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venerdì 11 giugno 2010

Il libro del giorno: Si crede Picasso di Francesco Bonami (Mondadori)



















Da Francesco Vezzoli ad Arnaldo Pomodoro, da Joseh Beuys a Vanessa Beecroft, da Damien Hirst a Michelangelo Pistoletto: che si tratti di artisti notissimi oppure del tutto sconosciuti, di ognuno di questi ci resta sempre il dubbio che sia un nome del tutto sopravvalutato e non del grande genio che ci hanno detto. Davanti a una qualsiasi opera d'arte contemporanea ci resta spesso addosso quella spiacevole sensazione di essere di fronte a una truffa e che l'autore di quella "bizzarria" prima o poi verrà smascherato. Oppure siamo davvero di fronte al nuovo Picasso... ma niente lo lascerebbe supporre. Francesco Bonami, oggi forse il più noto critico e curatore italiano di arte contemporanea nel mondo, torna all'universo di cui è grandissimo esperto e ci insegna a districarci in questa complicata faccenda: come distinguere un vero artista da un ciarlatano. Dopo il successo di "Potevo farlo anch'io", con questo libro riprende a raccontarci, con il suo modo scanzonato e irreverente, le vite e le peripezie dei più grandi artisti degli ultimi decenni, ci spiega perché sono davvero grandi e come non confonderli con quanti veri artisti non sono affatto.

1 commento:

  1. Si come artista sono d’accordo con Bonami, il problema c’è ma già da tempo…
    Veramente il problema reale dell’arte non rilevante viene creato dal commerciante e dall’ideologia, il curatore serve il commerciante e il consenso pubblico quindi si è creato un consenso sbagliato di cosa è arte rilevante, con il quale stanno facendo adesso i conti loro stessi già che non trovano la via di uscita dal ramo nel quale si sono imboccati per avidità economica, vedete nell’arte come nella scienza non si può prescindere della ricerca della verità ossia a quello che allude Bonami “vero” viene da verità quindi non si può andare a base di consensi, per che se no vengono scambiati scienziati per tecnologi e artisti per intrattenitori, ed è quello che vuole il sistema economico già che non importa, basta vendere e creare un valore per arricchire i grandi investitori. Vedete non è difficile cadere in questo labirinto già che esso ha una grande seduttività, basterebbe ricordare che un artista non e tale perché va a impararlo e un curatore o critico non e tale perché ha una laurea in storia dell’arte per tutte due cose ci vuole il talento e quello non si studia si ha o non si ha, vedete secondo la mia modesta oppinione d’artista tutta questa “dottorizzazione” che si è creata dopo SOHO (new york) per giustificare degli investimenti, ci ha fatto ricadere un un nuovo tipo di accademismo che solo la continua ribellione e integrità degli artisti ci potrà cacciare ancora una volta, sempre pero con l’aiuto di curatori e critici onesti e non servili ai grandi interessi economici e ideologici, in quanto riconoscere un opera d’arte da una buona trovata o sensazionalismo, bene si sente, si sente come dice Bonami, pero peccato che le università non sanno insegnarlo a sentirlo, in tanto noi continueremo a presenziare inevitabilmente con le lacrime agli occhi la strage dei Picasso come grande apoteosi storica e performance creata dagli unici veri artisti della “post-duchampian-era” i curatori e critici d’arte.

    Cesare Oliva

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