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giovedì 30 giugno 2011
Hip Hop ... hiphopize your life!
Blondie - Heart Of Glass * il brano integrale potete ascoltarlo qui: http://www.youtube.com/watch?v=WGU_4-5RaxU - www.spotintv.it ( marchi registrati citati nel sito sono di proprietà esclusiva dei rispettivi proprietari)
Didier Manga a Roma domani con il suo "Il tempo di un'estate" (Besa editrice)
Didier Manga a Roma presenterà il suo libro Il tempo di un'estate (Besa editrice) il 1° luglio alle ore 18,30 nella libreria Griot di Via Santa Cecilia. Presentano L'on. Jean-Léonard Touadi e Filomeno Lopes, giornalista di Radio Vaticana.
Tra il Camerun e la Bretagna, una delicata storia di integrazione accarezza la vita di Mballa e Sabrina. Il primo è un giovane e studioso africano di talento che ha lasciato la sua terra per “cercare l’eccellenza” a Parigi. Sabrina è un’ affascinante stilista francese che vive nella campagna della Bretagna. I due si incontrano, si scrutano timidamente e si innamorano. Proprio nei giorni in cui Mballa si appresta a sostenere un concorso per l’ammissione a una delle scuole più prestigiose della città, in Camerun suo padre muore per un’inspiegabile malattia della pelle. Il parentando decide di tenere momentaneamente all’oscuro Mballa per non distrarlo dall’obiettivo dell’esame, perché suo padre – che da sempre ha spinto il figlio affinché facesse carriera – avrebbe voluto così. Una settimana dopo, il giovane scopre non solo di aver superato brillantemente il concorso, ma casualmente, attraverso una notizia lanciata nel web, viene a sapere anche della morte del padre.
Le certezze crollano, i valori della solidarietà famigliare si polverizzano, lasciando spazio alla rabbia e all’incredulità. Il raggiungimento dell’ obiettivo su cui Mballa aveva basato la propria esistenza sembra non avere più tanta importanza di fronte alla possibilità che gli è stata negata di seppellire l’amato padre. Un viaggio in Camerun insieme a Sabrina è l’occasione per fare chiarezza, per capire e per ricongiungersi alla famiglia. Ma diventa anche l’opportunità per i due giovani innamorati di scoprire e apprezzare le proprie differenze culturali ed etniche.
Fernand Didier Manga è nato a Yaoundé in Camerun nel 1970. Architetto, ha fondato e dirige la rivista “A2 Africa & Architettura”, bimestrale di architettura africana in Italia. Il tempo di un’estate è il suo primo romanzo, scritto direttamente in italiano.
missioni africane.org
Info: www.besaeditrice.it
Coca-Cola (125 anni di felicità insieme)
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Company: Coca-Cola Italia S.r.l.
Product: Coca Cola
Claim: Stappa la felicità
Il libro del giorno: Il sogno di Damocle di Fatos Kongoli (Edizioni Controluce)
In una Tirana assediata da bande di delinquenti e dalla mafia, la storia privata di un giovane, un perdente nato, si intreccia con il tragico destino dell’Albania caduta nella débacle e nella follia alla vigilia della rivolta politica del marzo 1997. Nell’autunno di quell’anno, Ergys, uno studente, vittima di un padre autoritario, cerca di uscire dalla soffocante tutela paterna, trovando un lavoro al bar Pacifik, luogo d’incontro di ragazzi sbandati. Lì incontra Linda, una pittrice di famiglia comunista, della quale si innamora. Ostracizzato e cacciato di casa dal padre a causa di questo legame, comincia per Ergys una vera discesa agli inferi in cui si alternano momenti di delirio a momenti di lucidità e il presente e il passato si mescolano in modo inestricabile. Kongoli dimostra grande maestria nel descrivere il mondo in sfacelo di un uomo attanagliato dalla paranoia: Ergys, credendo di essere perseguitato dalla figura perturbante di Damocle (il suo doppelganger), si toglie la vita, lasciando al narratore la testimonianza degli eventi che lo hanno spinto a chiudere la partita con la vita.
Fatos Kongoli è nato nel 1944 a Elbasan, al centro dell’Albania. Matematico di formazione, è stato professore e in seguito responsabile delle pagine culturali del giornale “Rinascita democratica”. Attualmente vive a Tirana e si dedica interamente alla scrittura. Il sogno di Damocle è il quarto romanzo della tetralogia sull’Albania contemporanea che comprende Le Paumé, L’ombra dell’altro (Besa, 1999) e Il drago d’avorio (Besa, 2005).
L’anello di ferro di Ornella Albanese (Leggereditore)
mercoledì 29 giugno 2011
Transformers 3
Caricato da FILMitTRAILER. Per saperne di più sul film: http://www.film.it/transformers-the-dark-of-the-moon. Il full trailer italiano del film "Transformers 3 (Transformers: The Dark of the Moon)" di Michael Bay, con Shia LaBeouf, Josh Duhamel, John Malkovich e Hugo Weaving
Teoria dell'orrore di Howard P. Lovecraft (Bietti)
Volkswagen Beetle 2011 - Black Betty
La nuova versione dello spot di Volkswagen Beetle.
Soundtrack Composition: Black Betty
Writer: Huddie Ledbetter
Publisher: Folksways Music Publishers, Inc. (BMI)
Production: Volkswagen
Il libro del giorno: Fiabe e leggende irlandesi a cura di Massimo Conese (Besa editrice)
Il patrimonio di racconti tradizionali dell’antica Irlanda è straordinario sia per dimensione sia per varietà di temi e personaggi. Tramandati oralmente per molti secoli e poi messi per iscritto dai monaci medievali, essi oggi ci parlano con il linguaggio della figura fantastica e del mito. Gli “autori” sono coloro che, a cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento, hanno dato vita alla “Celtic Renaissance”, ovvero alla rinascita delle cultura e delle tradizioni celtico-irlandesi, in opposizione alla dominazione inglese. Le Fiabe e leggende irlandesi qui presentate sono tratte dai principali cicli o gruppi di racconti e comprendono sia fiabe nel senso classico del termine sia racconti magici in cui l’elemento storico si mescola a motivi fiabeschi. Completano e arricchiscono il volume un saggio sulle fate dell’antichista inglese Joseph Ritson, un repertorio delle raccolte di fiabe irlandesi fino a oggi pubblicate in Italia e una postfazione del curatore sull’ipotesi di un’origine genetica delle fate.
Massimo Conese, medico, lavora a Milano dove si occupa di ricerca biomedica nell’ambito delle malattie genetiche. Ha pubblicato tre raccolte di versi e per Besa ha tradotto e curato il volume Fiabe e leggende norvegesi (2001).
Un cuore nelle tenebre di Roberta Ciuffi (Leggereditore)
martedì 28 giugno 2011
Heineken 2011. The Asteroid Galaxy - The Golden Age
Link Download VIDEO
http://www.megaupload.com/?d=IXGP0RND
Ecco il brano dello spot Heineken 2011. Il titolo della canzone è: The asteroid Galaxy - Golden Age
Tutti i diritti sono riservati a Heineken e Golden Age. On Youtube by Grifoncino 95
Streghe di Virgjil Muçi (Besa editrice)
Streghe è una fiaba. Una fiaba per grandi e piccini, che ci trasporta in un mondo senza tempo in cui tutto è possibile. Le streghe sono donne – madri, sorelle, nonne – che nascondono un segreto: a mezzanotte le loro anime abbandonano i corpi per compiere delitti sanguinosi, spesso ai danni dei propri ignari familiari. Per sconfiggere le forze del male bastano però l’ingegno e l’astuzia, di cui sono portatori uomini semplici e poveri, che in questo modo si guadagnano la gratitudine e la riconoscenza dei parenti delle streghe e riescono anche a migliorare la propria situazione economica. Streghe è un libro da leggere per recuperare il gusto di far viaggiare la fantasia.
Virgjil Muçi è nato a Tirana il 18 agosto 1956. La sua attività è ampia e variegata. Narratore, poeta, giornalista, critico letterario e cinematografico, ha dato un contributo significativo anche nel campo della traduzione, traducendo autori come Sontag, Lindgren, Bukowski, Albahari, Rothschild, Dickens, Christie, ecc. Per Besa ha pubblicato Fiabe albanesi (2005).
U2 - Sunday Bloody Sunday
Music video by U2 performing Sunday Bloody Sunday. (C) 2006 Universal-Island Records Ltd. under exclusive licence to Mercury Records Limited. On Youtube/Vevo
Il libro del giorno: High & Dry. Primo amore di Banana Yoshimoto (Feltrinelli)
La nicchia della vergogna, di Ismail Kadaré, traduzione di Francesca Spinelli (Fandango). Intervento di Nunzio Festa
La paura di morire che s'intreccia, scontrandosi, con la volontà di potenza. La fobia della morte che è inabissata, inizialmente, per poi emergere dagli sforzi pensati a raggiungere la fama più che la nobilitazione. L'epica del romanzo “La nicchia della vergogna”, del poco noto, o noto non come dovrebbe, scrittore albanese da secoli approdato da esule in Francia, Ismail Kakaré, narra – alla maniera delle narrazioni fra il capolavoro letterario tout court e la bibbia realmente laica dei popoli (in questo caso quello albanese) – dell'ottantaduenne pascià Ali di Tepeleni che, alla sua veneranda età, perde la testa – anche se abbiamo timore nell'utilizzo dell'espressione appena pronunciata e se ne comprenderà in seguito bene il motivo. Il pascià che aveva già vilipeso la sua frazione di popolo, ovvero l'Albania non ancora Albania ma provincia remota dell'immenso e già viaggiato dall'eroe Scanderberg Castriota Impero Ottomano pre-ottocentesco, sfida ormai quotidianamente, fino a costringerlo alla guerra, il suo sultano. Ma non riesce a capire, neppure nei suoi discorsi con l'attenta, e timorosa pure lei, moglie, che Ali di Tepeleni non è Scanderberg. Perché l'eroe, appunto, era amato. Mentre il pascià capriccioso alla fine non vuole scendere in battaglia per l'Albania e nemmeno è sostenuto dai suoi sudditi già dannatamente da lui torturati, imprigionati, derubati. E la narrazione che procedere a ritroso, comunque, fra epica e lirismo puro, fa sentire il richiamo, il respiro cattivo della Nicchia della Vergogna che il sultano ha piazzato nella capitale. Uno spazio, uno spazio vero e proprio, un angolo dove i passanti, curiosi a frotte si recano a gettare gli occhi sulla testa mozzata, persa, del pascià ribelle di turno. Perché ha questo scopo, la nicchia. Tenere in mostra il capo mozzo del sobillatore. La guerra di Alì comincia comunque bene, in un certo senso, per il pascià. Che prima a scontrarsi è inviato un combattente non ritenuto pari del 'ribelle', almeno dal ribelle stesso. Però è tutta una finta. Come è finta l'Albania buttata nel “cra-cra”: invenzione magnifica dello scrittore. Autore che poi si diverte, per noi amaramente, a spiegare tutto il male che può essere ceduto alle spalle d'un popolo. Dal potere. Nel transito di una “denazionalizzazione”. Gli eventi, tra l'altro, oltre ad avere un'ambientazione “territoriale” definita ed evocativa all'ennesima potenza, hanno uno svolgimento che avanza al suono delle corse di Tunxh Hata. Di chi stiamo parlando? Dell'uomo, per l'esattezza, apparentemente di secondo piano ma usato a forza di metafora, e non è l'unico personaggio creato a questo fine, che trasporta le teste tagliate dai campi di battaglia alla Nicchia. Tra rancori e remissioni, qualche nostalgia e soprattutto l'amore per la terra natia, nonostante la critica dell'autore è preponderante nelle maglie della trama, fanno del romanzo di Kadaré un libro che si dovrebbe pensare quale opera cardine della letteratura. Uno di quei romanzi che sia i popoli in sonno che quelli in cammino dovrebbero vivere.
lunedì 27 giugno 2011
M di Ron Kubati (Besa editrice)
Ron Kubati nasce a Tirana nel 1971. Proveniente da una nota famiglia di intellettuali dissidenti di Tirana, nel 1991 arriva in Italia, a Bari, dove frequenta il dottorato di ricerca in filosofia moderna e contemporanea, dedicandosi parallelamente alla scrittura e ad attività di traduzione.
In Italia ha pubblicato Venti di libertà e gemiti di dolore (Ed Insieme,1991), Il buio del mare (Besa, 2010), Va e non torna (Besa, 2010).
Spandau Ballet - Through The Barricades
Fonte Youtbube/Vevo
Music video by Spandau Ballet performing Through The Barricades. (P) 1986 Sony Music Entertainment UK Limited
Il libro del giorno: L’esercito fantasma di Steve Berry (editrice Nord)
Cotton Malone non ha dubbi: il video arrivato via email è autentico, e la persona atterrita e stremata che lo implora di salvarle la vita è proprio lei, Cassiopea Vitt. Rapita da un commando di mercenari mentre stava indagando sulla scomparsa del figlio di uno scienziato russo emigrato in Cina, la donna è infatti in possesso di un misterioso reperto, rinvenuto nel più importante sito archeologico cinese: la tomba dell'imperatore Qin Shi Huang, protetta dal celebre Esercito di Terracotta. E, pur di non cedere alle sevizie dei suoi aguzzini, ha deciso di mentire, sostenendo di aver affidato a Malone l'antichissimo manufatto. Aiutato da Stephanie Nelle - il suo ex capo al dipartimento di Giustizia -, l'uomo si lancia allora in soccorso dell'amica e riesce a individuare il luogo in cui viene tenuta prigioniera. Ma, in realtà, l'incubo è appena cominciato. Perché Cotton dovrà non soltanto scoprire il segreto del reperto, ma anche trovare il bambino svanito nel nulla: è lui la chiave per fermare un devastante complotto che mira a sconvolgere il fragile equilibrio che lega Stati Uniti, Russia e Cina. Un complotto in cui sembra implicata persino Stephanie Nelle...
Yellow Medicine di Anthony Neil Smith traduzione di Luca Conti (Meridiano Zero)
Minnesota: fra i campi di granturco coperti di neve e il vento che fischia fra gli alberi Billy Lafitte cerca un nuovo inizio sulle pianure ghiacciate. È stato nominato vicesceriffo nella contea di Yellow Medicine, ma per uno come lui quel posto è solo un purgatorio. Perché Billy viene dal Golfo del Mississippi, è un uomo del Sud, tutto temperamento e testosterone, e fatica a capire le leggi rurali che regolano i rapporti fra gli abitanti delle terre del Nord e i Sioux dei casinò. In un universo popolato da perdenti e ubriaconi, medici alcolizzati e guardie del corpo corrotte, Lafitte è una mina vagante. E quando Drew, la ragazzina che gli ha acceso il sangue, gli chiede di rintracciare il suo fidanzato, non se lo fa ripetere due volte. Troverà Ian quasi subito in un dormitorio studentesco ma il ragazzo, che è a letto con un’altra, è già finito in un mare di guai: marchiato con un ferro da mandriani, è ora sul libro nero di una gang che sta progettando di fare del Minnesota la nuova raffineria di metanfetamine degli States. Ma se è vero che ogni indagine ha un prezzo, ficcare il naso in questa costerà a Billy molto caro, perché Ian e la sua nuova fiamma scompaiono e quando lui torna al college trova ad aspettarlo una testa mozzata e un manipolo di scalcagnati terroristi che ha l’obiettivo di ucciderlo. Narrato in prima persona, intriso di humour nero e cinismo, Yellow Medicine è un formidabile pastiche di genere in cui la visione manichea e retrograda di un antieroe americano si fonde con le atmosfere dark della provincia più rurale e retriva. Ne emerge una storia che ha l’aroma ferroso del Thompson più crudele e l’onirica violenza di Fargo dei fratelli Coen.
“(oggi) - Quando l’agente Rome si decise a entrare nella stanza, erano due settimane che mi palleggiavano da una cella all’altra, tutte anonime e tutte uguali, da una saletta per interrogatori all’altra, tutte anonime e tutte uguali, da un federale all’altro, tutti anonimi e tutti uguali e tutti pronti a farmi banalissime domande sui miei “contatti all’interno del sottobosco criminale”. E io non avevo fatto che chiedermi quando sarebbe successo. Ero preoccupato per Drew e speravo fosse riuscita a mettersi in salvo. Pensavo a come l’avrebbero presa, dalle parti di casa (a Yellow Medicine, ma anche la sua famiglia giù al Sud), la notizia dell’assassinio di Graham, il mio ex cognato nonché capo. Chissà in quanti avrebbero dato la colpa a me. Magari Rome aveva le risposte. Mi avevano fornito un’ampia tuta blu e delle ciabatte di gomma. Tipico vestiario da detenuto. Nessuno si era degnato di dirmi cos’avessi fatto di male. Avevano continuato a farmi domande su domande, alle quali ero in grado di dare ben poche risposte. E di quelle risposte non si erano mai mostrati soddisfatti, continuando peraltro a ripropormi le stesse domande. Per come mi avevano mandato a puttane il sonno, mi ero reso conto di che giorno fosse solo quando un indolente federale si era portato dietro una copia ancora piegata di USA Today ed ero riuscito a coglierne il titolo, l’unica cosa alla mia portata: IL CONGRESSO PRENDE TEMPO. Be’, forse della nostra piccola avventura col terrorismo l’opinione pubblica non sapeva ancora niente. Tanto meglio. L’obiettivo dell’intera faccenda, tanto per cominciare, era stato proprio quello. Far sparire quei mentecatti. Poi, Rome. Federale al cento per cento: giacca e cravatta, tesserino d’identificazione che gli pendeva dal collo, computer portatile, grosso blocco per appunti e qualche penna. Era solo, anche se sulla soglia aveva perso qualche secondo per chiedere a uno dei suoi scagnozzi di portargli da mangiare. L’ora di pranzo, quindi. Mi aveva quasi fregato: ero convinto che fossero, che so, le due del mattino. Richiuse la porta e, da lì, mi sorrise. — Vice Lafitte, non mi sembra che se la passi un gran che bene, eh? Era il primo volto familiare che vedevo da chissà quanto. Alto, magro, nero, capello militaresco. — Mi dica che è venuto a farmi uscire. È solo un gigantesco equivoco, giusto? Ha saputo solo adesso che mi stanno trattenendo qui a forza, giusto? Si concesse un piccolo grugnito di compatimento e solo allora si accostò al tavolo, spostando la sedia con estrema lentezza e massimo rumore. Poi si sedette e aprì il portatile con le sue dita ossute. Passai in rassegna il resto del suo armamentario. Il blocco per appunti era intonso. Magari pensava di riuscire a convincermi a sottoscrivere una qualche dichiarazione. Non una confessione, no, non l’avrebbe mai definita così. Piuttosto la ‘dichiarazione’ di un testimone oculare, utile forse ad agganciare i pesci più grossi. Lanciai un’occhiata furtiva al suo orologio da polso. Le undici e trenta. Questo, più il pranzo in arrivo, bastavano a farmi tornare sulla terra.”
domenica 26 giugno 2011
Il libro del giorno: Natale a Saint Oyen" (Youcanprint) di Giuseppe Lascala
Saint-Oyen. Piccola comunità nella Valle del Gran San Bernardo in Val d’Aosta, ma ricca di una grande tradizione. Basti pensare che da Saint-Oyen, il grande Stendhal fa passare il protagonista della Vie de Henri Brulard. A un certo punto tra le pagine di questo lavoro riesci a sentire odori, suoni, colori, e sembra quasi che si sia vissuto proprio lì da chissà quanto tempo. Che quasi ne senti la mancanza di tutta quella pace e tranquillità. Ma di tutta la storia e le tradizioni, e il folclore che questo luogo, questa regione può contenere, non si può non ritenere che in realtà ci troviamo dinanzi ad una rappresentazione narrativa che configura un luogo geograficamente dato come puro e semplice pretesto utilizzato dall’autore per immergerci in una storia che gli appartiene. O meglio a immergerci di soppiatto all’interno di diversi tracciati biografici dei personaggi descritti nell’opera. Come un pretesto si deve sentire, la scelta di parlare di una gita aziendale a Parigi, e delle innumerevoli suggestioni che ricordi e sensazioni animano l’autore, che altro non sono poi che la chiave di volta grazie alla quale la storia tra queste pagine si anima di vita propria e racconta diverse esistenze. E ancora pretesti sono le tre vicende di cui si occupa Giuseppe Lascala in questa sua ultima produzione, ovvero le tre esperienze dei tre protagonisti a cui sembra maggiormente legato egli stesso: la struggente solitudine di Ferruccio, le lezioni di dignità e vita di Ciccino da quando scopre le gioie del piacere fisico sino agli scherzi del destino e ai buoni sentimenti che nonostante tutto lo animano, le riflessioni di Fabienne fedele ai suoi sani principi nonostante la vita ha in serbo per lei un amaro calice. Già … pretesti… che nel loro configurarsi come pura e semplice impalcatura scritturale, rivelano invece una densità emozionale non da poco. E che forse rimane un fattore da non trascurare assolutamente, anche se i contenuti valoriali esposti nero su bianco in queste pagine, sono così lontani dalla nostra quotidianità che sembrano provenire da altri mondi, altre latitudini. Ci fanno insomma apprezzare le loro ordinarie vicende di ogni giorno, di vite come tante, a volte fatte di lievi preghiere ma traboccanti di amore fraterno e speranza. Giuseppe Lascala in fondo parla al suo lettore d’amore, di morte, di tutto ciò che ci accompagna giorno dopo giorno sino alla fine. Ci parla e lo fa in maniera assolutamente non velata del recupero di certi momenti dello spirito: attraverso la bocca di ciascuno dei protagonisti.
Reckless - Lo specchio dei mondi di Cornelia Funke (Mondadori )
sabato 25 giugno 2011
Duran Duran - Save A Prayer
Music video by Duran Duran performing Save A Prayer (2003 Digital Remaster)
Il libro del giorno: L'inizio del buio di Walter Veltroni (Rizzoli)
Real Life di Christopher Brookmyre (Meridiano Zero)
venerdì 24 giugno 2011
Il libro del giorno: Uomini da mangiare di Christine Leunens traduzione di Maurizia Balzelli (Meridiano Zero)
Le Perline Colorate di Maria Grazia Casagrande
giovedì 23 giugno 2011
Europe - The Final Countdown
Music video by Europe performing The Final Countdown. (C) 1986 SONY BMG MUSIC ENTERTAINMENT. On Youtube/Vevo
Il libro del giorno: Christine Koschel, Nel Sogno in bilico (Mursia)
Dal Salento a Cannes...l’art director a caccia del Leone
È in corso e terminerà il 25 giugno prossimo la 58esima edizione del “Cannes Lions”, Festival Internazionale della Creatività di Cannes, da sempre il più importante e prestigioso concorso pubblicitario al mondo. Basta nominare alcuni dei vincitori delle precedenti edizioni per farsi un’idea dell’importanza del riconoscimento: Ikea, Unilever, Volkswagen, Procter & Gamble, Adidas, Sony Computer Entertainment, BMW AG, Nike, Swatch Group, Sony Corporation e Virgin Group.
Tra le poche presenze per l’Italia segnaliamo, nella shortlist dei primi sette classificati per la categoria MEDIA LIONS/Best Localised Campaign, l’art director Marco Cantalamessa, di origine marchigiana ma salentino d’adozione (nella foto), che riceve questa nomination per la campagna pubblicitaria per il noto marchio di abbigliamento Diesel realizzata come art director dell’agenzia milanese BCube (gruppo Leo Burnett).
La campagna è stata giocata su elementi volutamente legati al territorio; infatti le affissioni che hanno campeggiato in tutta Italia declinavano una storia con slogan dialettali, nessuna regione esclusa. Marco Cantalamessa è attivo a Lecce, dal marzo scorso, insieme all’art director salentina Annalisa Martinucci e al direttore clienti Lorenzo Martinucci, con Rebel Comunicazione, una nuova agenzia pubblicitaria con sede a Lecce. I due direttori creativi, dopo un’importantissima esperienza di più di dieci anni di lavoro presso autorevoli agenzie pubblicitarie milanesi, curando clienti del calibro di Coca-Cola, BMW, Mini, Barilla, Feltrinelli, hanno deciso di creare un progetto proprio, animati dalla voglia di portare tutto il proprio bagaglio tecnico sul territorio salentino. L’agenzia si vuole porre sul mercato come un’alternativa in grado di fornire una consulenza completa e professionale, sempre attenta alle novità di un settore in continua evoluzione. Nel frattempo Cantalamessa, insieme ai suoi soci, si gode il notevole posizionamento al Festival Cannes Lions e spera di essere uno dei vincitori.
Info:
http://www.canneslions.com/work/media/entry.cfm?entryid=20398&award=99
Dìa de los muertos di Kent Harrington (Meridiano Zero)
"Tijuana, Messico – 1 novembre, ore 14.00
Era la sua capacità tutta speciale di vendicarsi e fartela pagare cara, quello che più lo preoccupava di Tijuana. Con un’aria disinvolta e abbronzata, dietro gli eleganti occhiali avvolgenti, Vincent Calhoun scese dal marciapiede per lanciarsi nel traffico della piazza centrale, facendo entrare immediatamente in azione i clacson. Fermò le automobili alzando le mani e i guidatori videro un americano grande e grosso, con un copricapo da legionario e un abito di cotone bianco, che continuava l’attraversamento della piazza ignorando il fuoco di fila di occhiate malevole. A nessuno passò per la testa l’idea di protestare. A Tijuana c’era gente con cui era preferibile non correre rischi. Da quelli che avevano l’aspetto di Calhoun, giocatori, rettili del deserto, ci si teneva lontani. Una volta entrato nel fresco anello d’ombra che delimitava la piazza, Calhoun si sentì offrire i tre articoli più venduti in città dagli uomini d’affari della prima linea. — Donne, erba o pastiglie… Ho una bella bambina, amico… Te lo succhia fino a tirarti scemo — gli disse un ragazzino seduto su una panchina, il volto ombreggiato dalle fronde degli alberi. Calhoun ignorò l’offerta e continuò ad attraversare la piazza lungo la terra di nessuno fatta di asfalto e luce
violenta. Il caldo penetrante, vivo, gli camminava al fianco come un matto scappato dal manicomio, saliva dal cemento abbagliante e gli passava attraverso le suole delle scarpe. I piedi gli bruciavano come se stesse camminando scalzo, sulla spiaggia. Gli passò per la testa l’idea che in quella piazza, nell’enormità di quello spazio ritagliato nel cuore della città, ci fosse qualcosa di crudele e indio in maniera quintessenziale, qualcosa di cerimoniale. Faceva pensare ai sacrifici umani. Forse la città era davvero ancora tolteca, pensò. Gli operai stavano appendendo luci e festoni sul palco dell’orchestra in vista delle celebrazioni. Una volta dall’altra parte, Calhoun si fermò davanti al chiosco dei giornali all’angolo e comprò il Diario de la Sierra, con gli orari e le quote delle corse a Caliente. In prima pagina il titolo a caratteri cubitali annunciava: LA POLIZIA CERCA FRANK GUZMAN IN TUTTA LA CITTÀ.
— Quando sei nato? — chiese all’edicolante cercando di vederlo nel caotico interno del chiosco. L’uomo, nella sua conchiglia fatta di assicelle, la sola minuscola zona d’ombra nella strada rumorosa, alzò gli occhi. L’americano grande e grosso lo scrutava. L’abito di cotone bianco era immacolato e nelle lenti gialle degli occhiali si rifletteva la sfera del sole.
— ¿Cómo…? — La testa del messicano era incorniciata di riviste femminili che avevano in copertina ragazze dai voluminosi sederi coperti da succinti pantaloncini. Un autobus municipale passò rombando accanto al chiosco e coprì la strada di fumi neri di scarico.
— Amigo… che giorno sei nato? — ripeté Calhoun gridando per sovrastare il frastuono prodotto dall’autobus. Tentò un sorriso che non gli riuscì.
— Mi serve un numero fortunato, — spiegò. — Per le corse.
— Sono nato quando hanno tirato giù Gesù Cristo dalla croce per fregargli il portafoglio, — disse l’uomo, e rise. Batté un colpo sul banco per dare più enfasi alla battuta, convinto di essere stato molto divertente. Calhoun proseguì lungo il marciapiede in direzione del Playa Azul. D’un tratto gli si era chiarito il fatto che Tijuana aveva vinto. Che ritrovare un po’ di fortuna non era più in suo potere. L’aveva esaurita, la suerte. Era evidente. Non ce n’era più. Ognuno dispone di una
certa quantità di fortuna e basta. La sua era finita, tutta, fino all’ultima goccia."
I prodotti qui in vendita sono reali, le nostre descrizioni sono un sogno
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