibile, ogni volta, sarà che come narratore Vitali ha pochi che lo 'battono', ma ogni volta che deve arrivare in libreria un suo romanzo: ci siamo. “La mamma del sole”, il più recente romanzo di Andrea Vitali piomba in libreria per confermare ogni dote che è nota dello scrittore del lago. Qualità, quella della scioltezza di lingua su tutte, che dimostrano puntualmente come anche la letteratura d'intrattenimento fa vivere penne indimenticabili. Se è vero, come è vero, che ovviamente l'ambientazione praticamente sempre non è modificata, al di là di qualche scappatella ora in un paesino adesso in un altro, e che i personaggi, nomi a parte, si somigliano, anzi proprio perché non si somigliano sono “simili”, e pur doveroso dare elogi a un maestro che è il più rigoroso nell'opera di pescare dalle acque ferme e chiuse. Storie per storie. Alla gioia di raccontare. Della felicità del narrare. Intanto, questa “mamma del sole”, che all'inizio si comincia a capire cosa davvero rappresenta, ma solamente alla fine del romanzo viene svelata, tiene sotto custodia parecchia gente. In particolar modo una serie di carabinieri. Divise immortalate nella frenetica calma, fascista e paesana, comunque, d'indagare su una scomparsa. Alla stregua del magnifico vetraio – quell'uomo che forse tutti quanti vorremmo essere; una persona, un artigiano per l'esattezza, un lavoratore che lavora coi suoi tempi e con le sue cifre. Nel cuore del cuore di Bellano, nella caserma di paese, dove vanno avanti e dietro storielle di fascismi di provincia all'ombra del più grande e martoriante fascismo nazionale, accadono una nuova piccola serie di vicende che tengono in tensione, si fa per dire, il pretozzo del luogo. Come al solito, non come al solito in Vitali, ma come al solito nelle realtà, il pretino è custode maleodorante di segreti ameni. Mentre le gesta della “Seconda Crociera Atlantica” del mazzolatore Balbo fanno propaganda. I soggetti deboli, o forti – a seconda dei punti di vista – sono però un paio di donne. Una perpetua. Una levatrice. Che, è intuibile, sotto sotto c'è tanfo d'una nascita 'particolare'. Ancora una volta, l'elemento più interessante è rappresentato dalla cornice. Dai contorni d'una trama. Che, chiaramente, molto non lascia. Anzi gioca, volontariamente, su un abusato quanto inflazionato motivo narrante. Ma quanto è bello, invece, il vetraio. Il mastro che ci mette una giornata, tutt'intera, con sosta prandiale d'un paio d'ore abbondanti (dovuta in aggiunta al caldo atroce), e alla fine pure presenterà un bel conto ai carabinieri che hanno rotto una finestrella del lor bagno. Sono le invenzione, non accantonabili, del nostro Vitali.

venerdì 2 luglio 2010

Il libro del giorno: Corte d'Assise di Georges Simenon (Adelphi)



















C'è un momento, in molti romanzi di Simenon, in cui il protagonista "raggiunge il limite", attraversa cioè una invisibile frontiera al di là della quale l'immagine che ha di sé va in pezzi - ed egli si trova di fronte a qualcosa che somiglia molto alla verità. Così accadrà anche a Petit Louis in questo romanzo. Uno che si dà arie da gangster e invece è solo una mezza cartuccia. Uno che al massimo può fare il palo, o distrarre con le sue prodezze di giocatore di bocce i turisti di Le Lavandou, mentre i gangster veri, i Marsigliesi, rapinano l'ufficio postale. E che non sa tenere la bocca chiusa: tant'è che, alla matura signora che quella notte se lo porta nella sua camera d'albergo, lascia intendere che di quel colpo qualcosa lui sa. Della signora (che si è presentata come contessa, ma è fasulla quanto lui e si fa mantenere da un ex funzionario delle dogane) Petit Louis diventa l'amante: vitto, alloggio, bei vestiti e qualche oggettino di valore gli regalano un'esistenza da mediocre gigolò che sembra appagare tutti i suoi desideri. Eppure un giorno, quando meno se l'aspetta, si troverà in mano delle carte truccate, e verrà accusato di un delitto che non ha commesso, ma in cui tutte le apparenze sono contro di lui. Solo allora, costretto a confrontarsi con una giustizia che si rivelerà "una macchina mostruosa" decisa a stritolarlo, il piccolo, fatuo malavitoso comincerà a vivere "la sua vera vita, la vita secondo il suo Destino".

Nella Storia. Poema per una terra, di Sebastiano Aglieco (Aìsara). Intervento di Nunzio Festa

















La guerra dell'ex Jugoslavia è la guerra della Sicilia. E, per questa ragione, l'attore e poeta Sebastiano Aglieco decide con “Nella Storia” di scrivere un poema che faccia incrociare, per via del destino, due terre, apparentemente, molto lontane. Aglieco, che, al contrario di Scotellaro arriva a dire: “Voce, fratello mio concluso / appartenere è sradicarsi / togliere fino a vederti / lasciarti respirare in una bocca”. Ma allo stesso tempo capace d'affermare in Resoconto: “Tu eri la più / distante dalla terra / eri un soffio che a volte si degnava / della misura di una nascita / del sangue / aperto in una conchiglia. // Ho dovuto disossarti da un doloroso / silenzio, lacrime asciugate fino / all’osso / bambini, stanze vuote. // A volte il viaggio é tutto in questa / tazza, in questa presunzione di poeti - / io ti cercavo in un amico, in un colore / salato che mi ricordasse il mare. / Poche volte ho finto”. Coccolando la grazia della memoria. Non il triturato e mesto ricordo. Sebastiano Aglieco trova memoria nella sua memoria e in quella di ciascuno. Dove, per esempio, spingono l'esalazioni del doloro della Jugoslavia sotto tortura. Allora, la fuga dei tanti dalla Trinacria è simile, se non proprio possiamo dire uguale, all'urlo che stacca gli slavi e i tanti altri popoli dell'ex Jugoslavia dalle loro radici. S'ha lo stesso risultato. L'andare. E non quello meditato grazie a una valutazione di più cose. Si parla, contrariamente, di fuga. Indotta dalle condizioni. Ancora una volta, dunque, è la terra, quella naturale, ha essere però l'elemento davvero pulito. La parte memoriale, quantunque redatta con cuore e dilingentemente, non è la frazione più importante del volume. Eppure, è da quelle parti che si trova “La mia generazione”. Che s'apre con due versi delicatissimi: “Eppure noi abbiamo creduto / che si potesse essere fratelli, noi / i figli di un sessantuno / con la testa nell'acquario / e il cuore nel sagittario. // Mia madre ci arava tenera e triste / di un abisso di parole / erano le morte stagioni / il sale della terra”.



giovedì 1 luglio 2010

Il libro del giorno: I mondiali di calcio di Gianni Brera (Book Time)



















Questo volume parla della storia ormai più che settantennale del Mondiale. È stato scritto dal più grande giornalista sportivo italiano degli ultimi due secoli, Gianni Brera. È una narrazione partigiana, perché segue l'Italia con un occhio di assoluto riguardo e perché difende a spada tratta, con verve e competenza, una certa scuola calcistica. Il libro non è solo una riproposizione del testo breriano, bensì un'accurata e aggiornata edizione a cura di Gigi Bignotti, grande esperto di calcio oltre che giornalista de "Il Gazzettino". Prefazione di Paolo Brera.

Cronache precarie, di Greta Rosso, Aìsara (Cagliari). Intervento di Nunzio Festa








“Strepito, grida, sussurri ed immagini. La scrittura alterna verso libero e prosa poetica con cinismo e rabbia, carne e cuore. Una scrittura al femminile indelicata ed estrema”. Il lancio d'una delle opere più belle della riuscitissima collana poetica della sarda Aìsara, yakamoz, brillantemente diretta da Daniele Pinna, narra perfettamente d'una parte del contenuto o dei contenuti di “Cronache precarie” di Greta Rosso. La Rosso, classe '82, il resto lo spiega lei stessa con punture in forma di parole. Usando la misura del non aver misure. Stordendo, ed è la bravura maggiormente espressa dall'autrice, la fugacità dell'intimistico. Con accenti dettati, appunto, da uno straniamento vissuto con la forza del servirsi della ragione. Ma, si deve ricordare, “Cronache precarie”, è anche, o in special modo, l'esordio d'un'autrice. E la Rosso, poetessa piemontese d'indubbie capacità, parte davvero molto bene. La prova letteraria è frammentata da tre sezioni. Greta Rosso comincia da e con il corpo, chiaramente, senza dimenticare che si deve essere disposti a trovare nell'incanto del cercare. L'autrice, con questa prima opera, entra nel finire d'un certo sperimentalismo. Affrontato la non semplice sfida di confrontarsi, però, con linguaggi e, persino, modalità espressive che virano facilmente appena nate. Greta Rosso, comunque, grazie al suo “Cronache precarie”, afferma il principio che è nata un'altra penna pronta a spingersi nell'impresa d'accettare e svincolarsi della e dalla propria lingua, anche solamente per puro sfizio d'incamminarsi verso altro ancora. Molti autori e tante autrice della generazione nata negli anni '80 sta scrivendo questo tipo di testamento vitale.

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