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sabato 22 ottobre 2016
La dieta della longevità. Dallo scienziato che ha rivoluzionato la ricerca su staminali e invecchiamento, la dieta mima-digiuno per vivere sani fino a 110 anni di Valter Longo (Vallardi A.)
Qual è il segreto per
vivere sani a lungo? Ce lo svela in questo libro Valter Longo, lo scienziato i
cui studi rivoluzionari su alimentazione e longevità sono diventati il punto di
riferimento imprescindibile per qualunque dieta smart.Rivoluzionari non solo
perché dimostrano che è insita in noi, nel nostro corpo, la capacità di
mantenerci giovani e all'occorrenza rigenerarci, ma anche perché aprono una
strada che va oltre la prevenzione per farsi vero e proprio strumento di cura. Valter
Longo ha dimostrato infatti che curarsi con il cibo è possibile, anzi, è la
strada giusta per ridurre il grasso addominale, rigenerare e ringiovanire il
nostro corpo abbattendo in modo significativo il rischio di cancro, patologie
cardiovascolari e autoimmuni, diabete e malattie neurodegenerative come
l’Alzheimer. La dieta della longevità, semplice da adottare ogni giorno per chi
già apprezza la tradizione mediterranea, si affianca nel programma di Longo a
una pratica antica e comune in tutte le culture e dimenticata dalla nostra
società dell’abbondanza: la Dieta Mima-Digiuno, ma in modo “mirato” e calibrato
sulle esigenze della vita di oggi.
11 apostoli. Poesie sul calcio di Pasquale Vitagliano (Zona)
"Se il calcio - ma
andrebbe detto lo sport in generale - è un fatto religioso - e dunque
filosofico - perché si gioca a undici e non a dodici? Come gli apostoli? Forse
perché come nella partita dei filosofi 'giocata' dai Monty Pyton - in cui la
terna arbitrale è composta da santi - una qualche casacca nera ha deciso di
tenere fuori Giuda, ma sappiamo che non è così. Ci piace invece pensare che il
dodicesimo sia davvero lo spettatore, colui che guarda e sempre per rimanere
nel campo delle analogie tutti sappiamo che la partita della poesia, senza il
dodicesimo uomo, che è il lettore, sarebbe non solo impossibile giocarla ma
profondamente inutile." (dalla Prefazione di Francesco Forlani)
venerdì 21 ottobre 2016
Marciapiede con vista di Filippo Strumia (Einaudi)
La prima poesia della
nuova raccolta di Strumia è una precisa dichiarazione d'intenti: "Flesso
appena in un inchino / si congeda dai lampioni / anche l'ultimo passante. / E
là dove non siamo / la parola cede al sasso, / il luogo torna ciò che è".
L'intento di Strumia è proprio quello di raccontare quel sasso quando l'uomo
non lo guarda più, quando le categorie umane per percepirlo si sono dissolte. È
un paradosso, perché ovviamente - Kant insegna - la realtà che possiamo
descrivere è conformata alle nostre categorie di pensiero, ma alla poesia si
chiede proprio, attraverso paradossi e metafore, di operare qualche miracolo,
se no a che cosa serve? E dunque i versi di Strumia si aggirano nelle varie
sezioni come in uno scenario homeless (Cartacce, Gatti, Panchine...). Una vista
rasoterra, più bassa di una testa umana, per immaginare una realtà diversa,
forse più vera. Strettamente intrecciato a questo percorso e incredibilmente
non in contraddizione con esso, il libro è anche un resoconto esistenziale e si
conclude con la sezione Tombini (che evoca tombe) in un dialogo con i propri
morti e in diverse immagini di fine corsa. Il tutto versificato in un ritmo
incalzante, prevalentemente ottonario, spezzato ogni tanto da un improvviso
cambio di metro, da una dissonanza, da un'aritmia, forse da una sincope,
un'assenza temporanea, ed è spesso li, proprio in questa pausa di coscienza,
che si concentra lo scavo di Strumia, il suo sguardo alternativo sul mondo.
È arrivato l'arrotino di Anna Marchesini (Rizzoli)
“La vita non si lascia
mettere sotto spirito.”. «E Solenghi conclude: «Negli ultimi tempi mi raccontò
che stava scrivendo un libro. Le chiesi qual era il titolo è lei rispose: “È
arrivato l’arrotino”. Che razza di titolo è, le chiesi di nuovo io. E lei mi
spiegò: “Perché mentre scrivo, apro la finestra di casa che dà sulla strada e,
al di là dei rumori di auto, la voce ricorrente che mi arriva è quella
dell’arrotino. E per me inizia bene la giornata”» - (Emilia Costantini,
Corriere della Sera)
“Fu allora che udii la
voce di un uomo gagliarda e invitante, fulminea e tagliente come l’affondo di
una spada. Urlava con un’esuberanza che squarciò la sfera di silenzio e mosche
in cui eravamo sospesi: ‘Donne! È arrivato l’arrotino!’. Qualcosa accadde certo
dentro di me, era solo l’inizio, forse.”
«Nella mia vita avrei
costruito cattedrali di grazia e bellezza.» Certi incontri hanno una forza
quasi magica, perché dilatano lo sguardo lasciando affiorare le nostre paure
più profonde. A volte sono persone, altre idee, altre ancora solo voci. Ma
tanto basta. Non saremo più gli stessi. È quello che ci racconta Anna
Marchesini in questo suo ultimo romanzo. Due vite, due donne, due storie vicine
e lontane: una creatura che sta per venire al mondo e un’orfana che del mondo
conosce solo l’indifferenza. Un prima e un poi legati a doppio filo dalla
stessa presenza: il passaggio dell’arrotino che deposita le sue orme sulla
polvere, lo specchio di tutto quello che nella vita temiamo e amiamo. In bilico
tra il sorriso e la lacrima, queste pagine sono un inno alla gioia e alla
libertà, il dono più bello di una delle più grandi artiste italiane degli
ultimi anni. Con una lettera di Virginia Marchesini alla madre e una selezione
di poesie inedite.
giovedì 20 ottobre 2016
La Poesia di Giorgio Manacorda (Castelvecchi)
Che cos’è la poesia? Se
nessuno è mai riuscito a dare una risposta, forse bisogna cambiare la domanda:
la poesia è necessaria? È un fatto che pochi leggono poesia benché tutti la
scrivano. Allora la poesia è un bisogno? Questo libro sostiene che la poesia è
l’essenza dell’essere. È la caratteristica fondamentale e fondante del nostro
stare al mondo. Senza la poesia non ci sarebbe il pensiero, addirittura non ci
sarebbe la mente. La poesia è una necessità antropologica. È discriminante dal
punto di vista evolutivo, darwiniano. Noi stessi siamo costituiti di poesia. La
poesia ha a che fare con la biologia e con la fisica. Come le correnti
oceaniche, la poesia ha in sé la propria energia. La poesia è la forma della
materia che rappresenta se stessa. Questo è il fare del fare, ovvero il poiein.
Giorgio Manacorda - Nato
a Roma nel 1941, ha insegnato Letteratura tedesca in varie università, ha
scritto su «La Stampa» e su «la Repubblica», ha collaborato ai programmi di
Radio Rai, ha pubblicato poesie (Viaggio al centro della terra, Elliot 2014),
romanzi (Terrarium, Voland 2015), e saggi sulla letteratura tedesca e sulla
poesia italiana. Dal 1994 al2012 ha curato con Paolo Febbraro un annuario
dedicato alla poesia.
Che cosa è il buddhismo. Un maestro e molte tradizioni di Tenzin Gyatso (Dalai Lama) e Thubten Chodron (Mondadori)
Il buddhismo è
praticato da centinaia di milioni di persone in ogni angolo della terra, dalle
grotte del Tibet ai templi di Tokyo fino ai ritiri nei boschi di sequoie degli
Stati Uniti. Tutte le sue diverse tradizioni (quella meridionale Theravada,
basata sul canone pali, e quelle settentrionali del Tibet e dell'Asia
orientale, che fanno riferimento a testi originariamente scritti in sanscrito)
affondano le radici negli insegnamenti di un uomo vissuto in India 2500 anni
fa, che, tradotti in numerose lingue, hanno conosciuto una diffusione globale e
reso il buddhismo una delle religioni più influenti del mondo contemporaneo. In
queste pagine Sua Santità il Dalai Lama e la monaca buddhista americana Thubten
Chodron esplorano, con un'analisi mai condotta finora in questi termini, gli
elementi comuni, le sinergie e le divergenze fra le principali correnti del
buddhismo rispetto ad alcune pratiche e dottrine essenziali: le "quattro
nobili verità" sull'origine del dolore e sulla via per la sua cessazione;
l'"originazione dipendente", ossia il ciclo che dall'ignoranza porta
all'attaccamento, al karma e a perpetuare rinascita, invecchiamento e morte; la
pratica della meditazione, nella sua progressione a vari livelli e i relativi
ostacoli e antidoti; la cura della condotta morale da parte di laici, monaci e
negli stadi di realizzazione più avanzati; la coltivazione delle virtù (fra le
quali l'amore, la compassione, la gioia e l'equanimità). Premessa di Bhante
Henepola Gunaratana.
Pastorale Americana di Philip Roth (Emons:audiolibri)
"Chi è pronto ad
affrontare la tragedia e l'incomprensibilità del dolore? Nessuno. La tragedia
dell'uomo impreparato alla tragedia: cioè la tragedia di tutti."
“Questo è un libro
sulla memoria. Contro tutte le certezze che puoi avere su questa memoria”.
Massimo Popolizio legge con coraggio Pastorale americana espandendo nella sua
interpretazione, se possibile, l’epica del Romanzo di Philip Roth Premio
Pulitzer nel ’97. Parola per parola, riga per riga, pagina per pagina, la prosa
magistrale di Roth da un lato – ora narrazione pura, ora flusso di coscienza,
ora incredibile parodia - e la voce sempre flessibile, sempre giusta di Popolizio
dall’altro, danzano in equilibrio perfetto. Un’analisi dell’America
attualissima, sociologica ma anche emotiva, un flusso potente che Massimo
Popolizio “tenta di governare” – come dice – e che tra gli anfratti, le case
borghesi, certe ritualità sociali che perpetriamo per pura noia, ci mostra il
lato oscuro. Del singolo, della società, della vita. E ci dimostra
in modo inequivocabile, ancora una volta, come si possano dipingere
formidabili affreschi di un paese e di un’epoca secondo la migliore tradizione
del romanzo moderno. Lo chiamavano “lo Svedese”, nel liceo di Newark, New
Jersey. All’anagrafe era Seymour Levov, il ragazzo che tutti avrebbero voluto
essere. Alto, biondo, atletico, ebreo, Levov eccelle nel baseball e – nell’
America degli anni ’50 – è destinato ad eccellere nella vita: il successo
professionale, quello famigliare, la villetta borghese. Ma la lunga ed
estenuante guerra del Vietnam squasserà l’America e coinvolgerà personalmente
Seymour, nel modo più tremendo: l’amata figlia Merry, diventata una violenta
radicale, sparirà con l’accusa di terrorismo. È il rovesciamento, la caduta, la
fine senza appello dell’American dream che lo scrittore Nathan Zuckerman,
abbagliato fin da ragazzo dalla solarità senza ombre dello Svedese, sente la
necessità di narrare. Philip Roth ci mostra il lato oscuro in quello che è un
grande romanzo politico ma anche emotivo. L’ affresco epico di un paese e di
un’epoca in un libro sulla memoria. Lo chiamavano “lo Svedese”, nel liceo di
Newark, New Jersey. All’anagrafe era Seymour Levov, il ragazzo che tutti
avrebbero voluto essere. Alto, biondo, atletico, ebreo, Levov eccelle nel
baseball e – nell’ America degli anni ’50 – è destinato ad eccellere nella
vita: il successo professionale, quello famigliare, la villetta borghese. Ma la
lunga ed estenuante guerra del Vietnam squasserà l’America e coinvolgerà
personalmente Seymour, nel modo più tremendo: l’amata figlia Merry, diventata
una violenta radicale, sparirà con l’accusa di terrorismo.
È il rovesciamento, la
caduta, la fine senza appello dell’American dream che lo scrittore Nathan
Zuckerman, abbagliato fin da ragazzo dalla solarità senza ombre dello Svedese,
sente la necessità di narrare. L’affresco epico di un paese e di un’epoca in un
libro sulla memoria.
Massimo Popolizio è
attore teatrale e cinematografico. La lunga collaborazione con Luca Ronconi lo
ha visto interprete di oltre trenta spettacoli del grande regista: dal Re Lear
al Peer Gynt, fino alla recente Lehman Trilogy. Vincitore del Nastro d’Argento
per il doppiaggio maschile in Hamlet nel 1996, tra le sue innumerevoli
interpretazioni cinematografiche ricordiamo Romanzo criminale (2005), Mio
fratello è figlio unico (2007), Il Divo (2008)
e Il giovane favoloso (2014). Per Emons ha già letto La morte a Venezia
di Thomas Mann (2015).
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POPOLIZIO
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